Io ci sono e gioco a calcio: rifugiati versus studenti dei licei italiani

Nella Giornata del Rifugiato la sfida è su un campo di calcio, a conclusione di un anno di attività di aiuto e scambio reciproco, sui banchi di scuola.

Io ci sono”. Una partita di calcio per dimostrare “sul campo” che l’inclusione e l’integrazione tra razze ed etnie diverse è possibile, anzi è a vantaggio di chi la vive in prima persona. Come i ragazzi rifugiati, ospiti dei centri di accoglienza di Roma e gli alunni dell’istituto scolastico Torricelli che si “sfiderano” oggi, Giornata Internazionale del Rifugiato,  su un campo di calcio, a conclusione di un anno di attività di aiuto e scambio reciproco, sui banchi di scuola. La partita che gode del patrocinio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)  è organizzata dalla Fondazione Mondo Digitale (ww.mondodigitale.org).

foto Giovanni Cosmo

Complessivamente sono 150 gli studenti delle scuole superiori, volontari e ospiti dei centri di accoglienza a scendere  in campo a Roma Milano e Catania. Il primo fischio d’inizio è alle ore 17 a Roma (Campo di calcio Santa Maria, via Matteo Boiardo 28) e a Milano (Campo Playmore, via Moscova 26). Segue alle 18 Catania al campo Leo Soccer, via de La Salle 8.

“Ormai da anni lavoriamo per diffondere la formula della terza accoglienza, promuovendo programmi di alfabetizzazione digitale, linguistica e civica animati da studenti. Dai banchi di scuola ai campi di calcio gli studenti si trasformano in mediatori digitali e sociali facilitando i processi di integrazione e lotta al pregiudizio”, spiega Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale.

Danilo, uno degli studenti italiani “avversari” dei rifugiati, che oggi gioca in difesa, ha 18 anni e frequenta il quarto anno presso l’IIS Torricelli di Roma dove ha partecipato al progetto di “stabilizzazione digitale” che si è svolto durante tutto l’anno coordinato dalla professoressa di italiano e latino, Mascheretti.

E’ stata un’esperienza positiva che rifarei e consiglierei a un mio amico – dice Danilo – un modo per confrontarsi con una realtà che ormai è sempre più presente nel nostro paese. Durante l’anno c’è stato uno scambio reciproco: noi abbiamo aiutato loro a conoscere le basi dell’informatica, ad andare su internet e a impratichirsi con l’italiano, ma poi ci siamo sentiti di far parte di un’unica comunità e siamo stati contenti di verificare i progressi che facevano, mano a mano, grazie alle nostre “lezioni”.

foto di Giovanni Cosmo

Nel progetto sono coinvolti venti alunni e altrettanti rifugiati, un quarto di questi ultimi hanno tra i 17 e i 18 anni e sono in attesa della richiesta d’asilo o della protezione umanitaria. Ma ci sono anche venticinquenni migranti, molti dei quali aspettano di avere i documenti che li renderanno finalmente “liberi”.

Sul fronte della squadra opposta incontriamo Dawood, afgano di 28 anni, che gioca in difesa con la maglia 88 e Athdi kosovaro di 19. Lui non gioca perché è claudicante, ma è sugli spalti a fare il tifo. Dawood ha visto accolta da poco la sua richiesta di asilo politico dopo aver lasciato il suo paese, da anni tormentato dalla guerra e dagli attentati. “E’arrivato in Italia anni fa, ancora minorenne e da solo” racconta la sua odissea come se fosse stata vissuta da un’altra persona: oggi è sorridente e in grado di fare battute, ma l’esperienza passata è stata davvero dura. “Dall’Italia ho tentato di andare in Norvegia – racconta – ma mentre ero in treno e avevo con me i soldi nel portafoglio, pronto per la mia nuova vita, sono stato intercettato alla frontiera dalla polizia francese che mi ha rimandato da dove ero venuto, cioè l’Italia. Qui ho cominciato a dormire per strada, sotto i ponti e poi mi sono ammalato e mi hanno ricoverato in ospedale. E’ stato un amico afghano come me a salvarmi. Mi ha dato l’indirizzo di un centro di accoglienza, dove sono riuscito a imparare l’italiano e a prendere la licenza media. Poi, per sopravvivere, ho fatto tutti i mestieri che mi capitavano: dal parrucchiere all’agente immobiliare.. Ma andando avanti ho capito che avevo fatto un errore a lasciare gli studi”. 

Il sogno di Dawood è quello di diventare un giorno un architetto. Sa disegnare e dipinge bene senza aver mai studiato né disegno, né pittura. E’ tornato a scuola e ora sta frequentando il biennio a Torre Spaccata. “Mi mancano due anni per diventare geometra – dice – poi chissà forse riuscirò davvero a iscrivermi alla facoltà di architettura”. Da un mese e mezzo Dawood partecipa insieme ad Atdhi al progetto Digital Welcome della Fondazione Mondo Digitale – un programma formativo di 60 ore rivolto a “120 giovani cittadini di paesi terzi, di età compresa tra i 16 e i 30 anni, “nato con l’obiettivo di accrescere le loro competenze informatiche e linguistiche, oltre a competenze trasversali come il pensiero creativo e la capacità di problem solving, utili per affrontare il mondo del lavoro e la vita nel 21° secolo”. Nel corso del progetto grazie anche alle competenze acquisite, i ragazzi dovranno produrre le loro storie digitali per riflettere sull’esperienza del programma e per diffondere i valori di integrazione che hanno ispirato l’iniziativa.

Dawood nella foto del suo contatto whatsapp

Dawood è uno degli allievi più brillanti del suo corso, assicura la coordinatrice, e ci aiuta anche con gli altri studenti. “Per quanto un professore possa parlare chiaramente in italiano – spiega Dawood – per un ragazzo straniero sarà sempre difficile capirlo e poi magari c’è chi si vergogna a chiedere una spiegazione in più o a dire che non ha capito. Invece tra studenti queste “barriere” non esistono e chi è più avanti aiuta chi è rimasto indietro”.
Atdhi fa avanti e indietro tra il Kosovo e l’Italia da 11 anni perché ha avuto una malattia che l’ha reso claudicante e che ha richiesto l’intervento di successive operazioni negli ospedali italiani. Ma “solo” da 11 mesi ha presentato la richiesta d’asilo e sta aspettando la risposta. Nel frattempo alloggia nel Centro di accoglienza della Croce Rossa di Roma e frequenta il corso del progetto Digital Welcome. “Siamo in 14 – racconta Athdi – ma ogni settimana si cambiano i componenti all’interno dei vari gruppi in modo che i più veloci diano una mano ai più lenti a capire.”

Adthi nella foto del suo whatsapp

L’obbiettivo è che “nessuno resti indietro, mentre la classe va avanti” secondo una regola aurea degli insegnamenti di Don Milani nella sua leggendaria scuola di Barbiana. Atdhi è appassionato di giornalismo, “soprattutto la parte che riguarda lo storytelling – dice – siamo a metà del corso e ci hanno insegnato come impostare un’intervista e come usare il programma wordpress. Quando, poi, finiremo il nostro corso – aggiunge – potremo diventare tutor di altri che avranno appena iniziato. Frequentare non è facile per tutti noi – aggiunge Atdhi – perché molti hanno problemi con i documenti, altri sono alla ricerca di un lavoro, altri ancora hanno difficoltà a spostarsi. Dunque poter aiutare quelli che restano indietro è un modo per restituire quello che abbiamo ricevuto”.
Quest’anno l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha lanciato la campagna globale di sensibilizzazione #WithRefugees. Microsoft, Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Mondo Digitale e Techsoup Italia partecipano alla Giornata mondiale con l’iniziativa “Tecnologia per la solidarietà”, un multi evento di due giornate, a Catania e a Roma, dedicato all’integrazione e all’inclusione sociale.

#WithRefugees è anche una petizione, con la quale l’UNHCR chiede ai governi di garantire che ogni bambino rifugiato abbia un’istruzione, che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere, che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità. La petizione vera’ presentata all’Assemblea delle Nazioni Unite entro la fine del 2018 in occasione dell’adozione del Global Compact per i rifugiati.

Francesca Cusumano

20 giugno 2018

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