Imago Mundi: il concerto per l’Accademia di Romania

Octobre Musical Festival, Tunis (Tunisia)

Musica da tutto il mondo che riunisca più strumenti possibili e crei una sonorità innovativa. Questo il progetto degli Imago Mundi, uno progetto musicale ambizioso proveniente dalla Romania. Per conoscerli ci sono vari modi. Si può ascoltare su Deezer il loro ultimo album, Isvor. Constantin Brancusi, ma capire cosa esso contenga non è qualcosa di automatico e di semplice. Si tratta di un insieme di immagini, di suoni, di melodie tutte diverse che si concatenano l’una all’altra in una sequenza delicata, morbida e sperimentale. Non è musica semplice, radiofonica. É un album dedicato al più grande scultore romeno, Constantin Brâncuși. E non è nemmeno l’unico album del gruppo dedicato a una figura di spicco nella cultura e nell’arte della Romania.

Ma il modo migliore per conoscere Imago Mundi la offre l’Accademia di Romania  che in occasione della quarantena da poco conclusa, ha organizzato una rassegna di concerti online con alcuni dei suoi artisti di punta. Il concerto degli Imago Mundi si terrà mercoledì 24 giugno alle 15 in diretta sulla pagina Facebook dell’Accademia di Romania, che metterà a disposizione il video a chiunque sia interessato. Il brano che suoneranno si chiamerà Doina Oltului, il canto del fiume Olt. È il nome anche del gruppo di musica folk più antico della Romania, che ha da poco festeggiato il suo cinquantesimo anniversario.
Piuculture ha posto alcune domande a Daniel Ivașcu, batterista e membro fondatore di Imago Mundi, per sapere come sia nata l’idea di un gruppo che basi la sua musica sulla coesistenza di culture.

“Imago Mundi” significa “immagine del mondo” ed è anche il titolo di un vasto trattato di astrologia scritto all’alba del Rinascimento dal cardinale Pierre D’Ailly. “Immagine del mondo” non significa solo mappe: la civiltà umana è il frutto del dialogo, degli scambi culturali. Questo è ciò di cui parliamo in ciò che facciamo.

Durante la pandemia avete contribuito alla diffusione e all’ascolto della musica?

A causa della pandemia abbiamo perso alcuni eventi importanti per noi, tra cui un festival in Portogallo e un concerto a Roma, all’Accademia di Romania. Come tutti abbiamo sofferto della mancanza degli spettacoli dal vivo. Ma non ci siamo fermati, abbiamo tenuto un mini-recital trasmesso in diretta su Facebook per Radio Romania Music.
L’11 luglio si potrà vedere del materiale speciale sulla pagina Facebook dell’Istituto rumeno di cultura di New York, ovvero alcuni pezzi della trilogia Isvor. Sfortunatamente, gli eventi in programma per questa estate e questo autunno sono stati cancellati o rinviati a tempo indeterminato, e gli eventi dell’anno prossimo sono troppo lontani per potere parlare, in questo contesto attuale così pieno di incertezze.

Quali sono le principali influenze nella vostra musica?

Negli ultimi 10 anni, Imago Mundi si è avvicinato al repertorio della musica rumena antica e tradizionale, dopo che nel periodo 2001-2010 abbiamo tenuto concerti di musica antica e tradizionale europea.
Noi ci posizioniamo in una nuova prospettiva, affrontando temi musicali in contesti più ampi. Ad esempio le composizioni di Cantemir sono state affiancate da temi musicali ottomani e musica tradizionale rumena. Abbiamo decostruito la musica di Enescu, toccando sempre i temi del folklore urbano e della musica tradizionale da cui era ispirato. Invece l’album dedicato a Brâncuși esplora la sua amicizia con Eric Satie, il compositore francese, o il suo rapporto con Maria Tănase, una famosa interprete di musica tradizionale e folklore urbano rumeno. La musica di Imago Mundi è esplorativa, un approccio di ricerca e reinterpretazione contemporaneo che mette la musica rumena in dialogo con influenze culturali delle diverse epoche. Dalla musica turca, molto presente nello spazio rumeno del Danubio settentrionale, fino all’influenza culturale dell’Europa occidentale, attiva soprattutto in Transilvania, molto visibile nell’opera dei compositori rumeni del XIX-XXI secolo.

Avete nuove canzoni in cantiere?

In questo momento ci stiamo preparando a lanciare una nuova edizione della serie “Isvor“, la forma arcaica di “Izvor”, ”primavera”, ma anche fonte, sia con il significato di “fonte d’acqua” che con il significato di “fonte di ispirazione”. Quella di “Isvor” è una trilogia dedicata alle personalità nate in Romania, che hanno lasciato il segno nel mondo nei loro campi di attività. Dimitrie Cantemir, ad esempio, considerato uno dei padri della musica secolare in Turchia. Era un versatile uomo di cultura, autore, studioso, enciclopedista, etnografo, geografo, filosofo, storico, linguista, musicologo, musicista, scrittore, politico e principe della Moldavia dei secoli XVII-XVIII. Oppure George Enescu, compositore, violinista, pianista, direttore e pedagogo, considerato il più importante musicista rumeno; Constantin Brâncuși, scultore, pittore e fotografo, pioniere del modernismo, uno dei più importanti scultori del XX secolo, “il patriarca della scultura moderna”. I tre album “Isvor” sono stati pubblicati negli ultimi 10 anni. Quest’anno pubblicheremo un CD-box per l’anniversario di una delle case discografiche più prestigiose della Romania, la Casa Radio Publishing House. Nel frattempo stiamo lavorando su alcune nuove idee, ma è troppo presto per parlare di un album.

© Florin Ghenade

Cercheremo di evidenziare molto più chiaramente il dialogo della musica rumena con il mondo, in generale, e l’Europa in particolare. L’anno prossimo probabilmente avremo già la struttura del nuovo materiale discografico.

Gli eventi attuali hanno influenzato la vostra musica in qualche modo?

La cultura, in generale – e la musica in particolare – è ciò che ci mantiene mentalmente sani. Le scorte di cibo e i disinfettanti erano fondamentali, ma l’isolamento nelle case era più facile da sopportare perché interagivamo culturalmente. Alcuni ascoltavano la musica in cuffia, altri cantavano sui balconi, a distanza, ma si interagiva.
A livello concettuale o nel modo di lavorare la pandemia non ha inciso molto – facciamo ricerche sugli argomenti e i temi che affrontiamo, discutiamo molto fino a quando non stabiliamo quali siano. Il nostro collega Cătălin Ștefănescu, chitarrista e compositore, costruisce la “base” per la maggior parte delle nostre canzoni. Seguiamo i contributi che emergono nelle prove, dalle idee di tutti, dai momenti di improvvisazione e così via. È più difficile comunicare adesso, è vero, ma non ci fermiamo.

Ci sono artisti con i quali vorreste collaborare?

Uno dei nostri progetti relativamente recenti, lanciato tre anni fa a dire il vero – ma è così che sono i nostri progetti – era quello di “aprire” gli Imago Mundi in quello che abbiamo chiamato “Hub artistico”. Qualcosa che inviti musicisti, artisti visivi, ballerini contemporanei a unirsi a noi in occasione di eventi. Ricordiamo qui Matei Ioachimescu, flautista; Adrian Precup, violoncellista; Florin Ghenade, fotografo; Andreea Belu, ballerina; ultimo ma non meno importante, Cristian Stănoiu – le cui proiezioni video accompagnano i nostri concerti dal 2009. Ma questo è solo l’inizio, perché il futuro progetto riguarderà l’influenza della cultura europea sulla musica rumena. Quindi vorremmo sicuramente collaborare con artisti italiani e da altri paesi europei.

Smetanova Litomysl Festival, Litomysl (Cehia)

La vostra musica ha influenze da tutto il mondo. Avete “preso” qualcosa anche dall’Italia?

Nei suoi primi dieci anni di esistenza, Imago Mundi ha promosso la musica medievale e rinascimentale dell’Europa occidentale in Romania, in un momento in cui questo repertorio non era ben noto e le feste medievali hanno vissuto un periodo di straordinaria fioritura nel nostro paese in città come Sighisoara, Sibiu, Iași, Făgăraș, Brașov, Bucarest e altre ancora. Naturalmente la musica italiana non mancava neanche in quel momento, e molto probabilmente i progetti futuri torneranno a “riconciliare” le due tradizioni. Vi sono molte influenze “orizzontali”: ciò che scegliamo di preservare e incorporare nelle nostre creazioni, ricevute dalle culture di coloro che ci circondano. C’è poi la stratificazione “verticale” – la storia, il modo in cui queste influenze si intrecciano e “sedimentano” nel tempo. Questi scambi culturali ci affascinano, perché crediamo che ci definiscano, tutti quanti: siamo diversi, il che ci rende simili.

Come mai avete scelto di combinare strumenti moderni con quelli antichi?

Lo facciamo per due ragioni. In primo luogo, è una naturale continuazione dell’idea precedente. Gli strumenti, proprio come la musica, si sono sviluppati in modo non lineare, influenzati nel tempo dalle scoperte e dai miglioramenti apportati in diversi ambiti culturali. La chitarra classica, ad esempio, ha dietro di sé un percorso tortuoso che attraversa il liuto, uno strumento di origine arabo-persiana (al ûd), e i suoi parenti: la mandola, la tiorba e i loro derivati ​​popolari, ma anche il bouzouki greco, il saz turco, eccetera. Ci sono anche strumenti derivati dalla chitarra: l’ukulele, il basso, la chitarra elettrica, la chitarra a 12 corde, nonché strumenti popolari come la cobza, il mandolino e lo charango. La seconda ragione è che noi affrontiamo temi antichi e tradizionali da una prospettiva contemporanea. Non intendiamo presentare la musica come è stata cantata in passato, ma la passiamo attraverso il filtro delle esperienze attuali. In altre parole avviciniamo il suono degli strumenti tradizionali a quello degli strumenti moderni così come portiamo i temi della musica antica e tradizionale nella composizione contemporanea.

Flaminia Zacchilli
(20 Giugno 2020)

Leggi anche: