Cile: il voto dei cileni in Italia per la nuova Costituzione

Cile
Foto di Mauro Pérez da Pixabay

Il 3 novembre del 1970 Salvador Allende veniva eletto Presidente della Repubblica Cilena. Cinquant’anni dopo, con l’oltre 78% di Sì nel plebiscito del 25 ottobre, il Cile si conferma come un paese dalla straordinaria creatività politica.
Ad aprile 2021 il popolo cileno sarà chiamato ad eleggere i membri di una nuova assemblea costituente, scelti direttamente dagli elettori, per archiviare definitivamente la quarantennale costituzione voluta da Pinochet. Si tratta di una conquista frutto dell’ondata di mobilitazioni spontanee dello scorso anno, iniziate ufficialmente il 18 ottobre ma originate da trent’anni di politica economica-ultraliberista, che ha fatto registrare un altissimo tasso di disuguaglianza sociale e una totale disaffezione nei confronti della classe politica attuale.
Per il plebiscito sono stati chiamati a votare anche 1.037.346 cileni espatriati all’estero, ben il 5,5% del totale della popolazione: un appuntamento elettorale storico che neanche la pandemia è riuscita a fermare.

Il voto sospeso dei cileni all’estero

Sofía Traslaviña, docente di spagnolo, è approdata da 5 anni a Torino dopo aver lasciato il Cile e aver viaggiato in giro per il mondo. La mattina del 25 ottobre si è recata a votare presso il Consolato Cileno a Milano, uno dei due seggi aperti in Italia, insieme a quello allestito presso la sede romana del Consolato. “Arrivare a Milano e vedere la lunga fila di persone in attesa del voto, molti dei quali giovani, è stato veramente emozionante”, racconta “Abbiamo avuto molta paura, soprattutto noi che venivamo da fuori città, di non riuscire a votare a causa delle chiusure per il COVID”.
I cileni che vivono in Italia sono nella maggior parte migranti economici e studenti, cui si aggiunge un nutrito gruppo di esuli degli anni ’70 in fuga dalla dittatura di Pinochet. Ma nei seggi italiani hanno votato anche i cileni residenti a Malta, con un impegno, in termini logistici, che rende ancor più evidente l’importanza di questa votazione per il Cile del dopo-Pinochet. “Per quanto grande sia stato l’afflusso delle persone ai seggi”, spiega Javier Ossandón, avvocato e direttore nazionale del turismo prima del golpe di Pinochet, fuggito in Colombia poi a Roma nel 1977 “non hanno potuto votare tutti gli aventi diritto per questioni burocratiche legate al requisito della residenza all’estero”.
Il processo partecipativo dei cileni espatriati al grande cambiamento del paese rischia di essere messo ulteriormente a dura prova dalla legge costituzionale cilena che consente il diritto al voto estero soltanto per elezioni presidenziali e plebisciti nazionali, ma non prevede la possibilità di eleggere i membri dell’assemblea costituente. “Noi cileni all’estero stiamo promuovendo una campagna per far approvare, necessariamente prima del 10 dicembre, una disposizione transitoria che ci consenta di eleggere i nostri rappresentanti. Abbiamo proposto la suddivisione dell’elettorato in 3 grandi distretti – uno per l’America del Nord, Centrale e del Sud, un secondo per Europa e Africa e infine il distretto Asia-Oceania, per eleggere rispettivamente 4, 2 e ancora 2 rappresentanti”.

Chile Despertó Italia: le ragioni della mobilitazione

Sofía e Javier sono membri del movimento Chile Despertó Italia, nato spontaneamente e “per passaparola”, precisa Sofía, a seguito delle proteste dello scorso anno. È la ramificazione territoriale di un movimento internazionale “orizzontale”, che raccoglie in sé diverse associazioni e altri movimenti, per promuovere la partecipazione dei cileni espatriati al cambiamento in atto nel proprio paese.
Lo scoppio delle proteste del 2019 – in cui più di 400 manifestanti sono rimasti accecati da proiettili sparati dalla polizia, e più di 2.000 sono ancora chiusi nelle prigioni cilene – è stato tanto improvviso quanto l’esito prevedibile di un risentimento e di un disagio a lungo covati. “Il vero obiettivo era lo smantellamento del sistema politico economico ultra-liberalista, imposto al Cile dagli economisti americani denominati ‘Chicago Boys’ durante la dittatura di Pinochet, ma ad esso sopravvissuto”, spiega Javier “In Cile tutto è privato: a partire dall’acqua, passando per l’istruzione fino ad arrivare alle pensioni. E tutto questo è frutto di leggi promosse tanto da governi di centro-destra quanto di centro-sinistra”. Tutto questo ha generato un clima di totale sfiducia nei confronti della classe politica al potere. “Il movimento di protesta cileno è totalmente apartitico, nonostante il presidente Piñera, e come lui tanti altri politici, tentino maldestramente ogni giorno di proporsi come leader del nuovo processo democratico. Nessuno dei politici attuali può attribuirsi la paternità di una Costituzione che prevede la perfetta parità di genere, la rappresentanza politico dei popoli originari come i Mapuche, la gestione pubblica dei beni essenziali, perché nessuno di loro fino ad ora ha agito significativamente in questa direzione”.

Cile: la cultura è partecipazione al cambiamento

“Il movimento di protesta cileno”, aggiunge Antonio Arévalo, poeta ed ex addetto culturale dell’Ambasciata del Cile a Roma “può servire anche per una seria autocritica della sinistra, e non soltanto in Cile”. Antonio è anche uno dei protagonisti del docu-film Santiago-Italia di Nanni Moretti: “Sono il sedicenne che si è rifugiato da solo nell’ambasciata italiana a Santiago prima di arrivare a Roma”. Il suo lavoro nell’ambito culturale gli ha permesso, pur distante, di mantenere un legame significativo con il paese di origine. “Posso dire che il Cile, pur in questi anni di grande disagio interno, ha continuato ad esprimere una forte vitalità culturale, che ha varcato i confini del paese. Nella stagione attuale il mondo culturale cileno è diventato protagonista anche sul piano politico: cultura e politica – nel senso migliore del termine, cioè quello di partecipazione – sono scese insieme in piazza. Un po’ come avveniva nell’Italia degli anni ’70, quando il mondo culturale italiano e quello politico si sono schierati in massa a fianco al popolo cileno.” E ricorda il supporto assiduo del PCI di Berlinguer ma anche della DC di Moro, di Susanna Agnelli, Alberto Moravia, Renato Guttuso, Gian Maria Volonté… “A proposito”, continua, “lei sa che Gigi Proietti si è speso molto per la causa cilena? Non parlo soltanto di supporto economico. Era stato scelto per interpretare Victor Jara in un film che poi non si è più prodotto…che peccato!”

Silvia Proietti
(4 novembre 2020)

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