Decreto Immigrazione verso la conversione in legge: manca la svolta

Il Decreto Immigrazione, Decreto Legge numero 130 del 21 ottobre 2020, a un passo dalla conversione in legge, modifica i due Decreti Salvini in maniera sostanziale in alcuni punti. Il via libera al disegno di legge, con poche modifiche rispetto all’impianto originario, è arrivato il 9 dicembre alla Camera. L’approvazione definitiva è prevista entro il 20 dicembre 2020, termine oltre il quale il decreto decade, ma è proprio nel tratto finale del Senato che la conclusione dell’iter parlamentare potrebbe incontrare qualche ostacolo.

Per la prima volta dopo 20 anni, si redige una legge sull’immigrazione che preveda un ampliamento e non una riduzione dei diritti e questo, nei tempi difficili della pandemia, è positivo. Ma manca ancora un cambiamento importante: l’immigrazione continua ad essere una questione di sicurezza.

Sono diverse le novità previste dal Decreto Immigrazione, tra le principali:

  • revisione delle sanzioni alle ONG che prestano soccorso in mare;
  • revisione dei permessi di protezione speciale;
  • ritorno a un sistema di accoglienza caratterizzato da percorsi di integrazione, sulla linea dell’esperienza SPRAR;
  • reintroduzione della possibilità di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo;
  • revisione dei tempi di attesa per la cittadinanza.

Da un lato le modifiche ai Decreti Sicurezza dividono il fronte politico. Smantellare la linea di chiusura voluta da Matteo Salvini nel ruolo di Ministro dell’Interno significa dimostrare che la maggioranza dopo due anni ha cambiato direzione.

Dall’altro il Decreto Immigrazione mette d’accordo chi opera a stretto contatto con i migranti, dalle associazioni a tutela dei diritti fino ai mediatori culturali. Il testo è il segnale di un ritorno a un minimo indispensabile di umanità, seppure con degli strascichi che persistono e delle necessità forti che restano ancora invisibili. “Non rappresenta un cambiamento, resta comunque un contentino“, sottolinea Amr Adem mediatore culturale impegnato con Medici Senza Frontiere Francia in una clinica per minori in Libia e con l’UNHCR per un servizio informativo sulla protezione internazionale nei centri di primissima accoglienza in Italia.

Se lo sguardo si sposta dalla visione politica a quella pratica, che un osservatore come Amr Adem può avere, sul Decreto Immigrazione ci sono tre considerazioni da fare:

  • porta importanti novità che ripristinano in alcuni casi le regole precedenti ai Decreti Salvini, il recupero della protezione umanitaria, ad esempio;
  • non cancella definitivamente le tracce dei due testi approvati nel 2018 in nome della sicurezza, un esempio? I tempi di attesa della cittadinanza;
  • perde l’occasione per intervenire anche su altri fronti che richiederebbero una risposta.
decreto immigrazione
Decreto Immigrazione – Foto di GMA

Decreto Immigrazione verso la conversione in legge: le modifiche ai Decreti Salvini

Le novità più importanti riguardano sicuramente le forme di protezione che un migrante può chiedere. Primo fra tutti l’estensione della convertibilità di alcune forme di protezione in permesso di lavoro, cioè molti più migranti hanno la possibilità di trasformare un permesso di altro tipo in permesso per motivi di lavoro.

In questo caso l’effetto positivo è duplice: l’impossibilità di convertire alcuni permessi, sottolinea Amr Adem, aveva allargato il mercato del lavoro nero. “Il loro documento gli impediva di lavorare, così queste persone venivano sfruttate, nessuno poteva intervenire e loro stessi non chiedevano i loro diritti perché, di regola, non gli era permesso. Si mette fine a una vera e propria discriminazione per come la vedo io”.

Con il Decreto Immigrazione diventano convertibili i permessi concessi per i seguenti motivi:

  • protezione speciale (ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale);
  • calamità;
  • residenza elettiva;
  • acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide;
  • attività sportiva;
  • lavoro di tipo artistico;
  • motivi religiosi;
  • assistenza minori.

Con le novità inserite in sede di conversione, inoltre, la convertibilità è estesa anche a coloro che hanno un permesso per cure mediche. 

L’altra novità importante è il recupero della protezione umanitaria: “il permesso per casi speciali ha distrutto tantissimi ragazzi”. Nel momento di passaggio alle novità del Decreto Salvini che ha abolito l’umanitaria, per alcuni il lavoro ha rappresentato un requisito fondamentale per poter conservare il diritto di restare in Italia. La necessità di lavorare a tutti i costi in alcuni casi ha interrotto il percorso di integrazione, “in questo modo diventi uno schiavo del sistema e non una persona utile al sistema”, sottolinea il mediatore.

“E poi con i Decreti Salvini sono stati tutti esclusi dagli SPRAR, che sono diventati SIPROIMI”. I due provvedimenti hanno modificato anche l’organizzazione delle strutture di accoglienza, escludendo dal circuito alcune categorie di migranti. Oggi il SAI, Sistema di accoglienza e integrazione delineato dal Decreto Immigrazione, riapre le porte a coloro che erano stati esclusi dai Decreti Salvini, prevedendo due tipologie di strutture:

  • una ai richiedenti protezione internazionale;
  • una seconda ai titolari di protezione e prevede servizi aggiuntivi rispetto al precedente.

Decreto Immigrazione: gli strascichi del Decreti Salvini

Si tratta di un’altra novità importante, ma se lo smantellamento della rete che si era creata sul territorio, nel 2017 erano 1.470 i gestori che garantivano in tutta Italia 53.557 posti, è stata veloce e con un impatto forte anche per tutti gli italiani impiegati nel settore, la ricostruzione non è così veloce né scontata.

“Al momento non stanno parlando di aprire nuovi altri centri, dove andranno tutte le persone che dovrebbero rientrarvi perché hanno di nuovo diritto ai servizi di accoglienza?”, segnala Amr Adem. Nel dossier redatto dalla Camera sul testo del DL numero 130 del 2020 e aggiornato a fine novembre si legge: “i richiedenti protezione internazionale, che erano stati esclusi dalla rete territoriale di accoglienza integrata in base al D.L. 113 del 2018, possono accedere alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) nei limiti dei posti disponibili“.

E inoltre nel sistema di accoglienza, tornano una serie di servizi aggiuntivi come assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico – culturale, orientamento, che però devono essere realizzate “con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.

I segni dei Decreti Salvini restano. E c’è da affrontare ancora un periodo di transizione da più punti di vista: “una fetta grossa di persone non è informata su cosa fare, sia chi è in attesa, sia chi aveva dei permessi su cui cambiano le regole”.

Decreto Immigrazione: le modifiche mancate

Il decreto immigrazione cambia direzione, ma non rappresenta la svolta. Chi opera a stretto contatto con i migranti segnala la necessità di intervenire sulle procedure di frontiera, ad esempio, non modificate dai Decreti Salvini ma in ogni caso da rivedere: “i tempi per la risposta della commissione sono sempre gli stessi, ma l’attesa per entrare nel circuito della commissione è diventata lunghissima, prima si arrivava a un massimo di tre mesi, oggi si aspetta dai 3 ai 5 mesi, solo per avere la prima convocazione per la richiesta della protezione internazionale. L’emergenza coronavirus ha sicuramente peggiorato la situazione: la scoperta di un positivo in una delle strutture da cui passano i migranti appena arrivati fa ritornare i tempi di attesa al punto di partenza e spesso le persone si sentono prese in giro, manca l’informazione”.

Mettendo sotto la lente di ingrandimento lo stato attuale del sistema immigrazione, da un lato è necessario porre l’attenzione su tutto quello che il Decreto Immigrazione modifica e su tutto quello che avrebbe potuto modificare e non ha modificato, ma anche sulle tracce che ancora persistono dei Decreti Salvini. E non si tratta solo della difficoltà di ricostruire sulle macerie di un sistema di accoglienza smantellato, ma anche di interventi peggiorativi che persistono.

Un esempio ancora? I tempi di attesa della cittadinanza sono stati portati da 24 a 48 mesi dai Decreti Salvini, per poi essere ridotti a 36 con il DL numero 130 del 21 ottobre 2020. E, con le ultime modifiche introdotte in sede di conversione, la durata dovrebbe essere pari a 24 mesi, ma comunque estendibile a 36. Le conseguenze umane dei Decreti Salvini persistono anche dopo le modifiche.

Elio Diodato
(16 dicembre 2020)

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