Sapessi com’è strano sentirsi innamorati a Milano, cantava Memo Remigi nel lontano 1965. E chissà quanto ancor più strano sarebbe stato innamorarsi di un Abdul o di una Amina, tanto a Milano, quanto a Napoli o a Roma. Ma oggi è ancora così?
Secondo i dati Istat 2019, nel corso del 2018 ben il 17,3% dei matrimoni celebrati in Italia ha interessato almeno un coniuge straniero, nella maggior parte dei casi si tratta di coppie miste composte da sposo italiano e sposa straniera (74,4%).
Un fenomeno in costante crescita a livello mondiale, tanto da guadagnarsi una ricorrenza nel calendario laico: il Loving Day, che il 12 giugno di ogni anno celebra l’abolizione del divieto di matrimoni interraziali negli USA, avvenuta proprio il 12 giugno del 1967.
Di questo e soprattutto di tante storie di amore si è parlato il 29 ottobre nel webinar intitolato “Innamorarsi a Milano. Amori sconfinati”, organizzato dall’Ufficio Reti e Cooperazione Culturale – Mudec del Comune di Milano, all’interno del palinsesto Milano Città Mondo#05 – La Città delle Donne.
L’amore niente affatto esotico delle coppie miste
Il fenomeno delle coppie miste coinvolge in una buona parte esponenti delle cosiddette “seconde generazioni”, stranieri per legge ma italiani per formazione. È il caso dei due influencer Raissa e Momo, che hanno spopolato sulla piattaforma TikTok durante il lockdown con i video in cui demoliscono ironicamente gli stereotipi razzisti nei confronti delle coppie miste.
Ma è anche la storia di Jada Bai, una “Italian Born Chinese” docente di lingua e cultura cinese, e del matrimonio con il marito Diego. “La società italiana non è ancora abituata alle coppie miste. C’è ancora molto stupore, la gente ci guarda attraverso la lente dell’esotismo”, spiega “Quando raccontiamo, su richiesta e quasi come degli alcolisti anonimi, la nostra quotidianità provochiamo spesso reazioni di delusione: ‘Ma come, tutto qui?’ Questo è legato in buona parte anche all’incapacità di considerare le seconde generazioni come veri italiani”.
Le difficoltà da affrontare a inizio rapporto non sono poche: il bilanciamento delle diverse culture, unito alla consapevolezza di aver infranto le aspettative delle famiglie di origine, richiede un grande sforzo di mediazione. “Ricordo che ho avuto molta paura a presentare il mio futuro marito ai miei, che invece lo hanno accettato senza troppi problemi. Rimane comunque in loro la consapevolezza di una irriducibile diversità: ‘lui è italiano quindi non riuscirà mai a capirci fino in fondo’. Anche per rassicurarli su questo punto abbiamo deciso di celebrare il nostro matrimonio in stile cinese, che è più una forma di riconoscimento da parte della comunità e un’occasione di festa che un rito strettamente religioso. Ma se mio marito me lo avesse chiesto, non avrei avuto problemi a sposarmi in chiesa.”
Serena e Tarik: la diffidenza reciproca delle famiglie
L’accettazione del partner straniero è, infatti, un problema che riguarda non soltanto le famiglie italiane, ma anche specularmente le famiglie di origine straniera. Se nel primo caso il grado di accettazione è legato soprattutto allo status socio-economico del pretendente, nel secondo caso è strettamente correlato al grado di radicamento nella comunità di origine.
Lo sanno bene Tarik e Serena, novelli Romeo e Giulietta, che da ben 4 anni continuano a scontare la diffidenza reciproca delle famiglie. “Quando ho presentato Tarik alla mia famiglia” racconta Serena “la prima reazione è stata respingente: per loro si trattava pur sempre di un ragazzo originario in un paese povero come il Bangladesh, soprattutto musulmano, con quanto di negativo purtroppo si lega tuttora nell’immaginario a questa religione. Il fatto che lui fosse un medico li ha, successivamente, tranquillizzati molto”.
Sull’altro fronte, d’altronde, le cose non migliorano: “In Bangladesh il matrimonio è un legame tra famiglie più che tra singoli individui”, spiega Tarik “Se esci da questa logica diventi un traditore, a maggior ragione se scegli un partner esterno alla comunità. Da qui, soprattutto all’inizio, le azioni di ‘spionaggio’ da parte dei membri della comunità, che andavano continuamente a raccontare ai miei di avermi visto passeggiare mano nella mano con un’italiana. Ora la situazione si è un po’ stabilizzata, ma una piena accettazione non ci sarà mai.”
La misura della diversità
La famiglia di Serena, spiega Lidia Manzo – sociologa dell’Università di Milano, ricercatrice per la Fondazione Alsos del progetto di ricerca sull’amore ai tempi della globalizzazione, che raccoglie le storie di numerose coppie miste del Milanese – ha operato una gradazione di diversità: l’alterità etnica e religiosa è stata stemperata dallo status sociale di Tarik.
Il vero incubo per la famiglia italiana media, insomma, continua ad essere la possibilità di ritrovarsi con un genero povero, musulmano e nero. Fenomeno che interessa, seppur in misura minore, anche le donne. Per questo non è infrequente che all’annuncio di una nuora straniera le famiglie italiane rispondano, come è avvenuto al ragazzo italiano della giornalista di origine srilankese Nadeesha Uyangoda: “Sì, ma quanto è nera?”
Silvia Proietti
(8 novembre 2020)
Leggi anche:
- Futuro è ora: dai piccoli comuni alla riforma della cittadinanza
- Un altro Natale in piazza per gli Italiani senza cittadinanza
- L’invasione immaginaria: immigrati tra percezione e realtà