Eid Al-Fitr alla Grande Moschea: l’Islam per i giovani

La mattina del 15 giugno, la Grande Moschea di Roma si colora di fedeli provenienti da diversi paesi del mondo. L’Eid Al-Fitr, la seconda festività più importante dell’Islam, è il motivo di questa grande riunione. Una volta concluso il Ramadan, i musulmani festeggiano il termine del digiuno rendendo grazie a Dio per averli sostenuti nello sforzo. La preghiera delle 8.30 dà il via a questa giornata che prosegue con altre due orazioni ed un ricco pranzo con amici e familiari.

Le donne durante la festa dell'Eid Al-Fitr alla Grande Moschea
Le donne durante la festa dell’Eid Al-Fitr alla Grande Moschea

Sara ed i valori del Ramadan

Seduta davanti all’entrata principale della grande moschea, Sara, una ragazza di 22 anni di origine tunisine, sta aspettando un’amica italiana alla quale farà da guida per conoscere l’islam, la sua religione. “Eid Al-Fitr è la festa di fine Ramadan, il mese sacro durante il quale noi musulmani dobbiamo digiunare. Dopo la preghiera della mattina, noi donne prepariamo dei dolci tipici per l’occasione e li portiamo agli amici e ai parenti a cui andiamo a far visita nel pomeriggio”.

Nonostante alcune difficoltà avute nel passato, è determinata a combattere i pregiudizi sulla sua cultura e lo fa con la sola arma della conoscenza e dell’apertura al dialogo: “Ho cercato di far capire ai miei compagni che anche se non mangio e non bevo durante il Ramadan, riesco a svolgere le mie attività normalmente. Mio padre ad esempio fa il fornaio, un lavoro faticoso, eppure riesce a seguire il digiuno”.

Sara vive con la sua famiglia a Cisterna di Latina, dove i musulmani che festeggiano il Ramadan sono davvero pochi “Abitando fuori città è difficile trovarsi con gli altri praticanti ed in paese ci sono solo io. Devo dire però che è bello lo stesso e, anche se lo passo da sola, quando finisce ne sento la mancanza. D’altronde è l’unico mese in cui la famiglia si riunisce per mangiare tutti insieme”.

Ciò che guida la giovane ragazza durante questo particolare periodo dell’anno non è soltanto la fede, ma anche la consapevolezza, la forza e la grande pazienza che il Ramadan riesce a trasmetterle. Per Sara infatti questa festa è importante per apprezzare ciò che si ha e sentirsi più vicini a chi vive senza un tetto per dormire.

“Ai miei figli voglio insegnare questi valori” dice guardando al futuro, “Oggi vedo alcuni genitori che lasciano questa religione per integrarsi di più con gli italiani. L’integrazione è giusta, ma è bello anche seguire le tradizioni a cui si appartiene. A chi mi dice che non dovrei seguire ciò che dice il Corano, dico che la mia religione voglio accettarla così per come è”.

Il momento della Rakatain alla Grande Moschea di Roma
Il momento della Rakatain alla Grande Moschea di Roma

Inghilterra, Libia ed Italia: l’esperienza di Suliman

Suliman, è appena diventato maggiorenne, è di origine libica, ma è nato in Inghilterra, dove ha vissuto la maggior parte della sua vita. È venuto alla Grande Moschea per festeggiare l’Eid Al-Fitr con la famiglia e gli amici “niente ci divide in questa giornata, che tu sia ricco o povero, che tu venga da un paese stabile o da un paese in guerra, oggi qui tutti noi mettiamo la testa a terra e preghiamo.”

Ha iniziato a fare ramadan da quando aveva cinque anni “nessuno mi ha costretto a farlo, di solito i bambini non lo fanno, si inizia da adolescenti, ma io vedevo i ragazzi più grandi di me e volevo essere come loro.” Quando abitava in Inghilterra era più semplice rispettare le regole del ramadan perché aveva più ore di buio a disposizione per poter mangiare. “Mentre del Ramadan in Libia ricordo l’atmosfera che non ho mai ritrovato altrove: alle 8 di sera c’è un bellissimo silenzio per strada, non c’è nessuno, sono tutti in casa a mangiare con la propria famiglia.”

Suliman ha studiato alla scuola libica di Roma, dove suo padre è preside, perché ha avuto problemi nelle scuole italiane che ha frequentato “volevo fare i temi in inglese, e mi hanno detto che non potevo, come non potevano tradurmi gli esercizi di fisica. Ho frequentato quattro scuole italiane e posso dire che gli stranieri non sono i benvenuti. Non sono arrabbiato, capisco che quando dico di essere libico l’unica immagine che gli Italiani hanno nelle mente è quella di uomini con la barba ed il mitra in mano. Nelle scuole inglesi, invece, non ho trovato queste difficoltà. Per esempio se uno studente non conosce l’inglese gli fanno fare un corso di recupero per risolvere fin dall’inizio il problema.”

Secondo Suliman il razzismo esiste sia in Italia che in Inghilterra, ma si manifesta in modi differenti “La persona razzista in Inghilterra ti guarda male ma per costume non si esprime. In Italia tutti vogliono dire la propria opinione e senti spesso persone che si lamentano degli stranieri. Da un certo punto di vista preferisco questo modo di fare, se tu mi dici cos’è un libico per te: un lavoratore, un criminale, un parassita, avremo qualcosa su cui discutere, troveremo un modo per conoscerci e col tempo, magari, non saremo più estranei”.

Francesca Mahmoud Alam e Damiano Zannetti
(16 giugno 2018)

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