Corridoi Umanitari: dietro alle storie di chi fugge una luce di speranza

Foto Comunità Sant’Egidio
Firas e Miriam sono due maestri di scuola elementare fuggiti da Homs. Questa mattina sono atterrati insieme ai loro due figli all’aeroporto di Fiumicino grazie ai Corridoi umanitari, l’alternativa legale e sicura ai trafficanti di uomini per i migranti in fuga verso l’Europa, promossa da Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Tavola Valdese, Comunità di Sant’Egidio e Mediterranean Hope in accordo con i ministeri dell’Interno e degli Esteri.
Così come Abir, profuga siriana vedova, che con grande emozione ha abbracciato forte suo nipote, che non vedeva da qualche mese. Grazie a lui ha ritrovato un pezzo della sua vita e adesso è pronta per iniziarne nuova.
Insieme a loro c’era anche Miracle, un neonato di due chili e cento grammi nato due giorni fa a bordo della nave Aquarius, l’imbarcazione di ricerca e soccorso gestita in partnership da Medici Senza Frontiere (Msf) e Sos Mediterranee, dove la sua mamma era stata soccorsa insieme ad altri migranti dopo la difficile traversata del mar Mediterraneo.
Anche per il piccolo Joud di cinque mesi e suo padre la fuga è finita. Dopo essere scappati dalla guerra in Siria e lasciato il campo profughi che avevano raggiunto, sono arrivati in Libano e poi, finalmente, in Italia con un regolare volo di linea.
Un totale di 66 rifugiati siriani in fuga dalla guerra, di cui 22 sotto i 14 anni, che si aggiungono alle 1500 persone arrivate in Italia, in Francia e in Belgio, in modo legale e sicuro, dal febbraio 2016. 
“Si tratta di un gruppo composto da 27 nuclei familiari, tutti siriani ad eccezione di una coppia irachena, che vivevano in campi-profughi del Libano, spesso non autorizzati e al limite della sopravvivenza”, spiega Federica Brizzi, responsabile dell’accoglienza corridoi umanitari della Federazione delle Chiese Evangeliche.
Tutti loro sono stati salutati e accolti da Paolo Naso, coordinatore del progetto Mediterranean Hope (Mh) e della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio e i rappresentanti del ministero dell’Interno, la vice prefetta Donatella Candura e il vice ministro degli Esteri, Mario Giro.
La maggior parte dei nuovi arrivati verranno accolti in famiglie, strutture diaconali e parrocchiali secondo il modello dell’accoglienza diffusa nel nord d’Italia, fra il Piemonte, la Lombardia e il Veneto, ad eccezione di quelli che fanno parte della comunità di Sant’Egidio che rimarranno a Roma. “Noi li accogliamo per un periodo che arriva fino all’ottenimento dei documenti e nel frattempo seguono corsi d’italiano e di formazione lavorativa. Inoltre, vengono anche inseriti in un percorso socio legale volto a fargli recuperare la loro autonomia così da consentirgli, in un futuro, di integrarsi nella società di un nuovo paese,” continua Bizzi.
La possibilità di organizzare corridoi umanitari  ha contagiato altri paesi europei come il Belgio, la Francia e Andorra e in questi giorni sta facendo discutere anche le chiese tedesche e le istituzioni con lo scopo di aprire passaggi sicuri verso la Germania.
Come promotori dell’iniziativa, vorremmo che i “corridoi” in futuro diventino, sempre più, una pratica per tanti paesi e nazioni. Siamo orgogliosi di quanto fatto sino a ora. Si tratta di un progetto attuato nel pieno rispetto della legge e delle tradizioni umanitarie civili che appartengono all’Italia “, ha spiegato Naso rivolgendosi ai nuovi arrivati.
La guerra in Siria non è finita,” ha aggiunto Impagliazzo, “il dramma dei profughi in Libano è presente; sono migliaia che aspettano lo status di rifugiato: per le persone particolarmente vulnerabili come donne con bimbi, anziani, malati, era necessaria una risposta più urgente, così sono nati i Corridoi umanitari. Un’iniziativa che dimostra come l’Italia abbia tante energie, di bene e di pace, nei suoi cittadini, nelle associazioni, nelle parrocchie, nelle realtà cattoliche e protestanti. Tutto questo crea non solo accoglienza ma integrazione: È questa la vera risposta, integrare chi fugge dalla guerra“.
Cristina Diaz
(29 maggio 2018)
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