La sera di domenica 3 giugno la piazza di Largo Tolomeo Barestrello a Tor Pignattara è in fermento. Il grigio dell’asfalto è stato nascosto da grandi tappeti colorati, alcune donne tagliano minuziosamente la frutta, e gli uomini trasportano qua e là cocomeri e meloni da lavare. Al calar del sole è tutto pronto. L’Iftar, l’interruzione del digiuno nel periodo di Ramadan, sta per iniziare.Per il quinto anno consecutivo, l’Associazione Greater Dhaka Somity ha organizzato un Iftar pubblico, volto a far conoscere ai cittadini romani usi e costumi della religione islamica e della comunità bangladese presente nel quartiere di Tor Pignattara. Non sono stati pochi gli italiani che hanno partecipato all’evento nella piazza, scegliendo di compiere un passo in più per costruire un vero e proprio ponte di collegamento tra le differenti religioni.
L’iftar secondo Obi
Il Ramadan è il terzo dei cinque pilastri dell’Islam ed è una delle festività più importanti. “Noi bangladesi aspettiamo l’arrivo del Ramadan tutto l’anno con grande impazienza” ha spiegato Obi, un ragazzo di 24 anni arrivato in Italia dal Bangladesh sette anni fa.Dopo una lunga giornata passata nell’agenzia turistica, dove lavora da tre anni, Obi ha indossato il suo Panjami blu ed è arrivato in piazza per stare con gli amici. Come di consueto, si è seduto con loro per recitare la “Dua”, una piccola preghiera fatta prima di ogni Iftar, e al termine di questo rito iniziale assapora il suo dattero. “Mio padre, i miei zii e mio cugino che vivono con me, lavorano nei ristoranti, e così qui in Italia sono l’unico in famiglia a poter fare l’Iftar. Generalmente quando torno a casa dal lavoro passo sempre a prendere un po’ di frutta, con il mango e con il latte faccio il Lassi, bevanda tipica del mio paese, e lo bevo da solo”. Con sé ha portato la sua fedele macchina fotografica, con la quale spesso si diverte ad osservare il mondo e a cogliere i diversi punti di vista. Scatta qualche foto alla bella situazione che si è creata in piazza, che ha preso le sembianze della sala preghiera di una moschea. “L’Iftar è un momento di grande condivisione” spiega Obi che, con il suo sguardo, non riesce proprio a nascondere un velo di nostalgia “In Bangladesh la famiglia e gli amici si riuniscono intorno ad un’unica tavola imbandita con tantissimi antipasti. Dopo aver mangiato, ci rechiamo in moschea per una lunga preghiera”.
Ramadan tra preghiera e buone azioni
I piatti passano di mano in mano con gioia e grande frenesia. Nessuno rimane senza cibo. Dai più piccoli ai più grandi, dai musulmani più fedeli ai semplici curiosi, in piazza il clima festoso ha travolto davvero tutti. Dopo il pasto inizia il momento della preghiera che viene dedicata a tutti i morti in guerra in segno della più totale disapprovazione e di augurio per un futuro di pace. In un momento l’aspetto sacro del Ramadan torna a farsi sentire ancora più vivo, ed Obi ricorda come questa festività sia importante per dedicarsi alle buone azioni: “Il Ramadan è come una grande festa in cui tutti i musulmani stanno insieme, in cui le porte sono aperte anche a chi vive in strada. Alcuni italiani mi chiedono se faccio sul serio, se sono matto o se ho mangiato qualcosa di nascosto durante il giorno. Per loro è tutto un gioco e non capiscono che per noi è il momento più importante dell’anno. In questo mese ogni musulmano si impegna a fare del bene, per guadagnarsi il rispetto di Allah”.Quando la preghiera volge al termine sono molte le persone che rimangono a parlare, ed Obi, seduto sul muretto si abbandona completamente ai ricordi di quando viveva in Bangladesh: “Dopo la preghiera in moschea, mi ritrovavo con tutta la famiglia e gli amici e ci raccontavamo come era andata la giornata. Il tempo trascorso con loro è la cosa che più mi manca del mio paese”. Intanto i bambini giocano a pallone sotto la luce dei lampioni in piazza, mentre gli adulti raccolgono i tappeti adagiati al suolo. Non è ancora tempo di dormire e l’indomani sarà un altro lungo giorno di Ramadan.
Francesca Mahmoud Alam(12 giugno 2018)
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