Riconsiderare la storia dell’Africa come storia dell’umanità intera; strappare l’Africa dai cliché folkloristici e dagli stereotipi che sfuggono anche al setaccio del politicamente corretto; diffondere il più possibile la dimensione e l’esistenza di un dibattito culturale molto vivo nel continente africano, ma soprattutto promuovere l’interculturalità in un momento in cui sempre di più si avverte la presenza degli africani tra noi. Questi sono gli obiettivi più significativi cui mira la promozione dell’insegnamento della storia africana nelle scuole, esposti dal professor Mahougnon Sinsin, originario del Benin e docente di Filosofia della conoscenza e Logica presso l’Università Pontificia Salesiana, nel suo volume Insegnare la storia dell’Africa: Contenuti teorici e orientamenti pedagogici. Il manuale è stato realizzato all’interno del progetto Sostenibilità e Interculturalità: da concetti teorici a competenze agite, promosso da Aics, Centro Elis, Africasfriends e l’African Summer School Italy, per promuovere l’insegnamento della storia africana nelle scuole italiane, coinvolgendo sia alunni che docenti.
Se ne è parlato venerdì 17 gennaio a Roma, in via Vittorio Amedeo II,14 nel corso dell’incontro Narrazioni ritrovate: l’insegnamento della storia dell’Africa come strumento di empowerment per studenti e docenti.
Storia dell’Africa: il punto di vista degli europei
La narrazione della storia africana è una narrazione viziata dal nostro punto di vista: quando non rappresentata soltanto come bacino di diffusione di immigrati, l’Africa non viene valorizzata mediaticamente come continente composto da ben 54 paesi. Appare piuttosto un blocco unitario, endemicamente affetto da povertà, guerre e sottosviluppo. Questa cattiva narrazione si ripercuote poi concretamente nella realtà orientando scelte politiche, come nell’esempio riportato dall’attivista eritrea Mehret Tewolde dell’Associazione Le Réseau, per cui l’obiezione ormai tipica dell’impossibilità per gli imprenditori stranieri di investire in paesi africani perché vittime di instabilità politica e di conflitti, trova una clamorosa smentita nella facilità con cui i paesi occidentali decidono di stringere accordi commerciali con i paesi del Golfo, da decenni focolai di conflitti di varia entità.
Gli europei, nel corso della storia, hanno plasmato l’Africa a misura dei propri interessi: l’hanno divisa, impoverita, sfruttata; hanno fatto del Sahara un mare che divide gli africani neri del sud dagli africani bianchi del nord, hanno cancellato culture millenarie imponendo la propria. Tutto questo appare nel dibattito attuale come un enorme rimosso, tuona Ndjock Ngana dell’associazione Kel’lam.
Anche il linguaggio tradisce una visione eurocentrica: per un vero paradosso l’appellativo “vecchio continente” non viene attribuito al continente africano, che pure è quello popolato fin dai tempi più remoti e culla del genere umano, ma a quello europeo. Sembra quasi che l’Africa non abbia diritto di vedersi riconosciuta una storia, un passato.
L’Africa nelle scuole
Il fenomeno è forse ancora più evidente scorrendo i curricoli scolastici della scuola italiana, in cui, ad eccezione dell’età preistorica fino ad un’antichità popolata di “faraoni egiziani straordinariamente bianchi”, come denuncia Bertrand Honore Mani Ndongbou di CAMROL – associazione camerunense di Roma – di Africa si inizia a parlare diffusamente soltanto a partire dal processo di colonizzazione europea. Il punto di vista, dunque, appare viziato in senso eurocentrico.
La promozione della storia africana all’interno delle scuole si configura, pertanto, come un’operazione culturale di più larga portata, perché implica la necessità di riequilibrare la storia europea e finisce per promuovere in questo modo anche l’educazione alla cittadinanza.
Questo assunto è alla base del progetto Sostenibilità e intercultura dell’African Summer School e altri partner, avviato 7 anni fa, che ha coinvolto centinaia di studenti e docenti delle scuole del Lazio e del Veneto. Ma anche del progetto promosso dall’associazione Le Réseau negli istituti tecnici della provincia di Parma.
In realtà ad oggi le scuole italiane sono letteralmente sommerse di progetti che tentano con diversi strumenti di promuovere il contatto e la conoscenza delle comunità straniere in Italia. Il rischio sempre in agguato è quello di rimanere ancorati al progetto senza alcun serio ripensamento dei programmi scolastici.
Non è stato questo il caso dell’I.C. Rosmini di Roma e del suo dirigente Giuseppe Fusacchia. L’incontro occasionale con un gruppo di operatori del CAS situato in prossimità dell’edificio scolastico ha dato avvio ad una serie di iniziative che hanno coinvolto gli alunni e gli ospiti del centro. A queste si è affiancato un serio ripensamento dei programmi scolastici che ha portato alla realizzazione di un network, aperto a tutte le scuole, in cui vengono forniti materiali didattici multidisciplinari per insegnare l’Africa agli alunni delle scuole primarie e delle secondarie di primo grado.
Silvia Proietti
(21 gennaio 2020)
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