Donne migranti: violenza sessuale e di genere

Sono diverse e molto diffuse le violenze sessuali e di genere che coinvolgono richiedenti asilo e donne migranti, come aiutarle e con quale approccio? e come vengono affrontati questi fenomeni in tre dei paesi europei che affacciano sul Mediterraneo: Italia, Spagna, Malta fortemente coinvolti nel fenomeno migratorio. Di questo si è discusso l’11 Dicembre nel webinar: “Violenza sessuale e di genere in contesto migratorio nella regione Mediterranea” su progetto Med-Res realizzato con Women’s Right Foundation Malta, Federaciòn de Planificaciòn Familiar Estatal Spagna e Aidos-Italia.

Locandina evento

Emerge una mancanza di attenzione da parte delle istituzioni prive anche di strategie adeguate di contrasto. Ma è anche evidenziata la scarsa informazione sui propri diritti che arriva alle dirette interessate. Inoltre, sul piano operativo, scarseggia la formazione degli operatori, che entrano in contatto con le vittime, che spesso non hanno gli strumenti
necessari a identificarle, di approntare servizi e assistenza tenendo conto delle differenze di genere.

Migranti e la Convenzione di Istanbul

Ad introdurre l’argomento Marcellina Naudi, capo del dipartimento genere e sessualità dell’Università di Malta, “sappiamo che la violenza contro le donne esiste dovunque, nei paesi di origine, di transito e nei paesi di arrivo, ma se non abbiamo avuto una formazione, una giusta sensibilizzazione e presa di coscienza è difficile lottare contro queste
attitudini e comportamenti dannosi”. Nella Convenzione del Consiglio d’Europa di Istanbul  si dice espressamente che “queste leggi si applicano anche alle donne migranti, in qualsiasi stato che abbia ratificato la Convenzione”. Prosegue affermando che “recentemente a Malta è partito il progetto di sensibilizzazione per le donne migranti che arrivano nell’isola e che subiscono violenza, “è importante che le donne vengano a conoscenze dei propri diritti”.

Migranti e il progetto Med-Res

É spettato a Clara Caldera del coordinamento Aidos-Med-Res, raccontare il progetto. “Il fenomeno riguarda soprattutto donne e ragazze, considerate subalterne nel binarismo uomo-donna e riguarda anche le donne migranti, che subiscono aggressioni e stupri già nei paesi di origine, che continuano durante il percorso migratorio fino al loro arrivo nei paesi ospitanti”. Secondo i dati dell’organizzazione mondiale delle migrazioni circa l’80% delle donne Nigeriane arrivate in Italia nel 2016 era vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Il sistema di accoglienza di Italia, Spagna, Grecia, Malta, non è attrezzato in modo specifico per rispondere alla questione violenza di genere”. Il progetto Med-Res risponde efficacemente a questo fenomeno attraverso la formazione degli operatori affinché imparino a riconoscere la violenza sessuale di genere e a prendere in carico, in modo integrato e interculturale, le donne sopravvissute che subiscono violenza. Caldera spiega che avere un approccio di genere significa saper riconoscere le differenze che vi sono nei vissuti delle violenze tra persone di generi diversi e quindi di conseguenza adattare i servizi e la presa in carico di queste persone. “Adattare la presa in carico significa anche mettere la persona sopravvissuta al centro dell’attenzione non come persona passivamente assistita, ma come una persona che con il tempo può fuoriuscire dalla violenza e prendere delle decisioni per sé, se adeguatamente supportata”. Caldera afferma che è difficile far emergere la violenza dello stupro soprattutto in uomini e ragazzi, per questo Aidos ha organizzato per le associazioni dei webinar di approfondimento, in diverse lingue: italiano, spagnolo inglese, su mutilazioni, stupro e tratta di persone e prodotto del materiale, come la guida pratica sulle Direttive Europee che trattano la violenza sessuale di genere in ambito migratorio in nove lingue per favorire ai migranti la consapevolezza dei propri diritti e promuovere l’accesso ai servizi specifici.

Migranti: quali azioni di advocacy messe in campo?

Secondo Maria Grazia Panuzi, presidente di Aidos, “è necessario mettere al centro delle politiche i sopravvissuti alla violenza sessuale e avviare con queste persone processi di empowerment che le porteranno a diventare un agente di cambiamento delle politiche stesse”. Occorre un lavoro multidisciplinare nelle formazione che deve essere regolare, continua, interculturale e di genere. Utile secondo Panuzi, anche “la figura del mediatore culturale che andrebbe formato sulla violenza di genere”. Conclude il suo intervento affermando che è importante richiamare le istituzioni Europee che ancora non l’hanno fatto a ratificare la Convenzione di Istanbul.

Migranti: tratta di sfruttamento sessuale in Spagna

Per il procuratore provinciale di Siviglia, Natividad Plasencia, fa una panoramica della tratta a scopo di sfruttamento sessuale in Spagna. “Nel 2018 le vittime di tratta per finalità sessuali, erano circa il 98% in maggioranza donne provenienti dall’ Africa Sub-Sahariana, dalla Cina e dal Venezuela denuncia il fatto che le vittime spesso sono reticenti a collaborare per una serie di motivi a partire dalla paura.

Migranti, lo stupro e la realtà a Malta

Lara Dimitrijevic, giurista di Malta, denuncia la mancanza “nelle strutture di protocolli stabiliti tra organizzazioni di supporto e di polizia, le persone, vittime di aggressioni non ricevono le informazioni nella loro lingua, spesso i casi non vengono trattati come priorità”.

Migranti: mutilazioni genitali femminili nel contesto Italiano

Francesco Di Pietro, avvocato ASGI, illustra le problematiche legate alle mutilazioni genitali nel contesto italiano.” In Italia il problema è l’emersione del MGF, dovuto al fatto della non consapevolezza, di aver subito violenza nella loro autodeterminazione” ma qual è la via da seguire per far emergere il fenomeno? Secondo Di Pietro “noi dobbiamo andare verso il fenomeno, in Italia è possibile farlo attraverso due contesti: i centri di accoglienza, li è possibile avere un contatto diretto tra la ragazza neo arrivata che ha fatto domanda di asilo e la operatrice. Il secondo contesto si trova fuori dai centri di accoglienza, a segnalare alle autorità competenti casi di MGF potrebbero essere i soggetti che vengono a conoscenza del fenomeno, come i pediatri o le ginecologhe. Conclude affermando “resta ancora da lavorare sulla multidisciplinarità del fenomeno, non solo a livello legislativo ma anche a livello delle risorse”.

Melany Soto
(16 Dicembre 2020)

Leggi anche: