Un viaggio culinario tra sapori del mondo nel ristorante “Altrove”

Sedersi a un tavolo di “Altrove” nel quartiere della Garbatella,  significa compiere un viaggio culinario tra i vari sapori del mondo attraverso i piatti preparati in cucina da uno staff davvero molto variegato.Si può partire dal maftoul, cous cous palestinese  con verdure grigliate, mirtilli rossi e mandorle tostate, o dalla mechouia, la gustosissima insalata tunisina, preparazioni del cuoco egiziano, Mohamed, oppure assaggiare la fregola sarda con le vongole, piatto tipico isolano, preceduto da un “giro dei mezzè”, antipasti misti composti da polpettine fritte di melanzane e basilico con salsa tzatziki, gaspacho andaluso, hummus di ceci accompagnato dal pane pita, tempura vegetale e i falafel di fave con spuma di pecorino Entrambi cucinati con maestria da un’altra cuoca, questa volta ucraina, AlinaGodwin, nigeriano di 25 anni, quando è arrivato – racconta il direttore di Altrove, Sandro Balducci – non aveva mai visto e tantomeno mangiato un piatto di spaghetti. Lui voleva fare il sarto. Ora prepara il brunch tutti i giorni al ristorante insieme alla sua collega peruviana, Elizabeth. In pasticceria con il mastro pasticciere Valerio Parisi e con Francesco, c’è Mamadou che prepara una memorabile tarte citron a base di crema di limone e passion fruit avvolta da meringa bruciata.

Le polpettine di melanzane servire con lo tzatziki
Cuochi “in erba”, rifugiati, migranti o ragazzi di seconda generazione che hanno avuto la fortuna di frequentare tra il 2016 e il 2017 il corso MaTeChef , promosso all’interno del Centro Giovani e Scuola d’Arte “MaTeMù” del Cies,  nell’ambito dello Spazio di Orientamento alla Formazione e al Lavoro (SOFeL).    Quattro i corsi di formazione in gastronomia interculturale per 60 giovani italiani e stranieri con le qualifiche di addetto di cucina, addetto di sala/bar e pasticcere.
Godwin, il cuoco nigeriano
A partecipare ai corsi ragazzi italiani, ragazzi di seconda generazione di origine straniera e  giovani rifugiati. Tutti hanno avuto l’opportunità di effettuare alla fine dei corsi, tirocini retribuiti di tre mesi, poi 13 di loro sono stati assunti con un contratto di apprendistato nel nuovo ristorante Altrove, creato dal Centro due anni e mezzo fa, come impresa sociale per sostenere  i progetti sociali e no-profit del CIES.
Lo staff in cucina con la chef Claudia Massara, lo scrittore Alessandro Baricco e la presidente del Cies Betta Melandri

Un luogo di formazione continua

Allo stesso tempo il lavoro nel ristorante di via Gerolamo Benzoni , rappresenta un progetto di integrazione socio-lavorativa che offre opportunità concrete a chi è in difficoltà, ma anche come luogo di formazione continua, che si realizza sia nella pratica di tutti i giorni, sia quando i suoi spazi si trasformano in vere e proprie aule e laboratori. “La cucina di Altrove – spiega la presidente del Cies, Etta Melandri, nasce dalla voglia di raccontare realtà lontane dalla nostra, dall’apertura verso altre culture e dall’incontro di persone provenienti da Paesi diversi. Allo stesso tempo, la sfida è fare dei principi etici del CIES anche un valore che generi reddito, da reinvestire nella mission stessa, rendendo i programmi e progetti, almeno in parte, autonomi dai finanziamenti pubblici o privati”.

Fuochi in cucina…
 Ognuno dei ragazzi arrivati prima a Matemù e poi al ristorante ha una sua storia. Mamadou il pasticciere, viene dalla Guinea, ha 20 anni. In Italia è arrivato tre anni fa, sbarcato ad Agrigento da un gommone di trafficanti di uomini.  A Roma ha finito per trovare Matemù e la sua vita ha cominciato a  prendere una piega nuova. “Mi piace – dice –   vedere la gente felice dopo aver mangiato un mio dolce”.  Godwin, anche lui arrivato in Italia con un viaggio dalla Libia insieme ad altre 400 persone, dice di aver scoperto con grande sorpresa che anche un uomo poteva diventare un cuoco, visto che in Nigeria “sono solo le donne a cucinare”. Wafaa, marocchina, è addetta ala sala. Indossa il velo e non può bere nè toccare una bottiglia di vino. Ma proprio a lei è toccato in sorte – racconta Balducci – di vendere la prima bottiglia di champagne da 70 euro a una signora che voleva festeggiare una ricorrenza. “A quel punto Wafaa ha preso l’ordine e se l’è cavata facendo portare la bottiglia”al tavolo da un altro cameriere…”.
Lo staff al completo
 Lilli, un’altra addetta alla sala è una rifugiata ambientale che viene da Haiti. E’ scappata dal suo paese con i genitori 9 anni fa quando ci fu il terremoto. Alessandra è per metà pakistana e per metà togolese d’origine, ma lei nonostante le apparenze, è nata qui “romana di roma”. Con loro in sala c’è anche Luca, un italiano, che si sta laureando in ingegneria, ma intanto si guadagna da vivere.

La differenza come risorsa

La differenza vista come risorsa è la ricchezza donata ad Altrove dai ragazzi  “diplomati” al corso di Matechef  che portano  in cucina i sapori, i colori e le tradizioni della propria terra d’origine, sapientemente utilizzati dalla chef, Claudia Massara. Il risultato è una rivisitazione delle nostre ricette tradizionali in chiave interculturale, da proporre nei vari menù che hanno fatto guadagnare al locale, in un solo anno di vita, un posto nella classifica dei 30 migliori ristoranti di Roma segnalati da una nota rivista americana.

Il matfoul palestinese a base di verdure grigliate, mirtilli e mandorle tostate
 “Il cibo che proponiamo – dice ancora la Melandri – può essere definito  etico, ossia buono da tutti i punti di vista, nel sapore e in ciò che rappresenta per le persone e per l’ambiente. Le materie prime sono scelte da aziende impegnate nella tutela dell’ambiente, nel rispetto delle persone che vi lavorano e nel rispetto degli animali a cui sono evitate inutili sofferenze. La raccolta della frutta e delle verdure, è effettuata da aziende che escludono il lavoro soggetto al caporalato e che hanno cura di evitare veleni e inquinanti utilizzati dalle coltivazioni intensive”.

di Francesca Cusumano

4 giugno 2019

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