Scongiurato il rischio dell’espulsione dai centri di accoglienza dei 1428 titolari di protezione umanitaria, prevista dai decreti sicurezza (DL. 113/18 e L. 132/18), si resta in attesa delle modifiche consistenti a quei decreti, promesse dal Governo e per le quali il Ministero dell’Interno ha già predisposto uno schema tecnico- giuridico.
Il decreto ministeriale, che ha evitato la situazione di ingovernabile emergenza che si sarebbe creata con le espulsioni e il conseguente ulteriore aumento di irregolari, proroga fino a giugno 2020 i finanziamenti ai progetti attivi nelle strutture del sistema Siproimi, “per consentire agli Enti Locali di proseguire le attività progettuali nelle more della valutazione e approvazione delle domande di prosecuzione dei progetti per il triennio 2020-2022”.
Al decreto si aggiunge la determinazione del Ministero a procedere alla realizzazione di misure di “accompagnamento all’autonomia e all’inclusione dei titolari di protezione umanitaria” in uscita dal sistema Siproimi; il fondo FAMI (Fondo Asilo Migrazione Integrazione) finanzierà con 8.296.880€ le risorse assegnate agli Enti Locali, in particolare per misure di inserimento abitativo, lavorativo e sociale, e di accompagnamento amministrativo.
L’accoglienza tra mancanza di programmazione e normativa volta all’esclusione
Le misure, sicuramente opportune, non cambiano però il quadro fallimentare e confuso del sistema di accoglienza in Italia, che richiede urgentemente non tanto la revisione quanto piuttosto lo smantellamento dei decreti sicurezza, che hanno causato:
- la riduzione dei finanziamenti alle strutture di seconda accoglienza, soprattutto quelle di accoglienza diffusa, con la diminuzione
– delle rette giornaliere pro-capite (da 35€ nel 2018 a 21,35€ nel 2019, cioè — 39%);
– dei posti disponibili (da 35.881 nel 2018 a 33.625 nel 2019);
– dei progetti di accoglienza e integrazione (da 877 nel 2018 a 844 nel 2019); - l’affollamento dei Centri di prima accoglienza, per i quali sono previsti affidamenti diretti delle Prefetture anche a enti profit (infatti l’80% di tali affidamenti è andato a strutture alberghiere e simili);
- il potenziamento dei CPR (Centri per il Rimpatrio), per i quali sono aumentate le risorse da 3,9 milioni nel 2018 a 11,4 milioni nel 2019.
La conseguenza della riduzione di finanziamenti stabilita dai decreti Salvini, oltre alla contrazione del numero di operatori nei progetti Sprar, è che le gare per i bandi – procedura prevista per ottenere il finanziamento dei progetti di accoglienza e integrazione – sono andate deserte, soprattutto nelle regioni del Centro Nord, in particolare Toscana e Emilia Romagna, dove il Terzo settore ha una forte strutturazione territoriale. Per esempio la stessa Oxfam Italia, che gestiva numerosi centri di accoglienza di piccole dimensioni ha rinunciato perché, stanti i miseri finanziamenti appena sufficienti per vitto e alloggio, è impossibile attuare progetti dignitosi di integrazione o di sostegno.
Inoltre, se non verrà modificata la vigente normativa, a fronte dell’aumento del fondo per i rimpatri si prevede un ulteriore calo di circa 150 milioni delle spese per l’accoglienza, secondo una stima del report 2019 di Openpolis e ActionAid.
L’accoglienza: strutture e numeri del sistema
- 1a accoglienza – Comprende hotspot e centri di 1a accoglienza. Ha sostituito: i CPSA (Centri di primo soccorso e accoglienza); i CdA (Centri di Accoglienza); i CARA (Centri per Richiedenti Asilo). Difficile accedere a informazioni sul loro funzionamento.
Al 20 maggio 2019 gli immigrati presenti erano 114.176, di cui 90.000 negli hotspot, che sono 4: Pozzallo, Taranto (il più grande, con 400 presenze), Messina, Lampedusa.
- 2a accoglienza: SIPROIMI – Comprende gli immigrati che hanno ottenuto lo status di rifugiati o protezione sussidiaria (prima negli SPRAR) e i Minori non accompagnati.
Secondo l’ultimo Rapporto Sprar-Siproimi, aggiornato a dicembre 2018, dei 41.113 beneficiari il 52,5% ha un’età tra 18 e 25 anni, provenienti prevalentemente dall’Africa sub-sahariana; il 16,5% sono donne, provenienti prevalentemente da Siria, Nigeria, Somalia; ; il 13% sono minori.
Per il cattivo funzionamento del sistema molti richiedenti asilo permangono nel circuito della 1a accoglienza, nei CAS, di cui era invece prevista la cessazione.
La non accoglienza: i CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio)
Nati con il nome di CPT (Centri di Permanenza Temporanea), con la Legge Turco-Napolitano del 1998, poi CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) nel 2011 con il Governo Berlusconi, diventano CPR con il DL. 13/2017. Nei primi 6 mesi del 2019 le persone trattenute sono 2.267, di cui rimpatriati 1.022, il 45%, a cui vanno aggiunte le espulsioni per procedimenti penali, che fanno salire gli espulsi a 2.839. Attualmente queste strutture di detenzione, permanenza 6 mesi, sono 7, collocate in 5 regioni, ma si prevede che aumentino fino a 11 su tutto il territorio nazionale.
Fonte dei dati sul sistema di accoglienza e sui CPR: https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/upload_file_doc_acquisiti/pdfs/000/001/791/Memorie_Prefetto_Michele_Di_Bari.pdf
Luciana Scarcia
(13 gennaio 2020)
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