Come affrontare il problema dell’integrazione dei minori migranti? Come rendere la scuola e il territorio luoghi capaci di creare una comunità accogliente, attraverso percorsi formativi che valorizzino le risorse personali? Una risposta interessante ci viene dal progetto “Oltre i muri. Modelli di integrazione”, finanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) e realizzato dalla Fondazione Piazza dei Mestieri in collaborazione, come partner, con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, il CNR e il Comune di Torino, e, come associati esteri, con le città di Lione, Chambery e Liegi.
Negli ultimi anni è aumentata rapidamente la presenza di minori immigrati in Italia, tra questi c’è il dramma dei minori non accompagnati, con una buona percentuale di analfabeti nella lingua madre. Per questi bambini e adolescenti servirebbero programmi di integrazione multidimensionali, capaci cioè di offrire, oltre all’alloggio e all’assistenza medica e psicologica, anche percorsi personalizzati di istruzione e formazione.La sperimentazione attuata dal progetto “Oltre i muri”, conclusasi nel marzo scorso, ha previsto un percorso di alternanza scuola – formazione professionale di 290 ore e una settimana esperienziale che ha visto la partecipazione congiunta di allievi, docenti e operatori; ha riguardato 45 minori extra-comunitari delle scuole secondarie di primo grado del Comune di Torino e 50 giovani extra-comunitari delle realtà estere, ad alto rischio di dispersione e di età compresa fra i 14 e i 18 anni; ha coinvolto docenti e operatori territoriali delle Scuole Secondarie di Primo Grado del Comune di Torino e delle scuole delle città estere associate (Lione, Chambery, Liegi).Perché questa sperimentazione può costituire un modello di integrazione cui guardare con interesse è stato spiegato nell’evento conclusivo “Costruire una comunità transnazionale di educatori per l’accoglienza dei giovani stranieri nella scuola“, tenutosi il 21 giugno presso il CNR, in cui sono stati presentati i risultati e le scelte metodologiche del progetto. “Il nostro sistema scolastico – ha affermato il presidente della Fondazione per la Scuola, uno dei partner del progetto − non è attrezzato per inserire anche in corso d’anno i giovani immigrati, che hanno altre esigenze pressanti oltre a quella di imparare l’italiano, e richiedono figure professionali diverse come i mediatori, gli educatori, gli operatori sociali. A loro servono percorsi di formazione aperta, che all’acquisizione delle competenze scolastiche affianchino lo sviluppo delle soft skills: lavorare in gruppo, orientamento al processo, organizzazione etc. e anche pezzi di formazione professionale”.La metodologia utilizzata nella sperimentazione, illustrata da Monica Pillitu, ha seguito 3 fasi:• Presa in carico, in cui le scuole hanno utilizzato una scheda descrittiva per individuare i bisogni dei ragazzi stranieri e condiviso scelte educative e programmazione didattica;• Laboratorio esperienziale in alternanza, in cui i ragazzi in alternanza tra scuola e Agenzia di formazione lavoro hanno appreso competenze di base linguistiche e scientifiche e competenze professionali, come grafica e ristorazione. Attraverso l’approccio del cooperative learning e l’aiuto del tutor e peer-tutor sono stati realizzati percorsi di apprendimento personalizzato cercando di assecondare talenti e passioni; e con una didattica improntata all’imparare facendo le abilità di base sono state consolidate nel contesto di laboratorio.• Attività di formazione rivolte ai docenti e operatori esteri, che sono stati impegnati nelle stesse attività degli allievi e insieme a loro: un esempio di didattica inversa.È l’impegno in un percorso condiviso tra ragazzi, docenti, operatori la chiave del successo formativo del progetto.
Monitoraggio e valutazione delle metodologie seguite e dei risultati ottenuti sono stati affidati al CNR, che “ha il dovere − ha affermato Corbellini, direttore del Dipartimento di Scienze Umane Sociali e patrimonio culturale del CNR – di fare ricerca scientifica e produrre dati e conoscenze utili a una gestione meno emotiva del fenomeno migratorio, prendendo in considerazione proposte e progetti volti a far lievitare i valori che sono alla base della convivenza sociale, e confrontando le esperienze di altri Paesi”.“Oltre i muri” è un progetto da cui la scuola italiana può ricavare importanti indicazioni per l’integrazione e per l’innovazione didattica.
Luciana Scarcia(25 giugno 2018)
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