“Quando ho proposto questo progetto non sapevo neanche che cosa fosse una passeggiata sonora e non sapevo cosa ne sarebbe venuto fuori. Insomma, io che dovevo condurre il laboratorio non avevo la minima idea di quale sarebbe stato il prodotto finale”. Così Marco Stefanelli descrive quello che è stato l’inizio dell’ esperienza che oggi prende il nome di “Guide invisibili”.
Diallo, la voce di guide invisibili
Questo progetto nasce nel settembre 2016, ed è il tentativo di raccontare Roma sotto un altro punto di vista: quello dei migranti che la abitano. Dopo 9 mesi di laboratorio radiofonico, uno dei corsi offerti da Laboratorio 53, il risultato è una passeggiata emozionante e ricca di colpi di scena.Il segreto è indossare le cuffie e lasciarsi cullare dalla voce narrante di questi ragazzi, che accompagnano l’ascoltatore alla scoperta del quartiere attraverso le loro storie, le loro tradizioni e i loro ricordi, ricollegandoli a tutto ciò che di bello e semplice Roma può offrire.“Durante i nove mesi di laboratorio facciamo tantissime cose, tutto inizia da lì” racconta Diallo, un ragazzo guineano di 24 anni dall’espressione sorridente. La sua voce narrante, insieme alle altre, conduce nelle vie strette di Trastevere, ad osservare le sue belle piazze e a camminare nelle vie piene di bar. “Usciamo per localizzare i posti che più ci interessano, intervistiamo alcuni passanti per conoscere meglio i luoghi ed in seguito, una volta tornati in laboratorio, scriviamo i racconti che vi si possono ricollegare”.Per Diallo, era importante trovare qualcosa che lo stimolasse, qualcosa che lo tenesse occupato durante il giorno: “A casa mi chiedevo sempre cosa potessi fare, ogni giorno mi facevo sempre questa stessa domanda”. Poi, la svolta: “un amico mi ha parlato di Laboratorio 53, e mi sono lanciato. Mi hanno presentato vari progetti, ma fin da subito ho scelto la radio”.
Nuovi obiettivi da raggiungere
Non tutto è stato però così semplice: una lingua nuova, la difficoltà a capire a cosa avrebbero portato quegli incontri del martedì e tutte le attività svolte. Solo il tempo è riuscito a dare delle risposte, e anche dei grandi risultati. “Mi sono sentito parte di un sistema che non dipendeva per forza da me. Questo progetto mi ha aiutato molto a calmarmi, a stare tranquillo, a non pensare alle cose brutte successe sia qui che in passato. Il primo obiettivo è stato imparare l’italiano, tutti dovevano imparare, ed anche se parlavo malissimo l’importante era provarci”.Nel Giugno 2018, Diallo ed il suo gruppo hanno concluso il corso, ed ora sono pronti a mostrare i quartieri di Trastevere e Termini, che vanno ad aggiungersi alle due tappe precedenti: Piazza di Spagna e Piazza Vittorio.“C’erano tantissime persone per la prima giornata di passeggiate a Luglio, nonostante il caldo e la finale dei mondiali” spiegano Marco e Diallo, nessuno dei due si aspettava tanta affluenza.L’obiettivo di quest’anno è quello di coinvolgere nel gruppo dei formatori alcuni ragazzi che negli anni passati hanno partecipato al progetto. L’idea infatti è quella di trovare dei fondi per garantire loro una retribuzione. “Per quanto noi formatori possiamo cercare di capire e di avvicinarci a loro, le due visioni del mondo sono molto diverse. Per questo coinvolgerli nella formazione potrebbe portare a qualcosa di più” , spiega Marco.Quella che sembrava un’idea incerta, si è rilevata in questi anni un’esperienza che regala emozioni forti, e che, attraverso l’empatia, prova a far incontrare due mondi che oggi sembrano così separati.
Francesca Mahmoud Alam12 settembre 2018
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