Gustamundo: i sapori e le difficoltà delle migrazioni

Gustamundo chef migranti
Fotografie di Giuseppe Marsoner
Venerdì 21 luglio nella cucina di Gustamundo tre chef speciali impastano, friggono, impiattano per gli ospiti in sala, numerosissimi per la cena di fine stagione dedicata a Baobab Experience. Le storie e le strade di Chris, Moussa e Mohamed partono da lontano: Nigeria, Etiopia e Somalia. Ma si incrociano a Roma da Via Cupa a piazzale Maslax, nei luoghi di Baobab. I ragazzi cucinano le pietanze dei loro paesi d’origine e Gustamundo mette a disposizione i suoi locali per assicurare casse d’acqua ai migranti che chiedono accoglienza in questi giorni di caldo torrido.”In verità non manca solo l’acqua corrente, manca tutto, anche l’elettricità. I migranti dormono in ordine sparso a piazzale Maslax, un parcheggio dei pullman dove non c’è niente”, dice Valerio, uno dei volontari. Eppure per alcuni migranti è l’unica accoglienza possibile, meglio che dormire in strada da soli, peggio che essere accolti in un centro.I cuochi della serata non cucinano per professione ma per riconoscenza, per sostenere le attività dei volontari, che definiscono “un po’ come una famiglia”. Essere ai fornelli per ognuno di loro assume un significato particolare. Per Moussa rappresenta il presente con la necessità di mettersi costantemente in discussione; per Chris è un salto nel passato: “cucinavo con mia mamma, ho imparato con lei”, e per Hussein il futuro: “da due settimane ho trovato lavoro in un ristorante, e stasera ho proposto un mix di cucina somala e italiana”.Gustamundo chef migrantiOgnuno è autore di un piatto della tradizione culinaria di origine. La serata si apre con la degustazione della zuppa Ugu, preparata da Chris. E se è vero che ogni piatto ha una storia, quello di Chris racconta che è tutto cambiato da quando stava in cucina con la madre. “Ho lasciato la Nigeria per tanti problemi, è una storia lunga”, ma non approfondisce. Nel suo paese ha studiato economia e ha lavorato per due anni e mezzo nel settore. Poi ha lasciato tutto: “Ora sto seguendo un corso di lingua italiana, ma voglio studiare anche web design. Ho bisogno di tempo per costruire qualcosa qui”, dice.E se la zuppa di Chris ha sapore di nostalgia, lo Scoda Criss, il riso con carne, di Mohamed sa di positività, nonostante tutto. “Ho perso la mia famiglia, allora ho deciso di partire: sono andato in Sudan, poi in Yemen, poi in Libia. Dove sono stato in prigione per 7 mesi e ho speso 8 mila dollari per essere liberato. Il viaggio e il riscatto li ho pagati con i risparmi che mio zio ha ricavato dalla vendita della mia casa”. Ha 24 anni Mohamed e adesso guarda al futuro: ” da pochissimo ho cominciato a lavorare al ristorante e faccio il mediatore, così posso aiutare gli altri migranti”.Gustamundo chef migrantiInfine Moussa con spriss, carne speziatae pane injera porta gli ospiti in Etiopia, il paese da cui è partito per non continuare a combattere la guerra con l’Eritrea. “A un certo punto mi sono chiesto perché ci ammazziamo tra fratelli?”. Nonostante il suo impegno in politica abbia determinato la sua partenza, non smette mai di informarsi anche sulla politica italiana. “Guardo molto la tv e conosco i giochi politici, avendo partecipato attivamente anche alla vita politica del mio paese. Se l’Italia chiude i porti, come qualcunoo dice, il problema non si risolve, rimane in Libia, si troveranno altre vie e si alimenterà ancora di più il giro sporco di denaro che ha il suo centro in Libia”.Moussa ha 35 anni e i suoi figli sono cresciuti senza di lui, in questi 12 anni di assenza ha girato l’Europa, respinto da un paese all’altro. Ha aperto e chiuso, a causa della crisi, un’azienda edile a Massa Carrara, dove vivono i suoi fratelli. Ma è pronto a ripartire da Roma: “Ho girato il mondo, conosco almeno 10 lingue e sto studiando per diventare mediatore”.Gustamundo chef migrantiLe storie di Moussa, Chris e Mohamed sono simili a quelle di tutti gli altri in partenza. La serata di Gustamundo è un piccolo tour tra i paesi delle migrazioni: il punto di partenza è la tavola, che in tutte le culture è condivisione, e il punto di arrivo è la consapevolezza.

Rosy D’EliaFotografie di Giuseppe Marsoner25 luglio 2017

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