Pasqua cattolica e ortodossa via web al tempo del coronavirus

È stata, e lo sarà per gli ortodossi che la celebreranno domenica prossima, secondo il calendario giuliano, una Pasqua diversa. L’era del coronavirus si racconterà a figli e nipoti anche per un fenomeno che non si era mai verificato prima, la digitalizzazione della festa religiosa che celebra la resurrezione di Cristo. Unica soluzione, e non una scelta, per permettere a chi crede di seguire la funzione. L’utilizzo del web è servito a riunire famiglie, comunità, diverse generazioni che mai prima si sarebbero incontrate intorno a quello schermo della tv o del computer, persino del cellulare. Domenica scorsa milioni di fedeli si sono collegati da tutto il mondo per seguire in diretta un evento storico: la messa celebrata dal papa di fronte a poche persone in Vaticano e per ricevere l’indulgenza plenaria.

Papa Francesco durante la celebrazione della messa pasquale nella chiesa deserta
Domenica prossima, altri milioni di fedeli nonni e nipoti, ortodossi nelle varie declinazioni inclusi i copti, di nazionalità diverse: romena, russa, moldava, egiziana seguiranno le celebrazioni in diretta che si svolgeranno nelle loro cattedrali e chiese di appartenenza. Nelle testimonianze raccolte sul tema della Pasqua tra diverse ragazze giovani che provengono da differenti paesi del mondo  e studiano o lavorano in Italia, emerge un panorama variegato del rapporto con la sfera spirituale e prevale la poca voglia di festeggiare.Se si esclude Mira che è egiziana copta ortodossa, animata da una fede potente, Carla, brasiliana e dunque cattolica, dice di sentirsi “frustrata e impotente, anche se si augura un futuro di “rinascita”, Dona, filippina, si professa buddista e Nadia, moldava, che lavora nel turismo, anche se “adesso è tutto fermo”, non pensa a imbandire tavole per le celebrazioni pasquali.

Mira e le preghiere via web

“Abbiamo iniziato a “collegarci” per seguire la messa in diretta domenica scorsa che per noi è la domenica delle Palme” racconta Mira, egiziana figlia di un sacerdote della chiesa copta ortodossa della parrocchia di Monteverde  “e continueremo per tutti questi giorni a pregare via web, per prepararci alla celebrazione della Pasqua, che avrà il suo culmine nella notte del sabato di vigilia. La cosa interessante” fa notare Mira “è che “costretti” dallo stare in casa, sulla rete riusciamo a collegarci simultaneamente con tutte le nostre comunità in Egitto e in Italia. Anche le persone adulte stanno cominciando a rendersi conto dell’opportunità offerta dal web e si sforzano di superare il gap tecnologico  incontrandosiMira nella foto di whatsapp con le sorelle e il nipotino con i giovani in rete per pregare insieme e assistere alle funzioni in diretta: un’abitudine che prima avevano solo i ragazzi, mentre i più anziani frequentavano di più le parrocchie. Nella nostra casa siamo in tanti: mio padre, mia madre, le mie due sorelle, e un nipotino. Mia sorella grande doveva trasferirsi in una casa con la sua famiglia questa primavera – racconta Mira – ma il marito è rimasto bloccato a causa del lockdown e per ora tutto è stato rimandato. In questi anni il lavoro di ognuno ci ha tenuto lontani a causa degli orari diversi che scandiscono la vita di ogni giorno e dunque stiamo apprezzando la possibilità di trascorrere del tempo tutti insieme. Utilizzando il wifi ci collegheremo con le nonne e con mio cognato, in Egitto,  per festeggiare insieme. Cucineremo piatti a base di carne come il kebab e la pasta al forno molto condita e il riso con frattaglie di pollo, visto che in preparazione della Pasqua la nostra religione prevede per un periodo di 55 giorni un’alimentazione a base soltanto di cibo vegano. Ci tengo a sottolineare, però, che se la tecnologia aiuta a superare le distanze, non vediamo l’ora di tornare alle nostre parrocchie per pregare e per stare insieme”.

Nadia e la terrazza condominiale: spiaggia, palestra, biblioteca e balcone sul mondo

Anche per Nadia che è moldava ed è arrivata in Italia più di dieci anni fa, la Pasqua della sua comunità è quella ortodossa, ma ormai fa parte del passato. “Compravamo un “cozonac” – un dolce pasquale simile alla pastiera napoletana – ricorda – e facevamo colazione tutti insieme. A volte veniva a trovarci qualche vicina che aveva passato la notte in piedi in chiesa, a “benedire” i suoi dolci pasquali e ce ne regalava uno, con un po’ d’acqua santa che mia madre custodiva gelosamente nella dispensa senza mai usarla. La tradizione era quella di colorare le uova con le bucce delle cipolle per romperle alla colazione di Pasqua. Chi aveva l’uovo più resistente, sarebbe stato il più fortunato.

Le uova della tradizione pasquale russa ortodossa
In Italia non ho mai imbandito una tavola per Pasqua, ma è probabile che domenica mi colleghi via web con mia madre e i miei zii e veda le loro colazioni pasquali. Per il resto sarà una normale domenica con il mio compagno. Dopo pranzo saliremo sulla terrazza condominiale che in questi giorni è la nostra via del Corso, la nostra palestra, biblioteca, spiaggia e balcone sul mondo e gli racconterò di come passavo la Pasqua da bambina”.

Carla e la voglia di “rinascere” dopo l’epidemia

Diversa la realtà che emerge dal racconto di Carla, cattolica, brasiliana, laureata in chimica, traduttrice e madre di una bimba di quasi 3 anni. È stata una Pasqua diversa “dentro”, utile per riprogrammare il futuro” spiega. “In queste giornate chiuse in casa sto riflettendo sulla vita che ho ora e sulla vita che vorrei avere nell’ipotesi che io potessi “rinascere” dopo questa epidemia. Al momento sono disoccupata. Non è facile stare chiusi in casa con una bimba piccola, senza un giardino, senza poter lavorare. Provo una grande frustrazione e un senso di impotenza”.

Carla in una foto di “repertorio” quando partecipava al Laboratorio “Infomigranti”
“Ma sto cercando di fare del mio meglio nel mio piccolo – aggiunge Carla – per aiutare gli altri con il sito web e la pagina facebook Sonhos na Italia. Nella comunità brasiliana in Italia ci sono tanti precari, lavoratori in nero che sono rimasti senza stipendio e non hanno addirittura da mangiare. Così partecipo alla creazione di una rete di sostegno per distribuire degli alimenti, ma anche per divulgare opportunità di corsi gratis o altri suggerimenti per “approfittare” dei giorni “liberi” e arricchirsi di contenuti”.

Dona Rose: quando la cucina del paese di origine avvicina alla famiglia

Dona Rose è filippina, lavora in banca ed è impegnata nell’associazionismo. Ma il suo è un profilo assolutamente atipico e per questo interessante. “Sono buddista da diversi anni” spiega, “e il mio compagno è ateo, dunque non seguiamo il calendario delle feste cattoliche, al contrario della maggior parte del popolo filippino. Però questo periodo di isolamento ha fatto uscire il Masterchef che è in me e mi ha fatto avvicinare di più alla mia famiglia”, come solitamente succede per le feste. “Mi sono cimentata nel cucinare piatti filippini mai fatti prima e mi sono sentita più vicino ai miei familiari: da che li chiamavo a giorni alterni, oggi li sento anche più volte al giorno”.

Francesca Cusumano(14 aprile 2020)

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