“L’Italia per l’equità nella salute”

“Ridurre le iniquità della salute è un imperativo etico”, Michael Marmot, direttore dell’Institute of Health Equity di Londra, interviene così nella sua Lectio magistralis al convegno “L’Italia per l’equità nella salute”.

Michael Marmot – Institute of Health Equity
Venerdì 1 dicembre presso la sede dell’INMP, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il contrasto delle malattie della Povertà, rappresentanti delle istituzioni, politici, ricercatori e il terzo settore si sono ritrovati in un dibattito pubblico, pronti a confrontarsi e a prendersi l’impegno comune di contrastare le disuguaglianze per garantire una maggiore equità nella salute.Ad aprire l’evento i saluti del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, introdotta da Concetta Mirisola, direttrice generale dell’INMP, che ha presentato ai partecipanti il documento “L’Italia per l’equità della salute” che fornisce “un quadro sistematico degli effetti sulla salute delle disuguaglianze socioeconomiche in Italia, a partire dalle evidenze scientifiche”.Dagli studi scientifici è emersa una correlazione fra disuguaglianze sociali e maggior rischio di mortalità prematura: l’aspettativa di vita è superiore nel Nord-Centro Italia rispetto al Sud, analogamente al grado di istruzione più alto, elementi che contribuiscono a garantire una maggiore consapevolezza dei rischi e della conoscenza delle cure.Inoltre i dati raccolti hanno sfatato il luogo comune  “il migrante porta le malattie”, evidenziando al contrario come vi sia un minor rischio di morte prematura a carico della popolazione straniera a causa del cosiddetto “effetto migrante sano”. A migrare sono per lo più giovani e il lungo viaggio li sottopone a un meccanismo di selezione che favorisce l’arrivo di persone in buona salute. Per assurdo si è costatato, sempre nella popolazione straniera, che è il lungo permanere in Italia a sottopore gli stranieri a un peggioramento della  salute, perché esposti a nuove patologie e a condizioni di stili di vita per lo più disagiate.Declinare le disuguaglianze ponendole al centro di un dibattito costruttivo fra i diversi rappresentanti della politica e delle istituzioni, è stato il tema della tavola rotonda che ha visto a confronto per la prima volta nello stesso luogo Giuseppe Ruocco, Ministero della Salute, Raffaele Tangorra, Ministero del Lavoro, Federico Cinquepalmi, MIUR, Mariano Grillo, Ministero dell’Ambiente, Angela Adduce, Ministero dell’Economia, Renato Botti, Commissione Salute Conferenze Stato Regioni e Unificata, Giuseppe Lucibello, INAIL, Santi Consolo, Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e Roberta Siliquini, Consiglio Superiore di Sanità.
Giovanni Baglìo – INMP
“…ho lavorato per 23 anni alle poste, poi mamma si è ammalata e me so ritrovato co na scarpa e na ciavatta”, così Antonio, homeless protagonista del cortometraggio “Uno scatto d’autore” realizzato dagli allievi della Libera Università del Cinema, testimonia la mancanza di un’assistenza adeguata che tenga appunto conto dei gruppi più vulnerabili. Le voci del Terzo Settore, rappresentate da Francesco Marsico, Caritas, Cesare Zucconi, Comunità Sant’Egidio, Renato Frisanco, Fondazione Internazionale Don Luigi di Liegro, Massimo Perrotta, Banco Alimentare, Filippo Cantia, Banco Farmaceutico, Maria Grazia Cogliati Dezza, Progetto Micoaree ASL Trieste, e Giovanni Baglìo, Epidemiologo dell’INMP, hanno delineato il quadro operativo condividendo le esperienze e le best practices portate avanti.A partire dal principio de “la salute come interesse della collettività”, ribadito dal rappresentante della Caritas, agli ambulatori e le reti di prossimità a sostegno dell’invecchiamento attivo della Comunità Sant’Egidio, passando per le APP del Banco Alimentare per vincere lo spreco e facilitare la distribuzione dei pasti, fino al Progetto delle Microaree, intervento di sanità pubblica territoriale per promuovere salute ed equità con coesione sociale.“Ridurre le iniquità è un imperativo deontologico per la sanità pubblica”, dichiara Baglìo in chiusura, parafrasando Marmot. Nel suo intervento porta ad esempio l’esperienza romana con i migranti, tracciando i risultati dal 2014 a oggi dell’applicazione di un “modello di prossimità a favore di gruppi hard-to-reach”: un’offerta proattiva di prestazioni sociosanitarie, attività di teleconsulto e programmi di formazione sul campo a partire da migranti transitanti, a migranti stanziali, fino ai gruppi nelle case occupate.

Silvia Costantini

(5 dicembre 2017)

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