- Alessandra Trotta è la neo moderatora della Tavola Valdese, la prima metodista a essere eletta al vertice dell’organo che rappresenta le chiese metodiste e valdesi nei rapporti con lo Stato italiano e con le organizzazioni ecumeniche. Cinquantuno anni, laureata in Giurisprudenza a Palermo, ha esercitato la professione di avvocato civilista sino al 2001 e ha ricoperto all’interno del mondo protestante le cariche istituzionali più importanti, come quella di presidente del Sinodo. Dal 2003 è stata consacrata Diacona, termine che deriva dal greco diaconos ovvero servizio, da offrire agli ultimi, occupandosi sul campo delle tematiche sociali.
Com’è cambiata la sua vita da allora?“E’ cambiata totalmente. Ero molto felice di fare l’avvocato anche se, allo stesso tempo, ero già molto impegnata nella vita della chiesa. Ma quella di diventare diacona è stata una richiesta che mi è stata rivolta, una vocazione ricevuta in modo per me sorprendente. Dopo averci riflettuto attentamente, mi sono messa a disposizione. Sono felice di averlo fatto e di affrontare in modo positivo anche gli aspetti che possono apparire più disagevoli del ministero, come la durata massima di 7 anni degli incarichi e il conseguente trasferimento in una città diversa”.
Unità nella diversità
Lei è stata la prima metodista, cioè una rappresentante della minoranza all’interno della chiesa Valdese dove il rapporto è di un membro a quattro, ad essere eletta. Questo comporterà dei cambiamenti nella linea politica?“Fino a qualche anno fa l’elezione di una metodista non sarebbe stata neppure pensabile, nell’immaginario di tutti il moderatore non poteva che essere espressione della maggioranza valdese. Ora è successo, si vede che la chiesa era matura per questa scelta. Si tratta di una dimostrazione di unità nella diversità la cui piena valorizzazione sarà certamente uno degli elementi che guideranno la mia attività”.
La “giusta rotta” sono i corridoi umanitari europei
Con la campagna la Giusta rotta la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, insieme alle ong Open Arms e Sea watch promuove l’estensione dei corridoi umanitari europei alla Libia con la concessione di 50mila visti umanitari per i migranti che arrivati in quel paese, subiscono torture e violenze di ogni genere. La bozza di accordo raggiunto a Malta dai ministri dell’Interno di Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta ( ma mancavano Spagna e Grecia i due paesi in testa alla classifica degli sbarchi nel mediterraneo) rappresenta, a suo avviso, un passo in avanti nella politica europea di gestione del fenomeno immigratorio?
L’Europa può beneficiare dell’arrivo dei migranti
“Senza voler essere troppo critici, come chiesa valdese ci auguriamo che il testo finale dell’accordo preveda che l’Europa si faccia carico del salvataggio di tutte le vite umane, non solo di quel 10 per cento di migranti imbarcati sulle navi delle ong o delle guardie costiere. Serve un salto culturale da parte di tutti i paesi membri della Ue. Una politica che riconosca che l’Europa, che desta preoccupazione per il suo invecchiamento, può beneficiare dell’arrivo dei migranti, anche di quelli che vogliono solo migliorare le proprie condizioni economiche, per la loro energia e la loro capacità di investimento nel futuro. Noi dobbiamo essere capaci di contagiare con i nostri valori fondativi le culture “altre” ed esserne contagiati a nostra volta. E’ un percorso che stiamo sperimentando con chi arriva nelle nostre chiese per ricevere assistenza, è molto faticoso raggiungere risultati, ma la chiusura non porta a niente di buono”.“Le nostre chiese hanno raccolto a suo tempo le firme per l’approvazione di una legge di iniziativa popolare che estendesse la cittadinanza agli immigrati, secondo il criterio dello ius culturae che a noi sembra una priorità per il nostro Paese. Ma mi rendo conto che non sono cose facili da spiegare. Si tratta di un tema poco popolare che non porta voti ai politici e consensi anche alle stesse chiese, accusate negli ultimi tempi per questo di “buonismo”. Resta il fatto che la politica con la P maiuscola è quella che fa le cose giuste è lungimirante e vola alto. I politici dovrebbero riuscire a spiegare che lo ius culturae è una battaglia di civiltà del paese, indipendentemente dall’appartenenza politica. Riguarda la qualità della convivenza con l’Altro, l’inserimento nella società italiana di chi frequenta le scuole, e magari è nato in Italia, con possibilità di sviluppo molto positive. Servirebbe un po’ di umiltà della politica per aprire un dialogo paziente soprattutto con coloro che non sono della propria idea, mettendosi in ascolto delle ragioni di chi, magari, ha solo paura”.
La sentenza della Corte Costituzionale sul fine vita
La Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di Marco Cappato, che rischiava dai 5 ai 12 anni di carcere per aver accompagnato nel febbraio 2017 il dj Fabiano Antoniani, tetraplegico in seguito a un incidente, a morire in una clinica Svizzera, ha aperto alla possibilità di avvalersi in Italia della pratica del suicidio assistito “in attesa di un indispensabile intervento del legislatore“. Il divieto assoluto di aiuto al suicidio finirebbe – secondo la Corte – per limitare la libertà di autodeterminazione del malato, prevista dalla Costituzione e sarebbe lesivo del principio della dignità umana”. La sentenza ha suscitato critiche veementi da parte del fronte cattolico. Il Parlamento è spaccato in merito al testo di legge che si fa attendere da anni. Come vi ponete voi prtestanti nei confronti di questa delicata tematica?
Al di sopra di tutto deve esserci la laicità dello Stato
“Noi ci schieriamo dalla parte di chi sostiene che dovrebbe partire su questo tema un dibattito serio. Le chiese valdesi e metodiste hanno istituito una commissione che da anni riflette sui problemi etici posti dalla scienza. Questa commissione ha approvato a maggioranza un ordine del giorno che apre, a certe ristrettissime condizioni, alla possibilità di suicidio assistito. Il nostro Sinodo lo ha inviato alle chiese come base autorevole per aprire un dibattito senza pregiudizi: al di sopra di tutto esiste la laicità dello Stato che deve tutelare i diritti di tutte le persone. Si tratta di questioni assai delicate, rispetto alle quali la legge dovrebbe il più possibile favorire scelte personali e responsabili, senza la pretesa di definire e imporre Verità”. I cattolici, però, hanno attaccato duramente la sentenza e l’Ordine dei medici di Roma, il più numeroso, ha annunciato l’obiezione di coscienza da parte dei propri iscritti . “La chiesa cattolica deve essere libera di manifestare il suo pensiero, ma le valutazioni e le convinzioni di fede non possono trasformarsi in leggi obbligatorie per tutti. Lo stato deve preservare la sua laicità, garantendo all’interno dello spazio pubblico il diritto di tutti a esprimersi liberamente, ponendo come condizione l’accettazione e il rispetto della stessa libertà degli altri. Per questo una delle battaglie fondamentali dei protestanti italiani è stata da sempre quella per il riconoscimento di una piena libertà religiosa nel nostro paese”.
Francesca Cusumano
(1 ottobre 2019)
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