Dall’Afghanistan dei signori della guerra: l’attivista Malalai Joya

Malalai Joya è una attivista afghana. Nel lontano 2003 è stata eletta come delegata alla grande assemblea del popolo afghano, la Loya jirga; in tale circostanza, Malalai ha denunciato la corruzione dilagante del sistema politico ed istituzionale del suo paese, una corruzione operata e perpetrata dai “signori della guerra”: politici corrotti, narco -trafficanti. Nel 2007 Malalai è stata allontanata dall’ambiente parlamentare e, ad oggi, vive sotto scorta a causa delle numerose minacce ricevute. Nonostante ciò continua a portare avanti la sua opera di denuncia e sensibilizzazione anche in questi giorni a Roma.

Malalai Joya: l’attivista afghana che denuncia i crimini dei “signori della guerra” – foto di Osservatorio Afghanistan

Quale è l’attuale situazione in Afghanistan?
“Il nostro paese è corrotto. Succedono cose terribili in Afghanistan: c’è un alto tasso di mortalità infantile, casi di suicidi tra le donne e dipendenza da droga. Esistono molti report, ad esempio in uno veniva denunciata la scomparsa di alcuni fondi. Si è scoperto che finivano nelle tasche di un politico. Ma accadono anche cose piacevoli in Afghanistan, episodi che lasciano intravedere speranza: conosco un uomo che fa 14 km in moto per accompagnare le figlie a scuola. E non molto tempo fa c’è stato un attacco kamikaze presso una università privata ci sono stati circa cinquanta morti. Si pensava che l’università avrebbe chiuso, invece i ragazzi hanno ripreso a frequentarle e a studiare”.

In che modo si stanno muovendo le nuove generazioni?
“La popolazione ha raggiunto la consapevolezza che la crescita del paese può far uscire l’Afghanistan da questa situazione. Ci sono state molte manifestazioni e rivolte di civili, alcune di queste si sono trasformate in tragedie portando alla morte centinaia di ragazzi. Per questo, le famiglie impediscono ai propri figli di prendervi parte”.

La produzione e distribuzione della droga è una questione che affligge il vostro paese da sempre. Qual è la situazione attuale?
“La droga è ancora un grave problema. La produzione di oppio è aumentata, così come è aumentato il numero di assuntori. È una tematica anche legata all’immigrazione: coloro che vengono respinti e rimandati indietro iniziano a farne uso – costa poco acquistarla – e si associano ai gruppi talebani per combattere contro il governo. La mafia della droga stessa è al governo così come ci sono molti ministri trafficanti di droga. Esemplificativo è il caso di Fawzia Koofi, giovane politica afghana appartenente ad una famiglia conosciuta per il traffico di sostanze stupefacenti e pietre preziose. È stata una parlamentare, ha scritto libri che in occidente sono diventati best seller. Parla alle donne, si fa portavoce di queste e combatte i talebani. Ma appartiene ad una famiglia che per anni ha controllato il traffico di droga”. Koofi appare in tv, viene intervistata dai media continuamente. Anche Malalai ha scritto un libro e ha vinto premi ma non le è stata mai richiesta né concessa una intervista nel suo paese.

In che modo agiscono i media afghani? Perché i media internazionali non parlano della situazione afghana in questi termini?
“È spaventoso fare un’intervista con i media afghani perché il rischio è che capovolgano tutto quello che dici. I media afghani sono rami e prolungamenti dei media internazionali. I media affrontano alcune questioni in modo superficiale perché sono strumenti nelle mani dei guerrafondai che cercano di canalizzare l’opinione pubblica. Lo fanno per disinformare e non per informare: sono uno strumento per giustificare gli interventi militari nel mondo. La guerra non è solo militare ma anche propagandistica”.

Oltre ai militari statunitensi e ai talebani, ci sono altri gruppi militari presenti in Afghanistan?
“Ce ne sono molti, tra cui l’Isis. L’America cerca di combattere l’Isis per giustificare la propria presenza sul nostro territorio. La stessa Hilary Clinton, durante un discorso, ha confessato di finanziamenti a gruppi terroristici. Ci sono anche 900 militari italiani.”“Molti afghani rimandati indietro da altri paesi- anche il Pakistan si sta adoperando a respingerli- sono costretti ad arruolarsi. Possono decidere di arruolarsi in diverse milizie ma spesso scelgono di aggregarsi ai talebani che li ripagano in dollari. Lo stesso esercito afghano è vergognoso: chi si arruola lo fa perché non ha scelta. Ogni giorno arrivano notizie di afghani massacrati. Non vengono istruiti su come combattere. Inoltre, non ricevono nessun tipo di aiuto; c’è un proverbio che recita che “la guarigione viene dopo la morte”, infatti solo quando muoiono i soldati arrivano gli aiuti. L’Afghanistan è un paese corrotto anche da organizzazioni governative straniere, se gli occupanti lo lasciassero probabilmente ci sarebbe ancora caos. Dicono di combattere il terrorismo ma lo fanno con le bombe e dopo anni si riscontrano casi di bambini con problemi alla pelle a causa delle contaminazioni. Anche i campi sono contaminati, gli agricoltori sono costretti ad emigrare. Per la nostra gente, i russi socialisti hanno rovinato la parola socialismo ora gli americani stanno rovinato la parola secolarismo perché nel nome del secolarismo hanno diffuso immoralità nella società afghana”.

Qual è la tua vita ora?
“I miei nemici mi conoscono bene, sanno che continuo a vivere in Afghanistan. Conoscono i dettagli della mia vita e sanno che non troveranno mai nessun elemento collegato alla corruzione. Cercano di isolarmi ma continuo a resistere contro la disinformazione costante: se prima ero fuoco, ora sono incendio. Ho fatto tanti sacrifici, per molto tempo sono stata lontana dai miei figli e ora sono costretta ad incontrare le persone di nascosto. Continuo a resistere perché penso che quello che faccio un giorno darà i propri frutti, un giorno. Mi dispiace continuare ad incontrare persone che hanno sofferto, resisto anche per loro e per coloro che hanno perso durante la guerra”.

Malalai Joya, (a destra): l’attivista afghana che denuncia i crimini dei “signori della guerra”

Giada Stallone(11 dicembre 2019)
Traduzione di Morteza Khaleghi

Leggi anche: