Non si può affrontare seriamente il tema dell’immigrazione senza conoscerne la storia e le politiche migratorie europee. Un utile contributo ci viene dal libro di Giuseppe Sciortino, Rebus immigrazione, Il Mulino, 2017.Da sempre gli uomini migrano e da almeno cinque secoli i governi cercano di regolamentarne gli spostamenti, più precisamente dalla pace di Augusta del 1555 che, nell’Europa spaccata tra cattolici e protestanti, per la prima volta riconobbe il diritto di muoversi verso nuove terre −ius emigrandi−, senza però sancire anche il diritto di accogliere chi migrava −ius immigrandi−. Nel corso dei secoli sono mutati i motivi degli spostamenti (religiosi: persecuzione degli Ugonotti, politici ed economici: nell’epoca delle rivoluzioni americana e francese, prevalentemente economici nel corso dell’ ’800, alla ricerca di condizioni di vita migliori e di emancipazione sociale nel ’900, a seguito degli sconvolgimenti delle guerre mondiali e, ancora, la persecuzione degli Ebrei, il genocidio armeno) e sono mutati gli approcci culturali al problema. Ma il conflitto tra ius emigrandi e ius immigrandi è rimasto costante.Conflitto che viene parzialmente risolto dall’art. 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – 1948: “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere asilo dalle persecuzioni in altri paesi”, un riconoscimento − tardivo − che riguarda però solo i perseguitati.Migranti e rifugiati: due categorie distinte nella politica europea del dopoguerraAll’indomani della seconda guerra mondiale, quando l’Europa è un cumulo di rovine, su cui si muovono milioni di rifugiati, apolidi, reduci dai lager, esuli, che vivono in campi dipendenti dagli aiuti internazionali, si ripropone la necessità di creare un regime internazionale di regolazione della mobilità. Nel 1950 le Nazioni Unite istituiscono un alto commissariato, ACNUR; nel 1951 approvano la Convenzione di Ginevra e fondano un organismo intergovernativo, oggi conosciuto come OIM, che si limita però a gestire la logistica dei trasferimenti della popolazione in eccesso, mentre ogni singolo paese ricevente mantiene la completa discrezionalità su numero e caratteristiche dei migranti da ammettere. Tramonta così ogni possibilità di un regime generalizzato per la mobilità e si sviluppano due circuiti indipendenti: uno dedicato alla protezione dei rifugiati e l’altro, più debole giuridicamente, alla gestione dei migranti per lavoro.
I punti della CONVENZIONE DI GINEVRA (1951)– rifugiati e migranti sono due categorie distinte;- si considera rifugiato che ha un timore fondato di persecuzione per motivi razziali, religiosi, di opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale;- la protezione interviene solo quando gli espulsi si trovano già all’esterno del paese che li perseguita;- la protezione è individuale;- nessun paese può respingere o deportare uno straniero che si troverebbe in pericolo nel paese in viene respinto: clausola di non-refoulement (che nei decenni successivi si rivelerà la norma più importante per gli stati europei);- i rifugiati che si trovino in un paese sicuro non hanno diritto all’ammissione in altri.
I migranti tra risorsa economica e problema da contenereIl regime internazionale dell’asilo, con il ruolo importante dell’ACNUR, risulterà efficace per la rinascita post-bellica e come strumento di consolidamento dell’identità democratica dell’Europa nella guerra fredda. Durante i trent’anni del miracolo economico, i migranti provenienti da Europa mediterranea, Turchia e Maghreb, sono una risorsa soprattutto per l’Europa del centro-nord.A partire dagli anni ’70, con la crisi petrolifera e la successiva disoccupazione, le cose cambiano. I governi chiudono i programmi di reclutamento di lavoratori dall’estero e l’immigrazione torna a essere un problema: il numero degli stranieri presenti sul territorio europeo è superiore a quello degli occupati, e i tentativi di limitare il flusso secondario dei familiari di questi ultimi falliscono in virtù della tutela giuridica dell’unità familiare prevista nelle costituzioni nazionali. Da questo periodo in poi le politiche migratorie europee saranno caratterizzate dalla tensione tra le volontà restrittive dei governi e la forza del carattere democratico radicato nei sistema giuridici.
I punti del TRATTATO DI SCHENGEN (1985, rivisto nel 1990)– le frontiere interne sono abolite a favore della libera circolazione dei cittadini;- viene istituito un sistema comune di controllo delle frontiere esterne, che vengono rafforzate;- si costituisce un database unico (SIS) che integra le banche dati dei vari paesi;- ogni stato è tenuto a introdurre misure di contrasto all’’immigrazione clandestina;- si prevede una cooperazione giudiziaria e di polizia per la lotta alla criminalità.
Schengen e Dublino: un “mostro gentile”La necessità di un coordinamento sovranazionale, che superi la discrezionalità dei singoli stati membri della Comunità europea, si impone alla fine degli anni ’80 e si realizza nel trattato di Schengen e nella Convenzione di Dublino. Il regime europeo di asilo configurato da questi trattati rappresenta però una riforma controversa: salva indubbiamente il principio dell’asilo come diritto individuale; mantiene la clausola di non-refoulement, che prevede forme di protezione per coloro − la maggioranza − che non hanno i requisiti del rifugiato previsti da Ginevra; attiva riforme legislative per tutti quei paesi, post-comunisti ma anche Italia, che sono privi di politiche per l’asilo. Allo stesso tempo però rende più difficile arrivare in Europa e scegliere in quale paese avvalersi del diritto d’asilo, e più complicato conseguire una protezione permanente.È la nascita di “un mostro gentile” – afferma Sciortino −, un sistema cioè severo ma accogliente, che sembra aver trovato un equilibrio tra una politica migratoria restrittiva e un regime liberale dell’asilo. Ma gli elementi conflittuali strutturali tra gli stati europei riemergono con l’aumento degli arrivi: le domande d’asilo in Europa sono 400.000 nel 2013, 600.000 nel 2014, 1.200.00 nel 2015, dovute alle primavere arabe, alla distruzione del regime libico, alla guerra in Siria, che ha prodotto 4,8 milioni di rifugiati nei paesi confinanti. La principale di queste conflittualità riguarda le differenze economiche e geografiche tra i Paesi dell’Europa settentrionale e quelli dell’Europa mediterranea. I primi, tradizionali importatori di manodopera e con sistemi di welfare generosi volti all’inserimento degli stranieri, ora perseguono politiche di forte contenimento del numero di rifugiati, che sono una voce di costo per il sistema di welfare. Non avendo frontiere esterne, perché dopo l’allargamento ad est dell’Unione europea sono circondati solo da paesi sicuri, vogliono un efficace controllo delle frontiere esterne e una politica dei visti molto rigida nei confronti dei paesi produttori di rifugiati. I paesi dell’Europa mediterranea, invece, con economie più deboli, che finora hanno avuto bisogno di lavoro straniero poco qualificato e hanno adottato una strategia di tolleranza verso l’immigrazione irregolare, si trovano ora a fronteggiare da soli gli arrivi di migranti che, non avendo altre vie di accesso, si affidano ai trafficanti per attraversare le uniche frontiere accessibili, quelle marittime, molto più rischiose e costose. A fronte di una riduzione sensibile degli ingressi dei richiedenti asilo, i rimanenti, che non possono ottenere un visto ma neanche essere rimpatriati in base alla clausola del non-refoulement, vengono concentrati lungo le frontiere terrestri e soprattutto marittime.
La CONVENZIONE DI DUBLINO (1990, rivista nel 2003, approvata nel 2013):– stabilisce quale paese europeo – il primo paese sicuro attraversato – debba essere responsabile della protezione del richiedente asilo, questo per impedire ai richiedenti asilo di fare domande in più stati;- ogni stato deve aderire a una banca dati (Eurodac), dove registrare le impronte digitali di richiedenti asilo e migranti irregolari.(Il regolamento è stato parzialmente sospeso nel 2015 al fine di una revisione; alcuni stati: Rep. Ceca, Ungheria, Slovacchia, Polonia si sono rifiutati di rivedere i contenuti di Dublino e di introdurre quote permanenti e obbligatorie di migranti. Il regolamento è stato criticato dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa in quanto non in grado di garantire i diritti dei rifugiati che non sempre riescono ad accedere alla procedura d’asilo).
Che fare?In questa situazione in cui gli immigrati arrivano in numero maggiore di quello che gli stati vorrebbero, e accoglierli è un impegno politicamente impopolare e socialmente conflittuale, diventa più evidente la contraddizione strutturale tra le volontà particolaristiche dei governi e quei principi universalistici di solidarietà e di riconoscimento del diritto d’asilo che stanno alla base delle costituzioni europee. È necessario perciò – afferma Sciortino nelle conclusioni − procedere a una revisione delle politiche migratorie europee che interrompa la tendenza affermatasi negli ultimi anni a far ricadere costi e rischi sui paesi con frontiere esterne, come l’Italia, e stabilisca meccanismi condivisi di controllo e di redistribuzione degli immigrati. Ciò presupporrebbe una politica estera comune che ancora non è dato vedere, ma questa è la direzione da seguire.Per quanto riguarda l’Italia, premesso che l’immigrazione non è il tramonto delle nostre società bensì un problema da gestire, difficile sì ma non impossibile, Sciortino liquida come “non-alternative” sia la politica di completa chiusura dei populisti di destra sia quella delle frontiere aperte dei populisti di sinistra, e propone la “politica del possibile”: gestire il fenomeno con competenza e buona amministrazione. E indica alcune misure: controllare i posti letto disponibili, stabilire le regole per accedervi, le procedure per le domande d’asilo, accelerare i tempi di valutazione delle domande, rimpatriare chi non ha diritto alla protezione; inoltre, ridurre gli incentivi perversi che orientano la migrazione dei minori, contrastare il lavoro nero con maggiori controlli per ridurre i flussi irregolari, selezionare direttamente nei campi profughi quelli più bisognosi di protezione. Nello stesso tempo praticare una maggiore apertura verso chi è cresciuto in Italia concedendo la cittadinanza.Il libro di Sciortino inquadra storicamente il tema dell’immigrazione, analizza lucidamente le debolezze e contraddizioni dell’Europa democratica, cerca di affrontare i problemi reali senza filtri ideologici o demagogici. E ci restituisce perciò il tema in tutta la sua complessità. Tuttavia l’approccio pragmatico nelle conclusioni del libro appare limitato: intanto le misure pratiche suggerite riguardano solo i richiedenti asilo; e gli altri, che sono la maggioranza?Inoltre, certamente l’unica politica praticabile è quella del possibile, ma almeno dobbiamo avere la consapevolezza che in questione è l’assetto economico-sociale globale, e ciò richiederebbe una riflessione generale con un respiro culturale più ampio, perché il nostro mondo sta cambiando in fretta e gli strumenti culturali per governare questi cambiamenti sono carenti.L’immigrazione mette alla prova la capacità di tener fede ai principi della nostra identità democratica e, prima ancora, la nostra coscienza morale di esseri umani. Per contrastare semplificazioni e imbarbarimento è necessario il coraggio delle idee da parte delle forze politiche che hanno a cuore la salvaguardia di quel patrimonio di norme e valori a tutela dei diritti umani fondamentali, su cui è fondata l’Europa. E sarebbe utile, perciò, uno sforzo maggiore per alimentare un dibattito pubblico diffuso, in cui rendere espliciti i motivi per cui l’esistenza di milioni di esseri umani in fuga dalla disperazione è qualcosa che ci riguarda tutti e per fornire elementi di conoscenza depurati dall’emotività del fatto di cronaca.
Luciana Scarcia
29 agosto 2017
SCHEDAGiuseppe Sciortino, Rebus immigrazione, Il Mulino, 2017 (pp. 174. € 13,00)Il libro inquadra storicamente il fenomeno delle migrazioni e analizza le politiche migratorie europee.
1. I dignitari di Augusta e noi; 2. La sostanziale immobilità del mondo contemporaneo; 3. Stati liberali, stati autoritari; 4. Il sistema dei controlli; 5. Quando immigrare non era un problema; 6. La prima crisi dell’asilo; 7. L’Europa in movimento; 8. Lo straniero come estraneo; 9. Quando il problema sembrava risolto; 10. Le tante vite di Antonio Galotti; 11. The Thimes, They Are a-Changin’; 12. La fine del libero movimento; 13. I rifugiati russi e i dilemmi della protezione; 14. Perché esiste una convenzione di Ginevra e non esiste una convenzione di Napoli; 15. La nascita del regime internazionale d’asilo; 16. Le buone cose non durano; 17. Tamil a Berlino; 18. La nascita di un mostro gentile; 19. La lunga gestazione di una crisi improvvisa; 20. E allora? Che fare? Leggi anche
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