Yemisi è arrivata dalla Nigeria, Wafaa dal Marocco, Marie dalla Guinea, Henrica dal Congo, Safia e Amira dalla Somalia, Viviane dalla Costa d’Avorio. Poi ci sono Lamine che viene dalla Guinea, Blaise dal Congo, il siriano Yousef e Mohammad Kavari, l’afgano che è il fotografo ufficiale di tutto il progetto.Sono le donne e gli uomini, rifugiati, protagonisti del Business Lab un progetto messo a punto dalla cooperativa sociale Siamo che ha vinto il bando 2019 promosso da INTERSOS e UNCHR dal titolo: “PartecipAzione – Azioni per la partecipazione e la protezione di rifugiati” per supportare la formazione lavorativa dei rifugiati sul territorio. Una finalità quella dell’integrazione socio-economica di giovani rifugiati che costituisce la “mission” della cooperativa nata nel 2014 come impresa sociale per aiutare i giovani che cercano lavoro a “inventare” il proprio lavoro, mettendo in contatto la domanda del territorio con chi quella domanda possa soddisfare.Oltre ai rifugiati ci sono anche cinque ragazzi italiani che stanno partecipando agli incontri: le romane Sara e Fiamma, entrambe con laurea in scienze politiche, Emma di origine congolese, Sara di origine tunisina e Marta, studentessa di Macerata. Tutti interessati al mondo della Cooperazione allo Sviluppo.“La loro presenza – spiega Beatrice Fagan, project manager della Cooperativa – è fondamentale perché al centro della nostra idea c’è il concetto di mutuo scambio di conoscenze, esperienze e competenze, tra persone che provengono da esperienze di vita diverse e da paesi differenti. Via via nel corso degli incontri – aggiunge Fagan – si sono aggiunti altri partecipanti nella veste di uditori: Ariful dal Bangladesh, Honest dalla Nigeria, Cheick dalla Mauritania e Kanita che viene dall’Albania”.I laboratori che si svolgono nell’Istituto salesiano del Sacro Cuore alla stazione Termini, sono iniziati il 13 luglio e finiranno il 19 ottobre per un totale di 35 ore complessive.Il 70 per cento del gruppo è composto da donne, in linea con gli obiettivi del bando PartecipAzione 2019 per l’empowerment femminile, ma i criteri di selezione degli iscritti hanno riguardato la conoscenza della lingua italiana parlata e lo spirito di iniziativa di ognuno, oltre alla motivazione: voler accrescere le proprie capacità a seconda dei propri interessi o della propria formazione di base.Sette i profili professionali in base ai quali è stato condotto lo “screening”.:
- product designer: buone doti creative e manuali, interesse in attività manifatturiere;
- branding e marketing: attitudine comunicativa, alla vendita, alla sponsorizzazione e creatività commerciale;
- eco-bio: interesse per il consumo etico e responsabile, riciclo creativo, promozione di prodotti biologici ed ecosostenibili;
- formazione: attitudine all’insegnamento, buone doti comunicative;
- vendita e comunicazione: doti relazionali, attitudine redazionale, passione e interesse per la scrittura ed il raccontare;
- tecnico: interesse e potenziale per l’utilizzo degli strumenti IT (PC, internet, Office, creazione di contenuti multimediali);
- imprenditoriale: attitudine imprenditoriale e commerciale.
Blaise che è laureato in ingegneria, aspira a creare una propria piattaforma commerciale, le due ragazze somale vogliono ideare gioielli e Yemisi, che al corso è sempre presente con i suoi due figli, vuole realizzare borse e gonne con le stoffe africane, Mohammad è già specializzato nei video e nei reportage sul lavoro della cooperativa.
Raccontare sè stessi e la propria storia
“Attraverso i laboratori i ragazzi stanno imparando – è sempre Fagan che parla – a raccontare sé stessi, la propria storia e a veicolarla attraverso i prodotti ideati. Avranno anche l’opportunità di confrontarsi con una giuria all’interno di un Contest LAB in cui saranno scelti i prodotti migliori da lanciare per la campagna #SIAMOumani Natale 2019”.
Hijab Paradise
Nel ruolo di insegnanti, oltre agli esperti previsti all’interno del progetto, si sono succeduti negli incontri con i ragazzi “testimonial di successo”. Gente che ce l’ha fatta partendo da un idea. Tra loro Keltoum imprenditrice marocchina di 24 anni che, avendo sentito parlare del Business Lab di Roma, ha offerto la sua disponibilità a partecipare a un incontro, trasferendosi appositamente da Bologna per raccontare ai ragazzi la propria esperienza. Keltoum, arrivata in Italia a 8 anni e diplomata ragioniera, ha aperto “Hijab Paradise”il primo negozio in Italia di abbigliamento per donne musulmane dove vende hijab, camicie e pantaloni in linea con i codici dei musulmani osservanti ed è diventata il punto di riferimento, attraverso instagram, per moltissime donne musulmane che vivono in Italia.Altra insegnante con una storia del tutto particolare è Sohila, una rifugiata iraniana laureata a Tehran in Arte e design, che per la cooperativa segue la produzione di gadget e bomboniere eco sostenibili e negli incontri dei laboratori assiste gli studenti nelle loro realizzazioni. Sohila, 31 anni, è scappata dall’Iran nel 2012 lasciando a Tehran i genitori e una sorella più piccola. In questi anni ha fatto molti e diversi lavori, poi ha trovato la cooperativa “Siamo” che l’ha accolta e ha valorizzato la sua formazione artistica fino a farla diventare socia. “Oggi sono tranquilla – racconta Sohila – ho una casa dove vivo da sola e un lavoro che mi piace”.
Francesca Cusumano(12 settembre 2019)
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