Vesak: la necessità di fare rete emerge durante la festa buddhista

“Serve una riflessione profonda sul nostro sistema di vita. Un nuovo paradigma. Il Buddhismo può svolgere un ruolo importante per affrontare e convivere con la fragilità, per immaginare nuove relazioni sociali, per ripensare il nostro sistema di vita sul pianeta”, in modo che il periodo di isolamento che ha accomunato per più di due mesi gli esseri umani “possa trasformarsi in un’eredità interiore, capace di reale trasformazione”.“Torniamo a vivere”. La ripartenza come occasione per reinventare anche i luoghi dello stare insieme, della musica, dell’arte, della cultura, dell’educazione, del pensiero e dello spirito”. Questo il titolo della tavola rotonda organizzata in streaming, sabato 30 maggio, dalla Unione Buddista Italiana, che ha stanziato un fondo speciale di 1.5 milioni di euro destinato alle organizzazioni non profit impegnate nel contrasto alla diffusione del Covid-19, in occasione della cerimonia del Vesak.   Il rituale più importante del buddismo, religione che in Italia è la terza religione più diffusa dopo Cristianesimo e Islam, si svolge da 2500 anni nella notte del plenilunio di maggio, nella costellazione del Toro per ricordare contemporaneamente la nascita, l’illuminazione e il parinirvana, la cessazione dell’esistenza, del Buddha. Per l’intesa tra l’Unione Buddista e lo stato italiano, siglata nell’anno 2000, la festa si celebra in Italia, convenzionalmente, nell’ultimo fine settimana di maggio. Negli anni scorsi le celebrazioni si sono svolte ogni volta in una diversa città e hanno partecipato un grande numero di seguaci, ma nell’anno del coronavirus, come per tutte le altre occasioni pubbliche che prevedessero alta partecipazione, si è dovuti ricorrere al web.

Vesak: guardare oltre la propria identità

“Sentiamo la necessità di conoscere, offrire, fare rete con persone che, pur non essendo buddhiste, si adoperino in diversi contesti per testimoniare valori quali saggezza, compassione, generosità, amore per i più indifesi. In questo momento storico – ha detto Filippo Scianna, presidente dell’Unione Buddhista Italiana, che ha introdotto i lavori insieme al presidente dell’Unione Buddhista Europea, Ron Eichorn –  abbiamo bisogno di testimoniare il nostro essere buddhisti guardando oltre la nostra identità. E di ascoltare i punti di vista di persone la cui esperienza può arricchire la nostra visione e la nostra pratica e offrirci degli stimoli”.  E una serie davvero ricca di sollecitazioni e suggestioni è emersa dal confronto con i rappresentanti di un mondo sostenibile, consapevole e compassionevole, solidale, interconnesso che su questi valori hanno costruito il loro agire, ognuno nel proprio campo. A partire da Niccolò Branca, alla guida delle storiche distillerie Fratelli Branca dal 1999, che amministra l’azienda di famiglia, giunta alla quinta generazione n.d.r., secondo i principi dell’ economia della consapevolezza in cui “il conseguimento degli utili non può prescindere dal rispetto delle persone e dell’ambiente ed è finalizzato a una prosperità collettiva”. Branca, sollecitato dal moderatore Stefano Bettera, ha fornito alcuni esempi di come ha organizzarto il lavoro, basandosi su tre principi cardine: intelligenza, cuore, coraggio, all’interno delle sue aziende in Italia e Argentina, “ lezioni di yoga per il personale all’interno dell’orario di lavoro; circolarità delle informazioni per far sentire ognuno come parte di un progetto comune; meritocrazia collaborativa che premia il processo creativo e realizzativo: chi ha una mente più aperta – ha spiegato – riesce ad avere una buona idea, ma poi viene messa in atto in collaborazione con  tutti gli altri”.

Vesak: quando la vulnerabilità del singolo è collettiva

 Gabriele Eminente, direttore generale di Medici Senza Frontiere, l’organizzazione umanitaria  che durante la pandemia è scesa a fianco del personale sanitario in prima linea a Codogno e nelle “zone rosse”, ha sottolineato come la pandemia abbia “minato il senso di invincibilità del mondo occidentale che aveva dimenticato cosa fosse un’epidemia letale, mentre nell’altra metà del mondo ci si confronta ogni giorno con questa paura, anche solo per il virus del morbillo che continua a uccidere migliaia di bambini in Africa e nei paesi terzi in genere. “Il primo aspetto emerso con l’emergenza è stata la vulnerabilità del singolo che è diventata poi della collettività – ha aggiunto Eminente – siamo diventati più consapevoli dell’interconnessione che esiste tra pubblico e privato”. Ora l’auspicio è che “il diritto alla salute per quanto riguarda il vaccino prevalga sugli interessi privati”.

Umanità first: prima la comunità umana

Accorato l’intervento di Cesare Giacomo Zucconi della Comunità di S. Egidio che ha ricordato l’esperienza dei corridoi umanitari condivisa e sostenuta dall’Unione Buddista Italiana “grazie al dialogo tra fedi diverse ma che hanno lo stesso intento”.Come si torna a vivere dopo aver sperimentato qualcosa di assolutamente inedito come la pandemia da Covid 19? Archiviando la morte come una parentesi infelice? E il dramma degli anziani sacrificati in una sanità selettiva, quasi che la loro vita, quella di chi ci ha assicurato il benessere e la pace in cui viviamo, avesse meno valore? Remare insieme come comunità umana – ha dichiarato Zucconi – è l’unica ricetta, aiutare sé stessi e gli altri a interrogarsi su ciò che abbiamo vissuto per rimettere le cose nel loro giusto ordine”. Zucconi ha voluto sottolineare poi, gli effetti devastanti che il virus sta ancora producendo in Africa dove né il sistema sanitario, né quello economico sono attrezzati per affrontare l’emergenza. “Un timido segnale – ha detto – è giunto dalla Ue che è andata in aiuto dei paesi europei più danneggiati dal virus, ma ora serve avere un atteggiamento più lungimirante. Umanità first  non è un concetto popolare ai giorni nostri – ha concluso Zucconi richiamando le parole del papa sull’inerzia dei governi che assistono impotenti di fronte a tanta gente che “muore di speranza” nei nostri mari, per salvarsi tanta gente in più vorrà venire in Italia e non serviranno i porti chiusi.  “I media non ne parlano – ha detto – impegnati come sono nei bisticci da condominio,

Vesak: occasione per distinguere l’essenziale dall’insessenziale

Massimo Recalcati, filosofo – psicoanalista e saggista molto noto al pubblico anche televisivo per le sue lezioni sul “Lessico Familiare” e sul “Lessico Amoroso”, la “vera tragedia sarebbe se non imparassimo nulla dall’esperienza che abbiamo vissuto. La nostra idea di libertà come forma del capriccio e declinazione dell’ego – ha detto – si è frantumata sotto ai colpi del virus e ne è scaturita una nuova consapevolezza della libertà come solidarietà, fratellanza con lo sconosciuto che stava vivendo nello stesso momento la mia stessa esperienza. Lo psicoanalista ha anche tenuto a sottolineare il “feticismo del numero che ha riempito le nostre giornate durante l’isolamento: la morte è stata trasformata dall’anonimato dei numeri delle cifre snocciolate ogni giorno in tv, ma dietro i numeri ci sono delle persone così come avviene per i morti nel Mediterraneo che restano sconosciuti. Ora bisogna ricostruire – ha concluso – imparando a distinguere l’essenziale dall’inessenziale e ripartendo da pensieri grandi, audaci come il pensiero artistico che trae forza dal vuoto”.

Economia e ecologia: un matrimonio che s’ha da fare

Per Grazia Francescato, ex leader dei Verdi italiani, scrittrice e giornalista,  il dopo deve passare attraverso un “matrimonio che s’ha da fare” tra ecologia e economia che “non è la green economy la quale non mette in discussione il sistema volto a una crescita senza limiti. Dentro la crisi – ha detto la Francescato – c’è l’opportunità di una conversione ecologica dell’economia e della società così come sostenuta agli inizi degli anni ‘90 da Alex Langer: il tempo della cura gentile che ci vede custodi della terra con un senso di responsabilità  riscaldato dall’amore”.

Vesak: ricreare la fiducia con comportamenti costruttivi

Damiano Rizzi presidente della Fondazione Soleterre si è trovato in prima linea nei reparti di terapia intensiva, rianimazione e pronto soccorso del Policlinico San Matteo di Pavia, con un team di 15 psicologi, persone che hanno scelto di “non restare a casa”. “ Abbiamo cercato di ricostruire la vita di tante persone,  in soli due mesi e mezzo sono stati ricoverati  1200 malati e ne sono morti  400,   uomini e donne di cui dovevamo annunciare la morte ai parenti. Ci siamo trovati a chiamare parroci e sindaci per capire chi erano quelle persone, è stata un’esperienza che mi ha segnato – ha raccontato – e mentre la vivevo ho cercato rifugio nella poesia, nella possibilità di continuare a sognare. Chi è uscito indenne da Covid 19 deve fare qualcosa per gli altri – ha concluso Rizzi nella sua toccante testimonianza – dobbiamo ricreare la fiducia con comportamenti costruttivi e riparativi. Dobbiamo essere disponibili a fare qualcosa per continuare a sognare”.

Vesak e corona virus: ripensare l’identità delle città

La Pagoda del tempio di Comiso
“I tempi straordinari che abbiamo vissuto chiedono pensieri straordinari – ha concluso Umberto Angelini  Sovrintendente del Teatro Grande di Brescia – che ha sottolineato dal suo punto di vista “l’aspetto deleterio dovuto alla chiusura dei teatri che sta nel vuoto di relazioni che invece si crea ogni volta, in platea, tra sconosciuti. Siamo stati spettatori della sottrazione del corpo e allo stesso tempo abbiamo condiviso la socialità come non mai – ha osservato – ora è necessario “ripensare l’identità delle città e sottrarle a un’esclusiva esperienza commerciale”.

Francesca Cusumano(3 giugno 2020)

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