Un mondo rovesciato, tenuto da due mani, è il logo di JNRC, il Joel Nafuma Refugees Center: “Sosteniamo tutte quelle persone che sono vittime di un mondo che va al contrario”, spiega Piero Rijtano, Daily Operation Director del centro. Rifugiati, richiedenti asilo, senza tetto. Ospitato nella cripta della Chiesa anglicana episcopale di San Paolo entro le Mura, in via Nazionale, il JNRC offre uno spazio di accoglienza aperto a tutti: c’è chi si ritrova con i propri amici, chi guarda la televisione, chi gioca a biliardino, chi utilizza il computer per studiare o cercare lavoro.Dal 2010 Nasim, il cuoco afghano, distribuisce ogni mattina la colazione “al sacco”: crackers, mele, uova sode e tè. In una sala, piccola ma ordinata, Mamadou, del Gambia, accoglie gli ospiti: è il guardaroba del centro, che fornisce indumenti, scarpe, biancheria, sacchi a pelo, ma anche altri materiali, come quelli utili per la scuola. Il primo aiuto offerto dal JNRC è quello di tipo umanitario: tra i bisogni più urgenti c’è anche quello dell’assistenza legale, “cruciale dopo il Decreto Sicurezza”. “Il centro però va oltre l’emergenza e l’assistenzialismo”, afferma Giulia Bonoldi, Program and Development Director: “le persone che vengono qui, oltre alle prime necessità, hanno il bisogno di ricostruire la propria persona per superare i traumi del viaggio”. Per questo il centro agisce oltre l’assistenza e si orienta in un’ottica di sviluppo, attraverso diversi programmi, come la scuola di italiano, inglese e tedesco, corsi di informatica, di orientamento al lavoro, laboratori di arteterapia e sartoria.Erano gli anni Ottanta quando il Reverendo Wilbur Woodhams invitò il prete ugandese Joel Nafuma, scampato dal regime di Idi Amin, ad assumere un ruolo di guida per gli africani che arrivavano alla chiesa di san Paolo entro le Mura. All’epoca erano numerosi i rifugiati che approdavano a Roma a seguito delle guerre civili che scuotevano l’Africa. Dopo Joel Nafuma, il lavoro di assistenza è andato avanti in maniera sempre più consolidata, finché nel 1987 il centro si è strutturato in maniera autonoma dalla chiesa e, tramite il passaparola e la vicinanza con la stazione Termini, ha iniziato ad accogliere persone da ogni paese del mondo, divenendo un centro di aggregazione sempre più multiculturale. “Ogni giorno arrivano qui tra le 150 e le 200 persone” spiega Giulia Bonoldi. “Diamo uno spazio di accoglienza e protezione a coloro che hanno bisogno di un posto sicuro dove stare”. Nel 2012, il JNRC ha registrato ospiti provenienti da 32 paesi differenti, la maggior parte dei quali provenienti da Afghanistan e Pakistan. Ad oggi si parlano nel centro quindici lingue diverse, un microcosmo in cui uomini e donne, di qualsiasi religione e nazionalità, si incontrano.È un piccolo mondo che cambia sempre volto, anche a causa del continuo ricambio degli ospiti, che ogni anno sono circa 12 mila, un numero che si è intensificato negli ultimi tempi. Nel 2019, Mali, Nigeria, Gambia e Somalia sono stati i paesi da cui proveniva la maggior parte degli ospiti, il 65% dei quali di un’età inferiore ai 30 anni. Negli ultimi anni sta crescendo anche il numero di latino-americani, tra i quali c’è un’alta percentuale di donne: Perù, Ecuador, Venezuela.Il Joel Nafuma Refugess Center si avvale di uno staff, diretto dal Reverendo americano Austin K. Rios, e di circa 60 professionisti volontari, coordinati da Mansur Nadri, e che offrono la loro competenza al servizio della mission del centro. Per sostenere le attività e i programmi di sviluppo e inclusione sociale, si può fare una donazione al centro o partecipare agli eventi di fundraising, occasioni di incontro e di networking tra le realtà associative del territorio.
Elisabetta Rossi(05 febbraio 2020)
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