La nostra crisi culturale nel film “L’ordine delle cose”

L'ordine delle cose regia di Andrea Segre
L’ordine delle cose regia di Andrea Segre
“La risoluzione dei problemi dipende dalla nostra capacità di definirli” afferma Andrea Segre in occasione della proiezione in anteprima del suo film L’ordine delle cose nella sala Zuccari del Senato, organizzata su iniziativa del senatore Manconi. Il film prova a dare una definizione dell’immigrazione come tema della nostra identità di società democratica, ci interroga sulle nostre responsabilità morali, sull’ipocrisia che trae origine dall’incapacità di risolvere la contraddizione tra valori dichiarati e comportamenti di negazione dei diritti dell’altro.Il protagonista del film impersona tale contraddizione. Corrado, alto funzionario del Ministero degli Interni, viene inviato in Libia dal governo con il compito di arginare i flussi migratori da quel paese. Durante la visita a un centro di detenzione a Sabrata constaterà la brutale violazione dei diritti umani, che arriva all’uccisione per percosse; riceverà da Swada, una giovane donna somala, una richiesta d’aiuto per raggiungere il marito in Finlandia; dovrà trattare con miliziani libici corrotti e violenti, e con i frammentati poteri locali. I tempi della complessa missione sono stretti, dettati dall’esigenza politica di bloccare al più presto l’arrivo in Italia di migranti, e Corrado vive un dilemma morale: se limitarsi a portare a termine il suo compito, confermandosi quale affidabile uomo delle istituzioni, oppure seguire la coscienza che lo spingerebbe ad aiutare Swada. Dilemma sottolineato dalla connotazione dei luoghi: da una parte, l’oppressione del centro di detenzione, posto vicino a una costa sabbiosa smisurata, a segnare il limite fra mondi diversi, dall’altra, la serenità della bella casa di Corrado a Padova, dalle ampie vetrate, dove vive con la moglie, dedita alla cura del giardino, e i due figli che studiano.Con scene a volte prolungate, con dettagli che vorrebbero fungere da metafore ma risultano poco significativi, con una rappresentazione veritiera sì ma stereotipata di aguzzini libici e vittime africane, e dell’ipocrisia delle istituzioni, il film non riesce a trascinare dentro, lascia un po’ distante lo spettatore, che non esce sconvolto dalla drammatica realtà che pur lo riguarda così da vicino.Ciò non sminuisce, però, il valore anticipatore di un’opera – che il regista ha iniziato a girare più di due anni fa − che rappresenta la realtà che stiamo vivendo in questi giorni e che coraggiosamente ci interroga sulla nostra coscienza democratica e ci mette di fronte alla “crisi culturale delle categorie di reciprocità e obbligazione, che sono a fondamento della società stessa” − come ha detto Luigi Manconi. Oltretutto, ha ricordato Emma Bonino, la politica di respingimento dei migranti non ci darà più sicurezza perché affidata ad accordi con interlocutori che fino a poco tempo fa si arricchivano con il traffico di migranti e ora si riciclano in antitrafficanti, sempre per soldi, questa volta europei.Questo film ci aiuta a non dimenticare che quei centri di detenzione dove rimandiamo i migranti non sono cambiati, lì i diritti umani sono brutalmente violati. Per cambiare “l’ordine delle cose” serve un’altra politica, che è “possibile”, come indica la campagna “Ero straniero”.

Luciana Scarcia

(10 settembre 2017)

Manifesto de L'ordine delle cose di Andrea Segre
Manifesto de L’ordine delle cose di Andrea Segre
L’ordine delle cose
Regia: Andrea Segre
Sceneggiatura: Andrea SegreMarco Pettenello
Interpreti: Paolo Pierobon, Fabrizio FerracaneFausto Russo AlesiGiuseppe BattistonHossein TaheriRoberto CitranValentina CarneluttiYusra Warsama
Distribuzione: Parthenos, con il sostegno di Banca Etica, patrocinato da Amnesty International Italia, Medici per i diritti umani e Naga Onlus
Durata: 112′

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