Riccardo Travaglini è candidato alle elezioni europee nelle liste di +Europa, Circoscrizione Italia Centrale.
Perché ha scelto di candidarsi con +Europa?
E’ stata una candidatura non programmata. Italia in Comune, il partito dei sindaci di Federico Pizzarotti e Alessio Pascucci, mi ha proposto un progetto: portare l’Europa anche nei piccoli comuni, nei territori dove nessuno la conosce ma che più hanno bisogno delle opportunità che l’UE può garantire in termini di sviluppo e lavoro.
Quali sono i punti principali del programma che porterà avanti?
La vera sfida è cambiare davvero questa Europa puntando su un’UE semplificata, sostenibile e umana, più vicina alle persone, al disagio sociale, alla marginalità, agli ultimi. Realtà con cui noi sindaci siamo tutti i giorni a contatto, le viviamo senza filtri. L’Europa, per ripartire, ha bisogno anche delle piccole voci. Sono quelle a cui io voglio dare più risonanza.
Nei primi 100 giorni di attività parlamentare quali sarebbero le sue tre priorità?
Nei primi giorni di attività parlamentare vorrei che si percepisse un cambio di passo per l’Europa con proposte che rilancino in primis le politiche sociali, perché per ripartire l’Europa deve puntare sullo sviluppo delle persone, il patrimonio più prezioso che abbiamo. Penso a proposte su inclusione nel mondo del lavoro, contributi alla formazione, servizi che consentano alle donne di conciliare famiglia e lavoro e un strumento di sostegno al reddito universale.
Cosa condivide e cosa invece cambierebbe delle politiche europee attuali in tema di immigrazione?
Nell’Unione Europea, su oltre 500 milioni di abitanti, solo il 7% sono immigrati. Quindi il 93% della popolazione è autoctono. La via clandestina del mare è generata da una scelta politica, quella di chiudere ogni possibilità ai visti di lavoro dati ai Paesi africani per l’Europa. Ma chiudere gli accessi legali significa aprire decine di accessi illegali. E’ necessario, dunque, introdurre canali legali e sicuri di ingresso per lavoro, anche non qualificato, implementare i programmi di reinsediamento e la creazione di corridoi umanitari per le persone bisognose di protezione. È necessario inoltre garantire mobilità interna a quanti giungono nel territorio europeo e chiedono protezione, modificando finalmente il Regolamento di Dublino: lo Stato membro competente per la domanda d’asilo va determinato tenendo conto innanzitutto delle esigenze familiari o umanitarie del richiedente asilo, nell’ambito di un sistema equo di redistribuzione.
L’Europa è un’unione di diversi, queste diversità come vanno affrontate?
La diversità è un arricchimento, ma va gestita all’interno di una cornice democratica secondo regole comuni. Chi non rispetta esce. Penso in particolare ai paesi di Visegrad che, pur beneficiando dei fondi di coesione UE, agiscono contro l’Europa, soprattutto in tema di immigrazione.
Come definirebbe l’atteggiamento degli italiani nei confronti degli stranieri?
Tra l’Europa e il resto del mondo c’è il mare: come gestire lo spazio che ci divide?
Il Mediterraneo costituisce una delle sfide più grandi dei nostri tempi. Se riusciremo, come Europa, a dare risposte coese ed efficaci al fenomeno migratorio, si aprirà uno spazio inaspettato ricco di opportunità sotto molteplici punti di vista: politico, sociale, economico, demografico. Sono questi gli occhi con io cui guardo oggi il Mediterraneo.
Qual è l’ultimo piatto di cucina straniera che ha mangiato o cucinato?
Adoro il couscous, che ormai è anche un piatto un po’ italiano, tipico del trapanese. E’ quindi un piatto simbolico della contaminazione di culture che il Mediterraneo ha consegnato al nostro DNA e non solo.
Silvia Costantini(15 maggio 2019)
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