“La morte non è un atto che accade e finisce lì, spesso è un percorso. La morte, naturalmente non parlo di quella violenta, è un processo che segue un certo percorso”, Maria Angela Falà, Presidente Tavolo Interreligioso di Roma, delinea i passi importanti che hanno portato alla realizzazione del Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita e le auspicate conseguenze.“C’è un prima, fatto dell’assistenza alla persona che sta morendo e alla sua famiglia, un durante con il preparare quanto deve esser fatto al momento del passaggio secondo la sua religione. Ad esempio per alcuni credo ci sono delle recitazioni, delle immagini o dei rituali. Ed è un percorso che continua con un dopo la morte con quanto concerne il trattamento della salma, come il lavaggio, la vestizione, l’onoranza da parte della famiglia e degli amici. Nella tradizione ortodossa oltre il lavaggio, il defunto deve esser vestito e la sua testa rivolta in una certa direzione, analogamente accade per l’islam e per gli ebrei. Oppure nella tradizione buddista il corpo non deve essere toccato per alcune ore e se possibile anche giorni”.
Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita: azioni e necessità
I diritti elencati nel Manifesto aprono la strada a un processo operativo che si articolerà in azioni concrete. “Abbiamo suddiviso il lavoro di riflessione sui vari punti, i principali sono due. Il primo l’informazione, interna nelle strutture sanitarie ed esterna con l’adesione al manifesto. Secondo punto fondamentale è formare gli operatori delle strutture sanitarie e di ricovero per dare una risposta alla richiesta di attuare un percorso di fine vita, che ha un prima, un durante e un dopo a seconda delle diverse confessioni religiose”.La necessità di arrivare a stilare questo manifesto è nata anche come risposta dell’esigenza manifestata dalle comunità straniere. “A parte quelle che hanno già delle intese tra loro, come la ebraica e la greco-ortodossa, dove sono contemplate delle specifiche norme, comunque difficili da attuare, le altre comunità come quella islamica o la ortodossa-rumena o anche i sikh che sono milioni di persone, non hanno alcun diritto. Non è contemplata neanche la semplice figura di un ministro di culto che possa esser presente a ogni ora del giorno e della notte, perché certo non si muore durante l’orario di visita. Sembra una cosa marginale ma non è così”.“Ad esempio prendiamo un sikh che non ha nessuno vicino, può avere un mediatore culturale o un sacerdote della cappella preparati ad assisterlo e sostenerlo anche solo umanamente nel suo passaggio, perché nessuna persona si senta sola e abbandonata”.
Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita: insieme per i diritti
“Il Manifesto è il risultato di un lavoro che è stato condiviso. Un lavoro collettivo e corale di tutte le persone che lo hanno firmato”, Angelo Tanese, Direttore ASL Roma 1, ha presentato così il Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita, firmato ufficialmente da tutti i convenuti martedì 5 febbraio 2019.Tra i presenti, oltre a Tanese, Giulia Grillo, Ministro della Salute, Maria Angela Falà, Pier Francesco Meneghini, Presidente GMC – Università Cattolica del Sacro Cuore, Alessio D’Amato, Assessore Sanità e integrazione Socio-Sanitaria Regione Lazio, e Barbara Mangiacavalli, Presidente Fnopi.“Un manifesto che definisce i diritti e garantisce, oltre alle cure, il rispetto della dignità e il supporto religioso e spirituale per chi si trova nella fase finale della vita in strutture sanitarie”.Nove sono i diritti declinati dal Manifesto:
- Diritto di disporre del tempo residuo.
- Diritto al rispetto della propria religione.
- Diritto a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale.
- Diritto alla presenza del Referente religioso o Assistente spirituale.
- Diritto all’assistenza di un mediatore interculturale.
- Diritto a ricevere assistenza spirituale anche da parte di Referenti di altre fedi.
- Diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari.
- Diritto al rispetto delle pratiche pre e post-mortem.
- Diritto al rispetto reciproco
Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita: i luoghi.
A luglio 2018 il Tavolo interreligioso insieme alla Asl Roma 1, ha lanciato un Concorso di Idee per la creazione di due luoghi di preghiera, meditazione e silenzio nell’ospedale S.Spirito e nel S. Filippo Neri. “La commissione si è appena insediata, sono stati presentati 41 progetti e speriamo di decretare il vincitore entro al fine di marzo. A lui poi il compito di realizzare queste due stanze. Il premio vero di questo concorso, oltre il contributo economico, è che si deve vedere concretizzata l’idea. Tutto quello che noi facciamo come Tavolo ha questa impronta: non deve essere solo una carta ma deve diventare atto e pratica. Quindi le idee in questo caso devono diventare “mattone””, evidenzia Maria Angela Falà.
Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita: il rispetto reciproco
“Abbiamo messo l’articolo 9 del reciproco rispetto per sottolineare l’importanza di non sfruttare quell’ultimo momento ad esempio per fare proselitismo: volevamo preservarlo nel suo significato preciso”. In questo momento storico, parole come diffidenza e odio, sono sempre più parte della quotidianità: è importante ancora di più richiamare il reciproco rispetto.“La prima riunione per costruire l’idea del manifesto si è tenuta il 2 febbraio 2018. Ci è voluto un anno di lavoro. Tutto è nato ancor prima che la situazione degenerasse nell’attuale clima particolarmente diffidente, prima dei risultati elettorali di marzo. Forse già allora ne sentivamo la necessità, ora è un bisogno fondamentale, una risposta precisa alla situazione che si è andata a creare. Il Manifesto implica un’azione concreta.”
Manifesto Interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita: la risposta delle comunità
“Tutte le comunità religiose che abbiamo chiamato, hanno detto: quando cominciamo?”“È importante dire che il comitato promotore ha soltanto messo in moto la macchina, poi abbiamo fatto tante riunioni con gli esponenti delle varie comunità, sia religiosi che medici, e con loro sono stati elaborati i punti. Si è costruito insieme il manifesto. Prima della versione definitiva ce ne sono state altre, l’obiettivo è stato arrivare alla stesura finale con un testo che fosse più semplice e diretto possibile”, sottolinea Falà.
Prossimo passo?
“Benissimo i 9 punti del Manifesto, ma ora devono diventare azioni con la formazione negli ospedali di persone che siano capaci di far rispettare questi diritti” conclude Maria Angela Falà.Oltre al Gruppo Promotore, i firmatari del Manifesto sono: Centro Islamico Culturale d’Italia, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, Hospice Villa Speranza – Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Unione Buddhista Italiana, Unione Comunità Ebraiche Italiane, Unione Induista Italiana, Unione Italiana Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Vicariato di Roma, AVO (Associazione Volontari Ospedalieri), CSV Lazio (Centro Servizio per il Volontariato), Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato, un Operatore Socio Sanitario in rappresentanza della categoria.
Silvia Costantini(13 febbraio 2019)
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