Ventuno studenti, quattro uomini e diciassette donne. Sette paesi diversi: Bangladesh, Egitto, Marocco, Colombia, Nuova Zelanda, Stati Uniti d’America, Venezuela. Ogni giovedì i volontari di Piuculture Adele Nannetti, Riccardo Bignardelli, Andrea Bartolini, Laura Muzi incontrano gli studenti nelle classi del plesso Don Bosco, a pochi metri da Piazza Sempione.
Lezioni di italiano a stranieri adulti: il corso di Piuculture
Il corso di italiano di Piuculture, che si svolge ogni giovedì, è iniziato nel novembre dello scorso anno e si concluderà a maggio. Si rivolge a stranieri adulti: molti di loro sono genitori dei bambini che frequentano la scuola. “L’Istituto si è occupato delle iscrizioni e ci dimostra un grande supporto nel seguire le attività”, spiega Riccardo Bignardelli. “La Professoressa Efenesia Baffa svolge un’azione determinante per la soluzione di problemi di ordine organizzativo e logistico”.”Ai nostri corsi arrivano principianti assoluti e studenti con un livello più avanzato, che si preparano anche in vista dell’esame per la certificazione”, spiega Laura Muzi, che da tre anni è una degli insegnanti volontari di Piuculture. “Dimostrano un grande impegno e poi per loro venire qui è anche un’opportunità di stringere relazioni e fare scambi culturali“.
Lezioni di italiano: gli studenti si raccontano
Sono quasi le 17.00, la lezione sta per cominciare. Al primo banco è seduto Javier, 43 anni, colombiano. È in Italia da sei mesi, ha raggiunto sua moglie ed è riuscito subito a trovare lavoro come commesso in un negozio in zona Barberini. “Facevo il commesso anche in Colombia, è un lavoro che mi piace. Nel negozio entrano moltissimi turisti, riesco a parlare in diverse lingue, ma per l’italiano devo ancora migliorare”. E Javier si sta impegnando molto per provare a sostenere l’esame di lingua italiana A2. “Ogni giorno, mentre cammino o vado a lavoro, ho le cuffie dove ascolto gli audio-esercizi in italiano. Anche a casa cerco di fare pratica il più possibile con la televisione. Poi, questa settimana, mi sto esercitando all’ascolto con le canzoni di Sanremo!”.Accanto a lui, è seduta sua figlia Sara, che frequenta la quarta elementare al Don Bosco. “Quasi tutti gli studenti che vengono qui sono genitori o parenti dei bambini stranieri iscritti nella scuola”, spiegano i volontari. Sara, in perfetto italiano, racconta che non ha avuto alcuna difficoltà ad imparare la lingua. Il suo apprendimento è stato veloce, grazie anche alla famiglia e alle sue compagne di classe: “una mia zia che è in Italia da tanto tempo mi spronava a parlare solo in italiano con lei. Poi ho iniziato a parlare in classe quando gli altri studenti mi chiedevano la traduzione in spagnolo di molte parole italiane“.La classe seguita da Andrea conta una maggioranza di donne bangladesi: c’è un solo uomo, Hossain. Joly, Kamarun, Afrin e Sumaya sono le madri di bambini che frequentano la scuola. Due di loro sono in classe e giocano mentre le mamme sono impegnate a coniugare il verbo essere. “Sono venute qui su consiglio dei professori”, spiega Andrea, “per loro è un’opportunità, hanno voglia di studiare, di comunicare con gli altri. Quello che manca è il supporto linguistico per i loro figli in maniera strutturata. Purtroppo, oltre il volontariato, la scuola pubblica non garantisce a tutti gli studenti il diritto di poter imparare, perché apprendere le materie scolastiche se si è appena arrivati in Italia richiede un grandissimo sforzo e spesso scoraggia e mette i bambini in una condizione di evidente svantaggio rispetto agli italiani”.“Il figlio di un mio collega frequenta questa scuola”, racconta Osama, marocchino, in Italia da cinque mesi. Assieme a sua moglie Hajar, segue ogni giovedì le lezioni di Riccardo. Durante una breve pausa dalla lezione, si confrontano sulla vita a Roma con Mark e Miranda, che vivono in Galles, a Cardiff. I loro figli sono studenti della scuola. Miranda è un architetto che ha seguito Mark in Italia per un contratto come professore di fisica all’Università La Sapienza: “Roma è bellissima, imparare l’italiano è divertente, ma questa per noi è una fase di passaggio, torneremo a casa, o chissà, ci sposteremo da qualche altre parte del mondo“, dice Miranda. Anche Osama e Hajar non resteranno a lungo in Italia, ma sentono Roma come una città a loro familiare: “La nostra Tangeri è grande, ha quasi un milione di abitanti, si affaccia sul mare e si incontrano diverse culture, come qui a Roma“.
Elisabetta Rossi(12 febbraio 2019)
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