Cambiamento climatico e migrazioni

Questo è il primo di una serie di articoli riguardanti il nesso tra variazioni climatiche e migrazioni

Quanto incide il cambiamento climatico sulle migrazioni? Che cosa significano per la vita delle persone espressioni come “riscaldamento globale”, “acidificazione degli oceani”, “aumento delle emissioni”? I fenomeni in atto sono così complessi, enormi e rapidi che il linguaggio che usiamo perde ogni presa sul reale.
Eppure le conseguenze del rapido cambiamento del clima sulla vita di tutti noi sono già realtà, una realtà che però si manifesta in forme differenziate a seconda della parte del mondo in cui si vive e che assume contorni drammatici sulle popolazioni più povere del pianeta.

Cambiamento climatico
Inondazioni in Bangladesh. Foto da Google

Cause delle migrazioni internazionali e interne

Tra le cause che determinano le migrazioni internazionali, da 150 milioni nel 1990 a 272 milioni nel 2019, i fattori climatici entro il 2050 produrranno, secondo le previsioni della Banca mondiale, circa 143 milioni di profughi: – 86 milioni nell’Africa sub-sahariana, – 40 milioni in Asia meridionale, – 17 milioni in America Latina.
Buona parte di questi spostamenti avviene tra regione e regione all’interno del continente a causa di siccità e desertificazione o eventi naturali estremi come cicloni e inondazioni.


Leggi l’articolo di approfondimento sui migranti climatici


Cambiamento climatico e povertà causano migrazioni più delle guerre

Le guerre non solo non sono un fattore facilmente separabile dalle condizioni che mettono a rischio la sopravvivenza, ma sono spesso provocate dalle conseguenze del cambiamento climatico.
Dalla Siria, per esempio, sappiamo che è in atto un esodo biblico per effetto della guerra, ma poco sappiamo di un fattore che determinò, quanto meno, la destabilizzazione dell’area: la terribile siccità del triennio 2007-2010 – documentata da uno studio pubblicato dall’Accademia della Scienza americana – che causò la diminuzione di 1/3 della produzione agricola per abbandono delle aree rurali e l’urbanizzazione forzata con diffusione di epidemie.

Il rapporto “Forced from Home” di Oxfam, pubblicato in occasione del vertice Onu di Madrid, dicembre 2019, denuncia che:

  • cicloni, inondazioni e incendi hanno 3 volte più probabilità di causare migrazioni rispetto a guerre e conflitti e 7 volte di più rispetto a terremoti o eruzioni vulcaniche;
  • le popolazioni di Paesi poveri hanno una probabilità quattro volte maggiore di essere sfollata a causa di catastrofi climatiche rispetto alle persone che vivono in Paesi ricchi come gli Stati Uniti.

Il Corno d’Africa, zona già afflitta da frequenti conflitti interni e oggi dalla guerra civile in Etiopia, è una delle aree più povere del mondo, dove siccità e alluvioni mettono a rischio di morte per fame milioni di persone.
Nell’Africa sub-sahariana sono 265 milioni le persone colpite da carenze alimentari per siccità e degrado del suolo. Ogni anno la Nigeria perde 350.000 ettari di pascoli e terreni agricoli.
Circa l’80% di tutte le persone sfollate nell’ultimo decennio vive in Asia, dove oltre un terzo delle persone vive in condizioni di povertà estrema.

Cambiamento climatico: come trasforma l’ambiente e causa migrazioni

• Desertificazione e siccità

La desertificazione non identifica solo l’allargamento delle zone aride esistenti, ma anche il degrado del suolo nelle zone semi-aride e sub-umide secche, dovuto a innalzamento delle temperature (+ 1,5° tra il 2030 e il 2050, previsione IPCC, l’organismo intergovernativo dell’Onu per il climate change) o a eccessivo sfruttamento del suolo, con conseguente perdita di produttività biologica e geologica e minore disponibilità idrica.

  • Secondo la nuova edizione dell’Atlante mondiale della desertificazione, curato dalla Commissione europea per la scienza, oltre il 25% delle terre coltivate e il 70% di quelle coltivabili è colpito da desertificazione. A rischio più di 1 miliardo di persone, soprattutto contadini e pastori in Africa, Asia, Sud America, Caraibi, ma anche negli Stati Uniti, in Australia e nell’Europa mediterranea.
cambiamento climatico
La desertificazione nel mondo. Fonte https://www.treccani.it/enciclopedia/desertificazione/
  • Ma neppure i Paesi ricchi sono risparmiati dalla desertificazione: nell’Europa meridionale, orientale e centrale, ne è colpito l’8% del territorio.
  • In Italia, secondo i dati dell’ISPRA, il 10% del territorio è molto vulnerabile e circa il 49,2% ha una media vulnerabilità a vari fattori di degrado. Le zone più vulnerabili sono in Sicilia, Sardegna, Puglia, Basilicata e Molise.

• Innalzamento dei livelli dei mari e fenomeni atmosferici estremi

Per effetto dello scioglimento dei ghiacciai il livello dei mari è aumentato di 7 cm negli ultimi 25 anni e, secondo un rapporto del 2019 dell’IPCC, si prevede che aumenterà tra gli 8 e i 13 cm entro il 2030.

  • Per le persone che vivono vicino ai delta dei fiumi, su isole e nelle zone costiere le conseguenze sono enormi: la produzione agricola subisce una forte riduzione a causa della maggiore salinizzazione del suolo, a cui si aggiunge la siccità per la diminuzione delle normali precipitazioni.
  • Inoltre la maggiore frequenza di fenomeni atmosferici estremi – piogge torrenziali, cicloni e uragani – producono effetti devastanti sulle popolazioni delle zone colpite. Il Bangladesh è uno dei Paesi in cui il numero degli sfollati (946mila nel 2018) sta aumentando in generale e anche in Italia.
  • Chi vive di pesca subisce le conseguenze dell’acidificazione dei mari e della diminuzione dei livelli di ossigeno, prodotta dall’innalzamento della temperatura, con la riduzione di fauna acquatica, biodiversità e con la distruzione di ecosistemi come le barriere coralline.

Land-e water-grabbing

Terra e acqua sono diventate risorse scarse e perciò preziose. Da qui la corsa di Paesi e multinazionali o imprese private ad accaparrarsene.

  • In un saggio sulla desertificazione si legge che in soli 5 anni, tra il 2006 e il 2011, governi stranieri e imprese private hanno acquisito 200 milioni di ettari di terra coltivabile in Africa, in America Latina e in parte dell’Asia, un’area vasta pari a circa il doppio della Francia e Spagna messe insieme. L’accaparramento significa, tra l’altro, sfruttamento più intensivo del terreno e quindi minore produttività futura.
  • Analogamente per l’acqua. Si calcola che, a causa dell’innalzamento della temperatura e del cattivo uso dell’acqua, 3 persone su 10 non dispongono di acqua pulita e 6 su 10 sono prive di servizi igienico-sanitari sicuri (causa di dissenteria). In queste stesse zone spesso sono i Paesi del Nord del mondo a sottrarre risorse idriche. In Etiopia, per esempio, la costruzione di dighe per la produzione di energia idroelettrica – una ad opera della multinazionale italiana Salini-Impregilo – ha spinto le popolazioni del luogo a spostarsi verso il Kenya, alimentando conflitti.

Luciana Scarcia
(24 novembre 2020)

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