In quale direzione si collocano le politiche europee sull’immigrazione? Questa la domanda al centro di Leros, l’isola degli invisibili, l’iniziativa di Piuculture, che prende spunto dalla storia dell’isola greca Leros, prima sede di un manicomio, divenuto poi prigione per detenuti politici e oggi hotspot per migranti.Parteciperanno all’incontro Simona Vinci, autrice di La prima verità, ambientato sull’isola di Leros, Antonello D’Elia, Psichiatria democratica e Chiara Peri, della Fondazione Astalli che con la recente ricerca del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati ha denunciato la situazione di violazione dei diritti umani nei centri ai confini dell’Europa.Mentre i trafficanti cambiano velocemente le rotte dei flussi migratori e si adattano alle mutate situazioni, l’Unione Europea è ferma sull’unico obiettivo che la unisce: tenere fuori dai propri confini il maggior numero di immigrati; obiettivo, peraltro, perseguito di volta in volta dal singolo Stato di fronte a un’emergenza. La conseguenza è, oltre alla violazione del diritto di asilo, la concentrazione di masse di immigrati in grandi centri, in condizioni che non possono assicurare il rispetto dei Diritti Umani.Qual è la situazione oggi degli sbarchi nel Mediterraneo e nelle isole greche in particolare?In seguito all’accordo tra Italia e Libia – dice Chiara Peri – c’è stata una drastica riduzione degli arrivi nel Mediterraneo centrale: guardia costiera libica, egiziana e algerina intercettano le imbarcazioni e riportano i migranti nei centri di detenzione in Libia. E, dopo l’accordo con la Turchia, gli sbarchi sono diminuiti anche nel resto del Mediterraneo rispetto al periodo 2014-2015, quando arrivarono quasi un milione di persone. Tuttavia, anche se con numeri più contenuti, gli sbarchi continuano e cambiano destinazione. Gli arrivi nel 2018 sono stati
- in Grecia 50.000, di cui la maggioranza, 32.000, via mare perché il confine terrestre è più difficile per respingimenti e violenze; più del doppio rispetto al 2017;
- in Spagna 58.500, aumentati rispetto all’anno precedente;
- in Italia 23.000, diminuiti.
Come funziona l’accoglienza in questa parte del Mediterraneo?La situazione in Grecia è particolarmente drammatica per l’istituzione di grandi hotspot a seguito dell’accordo con la Turchia: pensati come strutture temporanee sono diventati invece dei centri di detenzione, dove vengono parcheggiate anche 5.000 persone in strutture la cui capienza è di 600, solo a Samos ce ne sono 3.700. Al dicembre 2018 risultavano registrate ufficialmente alle Nazioni Unite, quindi sostenute in qualche forma dentro e fuori dei campi, 22.700 persone – che ovviamente sono solo una parte della totalità dei presenti in Grecia. Di queste persone 3.700 sono minori non accompagnati, di cui solo 961 accolti in strutture adeguate, 700 ancora negli hotspot e 86 in carceri comuni. Quindi una situazione drammatica che a stento si può immaginare!Delle strutture di accoglienza ufficiali: il 58% è ad Atene, il 36% in altre parti della Grecia, il 6% ancora sulle isole, che significa: migliaia di persone in condizioni disperate.Com’è possibile che in poco tempo ai confini dell’Europa si siano create situazioni di aperta violazione dei Diritti Umani?Questo deriva dalle scelte politiche della maggioranza dei Paesi europei che hanno deciso, in forme più o meno estreme, che non è accettabile l’arrivo spontaneo dei migranti. Questa decisione cozza con i dati reali dei richiedenti asilo in Europa, che costituiscono un numero addirittura ridicolo rispetto a quello in Turchia o Libano: mentre nel periodo di maggior afflusso arrivarono circa 1 milione di immigrati, nella sola Turchia ne arrivarono 3 milioni.Se quindi la volontà politica è di ridurre al minimo gli ingressi dei migranti e di farlo in tempi rapidissimi, è difficile allora riuscire a garantire il rispetto dei diritti umani, come effettivamente sta avvenendo.Il paradosso è che l’utilizzo di ingenti finanziamenti pubblici sia per scoraggiare le partenze dall’Africa sia per bloccare le persone alle porte d’Europa ha l’effetto contrario di impedire la migrazione circolare in Africa alimentando la spinta a emigrare, perché molti di quelli che si spostano temporaneamente dalla loro terra vengono fermati ai confini e da migranti economici vengono trasformati in migranti forzati.Come si contrasta la politica dei respingimenti e della militarizzazione dei confini?Innanzitutto bisogna fare chiarezza su questi temi. Siccome questa politica del consenso immediato è basata sulla mistificazione, è necessario che la gente conosca davvero la realtà. Se le persone si rendessero conto del fatto che le conseguenze di certe scelte comportano poi che un bambino affoghi in mare, sono convinta – afferma la Peri – che non potrebbero accordare il loro consenso. Quindi è importante raccontare le storie vere e soprattutto lavorare per l’integrazione, creando occasioni di incontro tra immigrati a autoctoni. Ovunque, in Germania, Italia, Romania, quando la gente è venuta in contatto con immigrati sono nate iniziative di solidarietà in varie forme e di cose da fare insieme. Oggi invece, la tendenza in Italia è quella di isolare i richiedenti asilo, riducendo al minimo le occasioni di incontro.E poi c’è una considerazione politica da fare. L’Unione Europea si trova in un momento complicato: la linea politica di chiusura è stata decisa dal Consiglio europeo dove siedono i rappresentanti degli attuali governi; mentre il Parlamento europeo, che ha espresso posizioni diverse, è il risultato di elezioni fatte in un periodo precedente. Pensando alle prossime elezioni europee è importante, quindi, che i cittadini vadano al voto consapevoli delle scelte da fare e conoscendo gli aspetti reali della questione migratoria.Con quali strumenti e proposte concrete può operare una politica diversa dalla attuale?Ci sono già molti strumenti a disposizione da usare per allargare le maglie degli ingressi legali: i visti per lavoro e per studio, il visto umanitario; i corridoi umanitari che vanno incrementati. È già avviato il lavoro per integrare e ampliare la definizione di rifugiato prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951, alla luce delle mutate situazioni dei conflitti in atto. Ciascuno di questi strumenti da solo non può contrastare una linea politica che ha deciso di ridurre al minimo gli ingressi di migranti ledendo il principio stesso del Diritto all’asilo, ma se c’è una diversa volontà politica gli strumenti giuridici per praticarla ci sono e già domani, volendo, si potrebbero svuotare tutti gli hotspot e evacuare le carceri libiche.Come Fondazione Astalli avete progetti nell’accoglienza dei migranti nelle isole greche?Il JRS ha un progetto a Atene che prevede una rete di ong che effettuano un monitoraggio della situazione nelle strutture di accoglienza e fanno pressione sul governo per risolvere l’emergenza umanitaria.
Luciana Scarcia(5 febbraio 2019)
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