Cultura, religione, comunicazione, immigrazione irregolare, politica ed economia: questi i vertici dell’esagono che ha al centro la violenza di genere, tra le cui manifestazioni c’è anche la tratta delle donne. Se ne è parlato nell’incontro online del 26 febbraio 2021 “InTRATTAbili: Schiavitù contemporanee e il caso della tratta delle donne”, organizzato da IParticipate, AntropoLogiche e Progetto Arcobaleno in occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle donne, con la partecipazione di Meena Patel, membro dell’organizzazione Southall Black Sisters e delle associazioni che si occupano di violenza di genere e tratta.
Schiavitù oggi: una violenza strutturale e di sistema
La violenza di genere è un fenomeno di sistema: non consiste solo nella violenza fisica, ma coinvolge tutti gli aspetti della società, in particolare la comunicazione, capace di alimentare pregiudizi e consolidare diseguaglianze. Questa consapevolezza è il punto di partenza per individuare forme di assistenza adeguate presso i centri antiviolenza: “bisogna elaborare un metodo di genere”, come lo definisce una operatrice di BeFree, in cui il primo passo può essere il dialogo da donna a donna tra operatrice e vittima. La pluralità dei modi di manifestazione della violenza di genere comporta, però, che per affrontarla sia necessario un cambiamento strutturale, realizzabile attraverso una formazione specifica sul tema di genere, funzionale anche ad elaborare un linguaggio adeguato ad agire sul piano della comunicazione.
Schiavitù oggi e strumenti di oppressione: Meena Patel e le Southall Black Sisters
Cultura e religione sono spesso strumenti di oppressione nei confronti delle donne, che impediscono l’esercizio dei diritti umani. “Onore e vergogna sono valori alla base della vita familiare nelle minoranze etniche straniere: le donne sono chiamate a preservare l’onore della famiglia rispettando le regole religiose e culturali della comunità. (…) In tali contesti, spesso, il suicidio femminile è culturalmente più accettabile rispetto all’interruzione di relazioni opprimenti e fatte di abusi”, racconta Meena Patel, membro delle Southall Black Sisters di Londra, che dal 1979 combattono per i diritti delle donne delle minoranze straniere vittime di discriminazioni e di violenza. Su questa realtà incidono anche politiche migratorie restrittive e la situazione di irregolarità di molte donne: l’esito non è solo l’impossibilità di accedere ai servizi pubblici, ma soprattutto la rinuncia a denunciare le violenze subite per paura del rimpatrio.
Schiavitù oggi: cittadinanza economica invisibile
“Esiste una cittadinanza economica invisibile alla quale bisogna restituire un potere decisionale”, spiega una operatrice dell’ass. Nosotras. “L’immigrazione è donna: dai dati emerge che i Paesi a basso reddito investono nell’immigrazione femminile. L’economia è donna: spesso sono le donne che gestiscono il patrimonio familiare e sono loro che inviano più denaro nei Paesi di origine, nonostante abbiano un reddito inferiore”. Il risparmio femminile, spesso, non è destinato al raggiungimento degli obiettivi individuali e questo non sempre deriva da una scelta autonoma, ma può dipendere da un controllo esterno che priva le donne di autodeterminazione e che, nel caso delle vittime di tratta, le rende uno strumento di guadagno per chi le sfrutta.
Schiavitù oggi: motivazione e collaborazione
Per uscire dallo sfruttamento occorrono motivazione e consapevolezza dei propri diritti, sia umani che lavorativi, ma anche la collaborazione con le istituzioni: in questo modo è possibile accedere ai servizi pubblici e renderli realmente funzionali alle esigenze delle donne.
Valeria Frascaro
(2 marzo 2021)
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