Movimento del mondo: migrazioni e nuova geografia umana

Verso quale futuro stiamo andando? Interrogativo ambizioso a cui cerca di rispondere il libro, da poco uscito in libreria, del politologo e consulente strategico globale Parag Khanna: Il movimento del mondo. Le forze che ci stanno sradicando e plasmeranno il destino dell’umanità.

Migranti africani in movimento (foto google)
Migranti africani in movimento (foto google)

I problemi che l’autore analizza per comporre il quadro del nostro tempo – cambiamento climatico, pandemia, aumento delle migrazioni, calo demografico – sono di tale portata da far apparire misere e autodistruttive le politiche migratorie di Europa e Italia, rivelando l’inganno degli slogan contro gli immigrati che hanno tormentato e confuso gli animi in questi anni.

Il punto di partenza dell’analisi di Khanna è che oggi non possiamo più ritenere garantita alcuna relazione stabile tra le forze principali che hanno finora determinato la geografia umana: tra natura (risorse idriche, alimentari, energetiche), economia (infrastrutture e industrie), politica (Stati e confini).

Il movimento del mondo di Parag Khanna, Fazi Ed., aprile 2021nto del mondo di Parag Khanna, Fazi Ed., aprile 2021
P. Khanna, Il movimento del mondo, Fazi, aprile 2021

Cambiamento climatico e nuova geografia umana

L’attività economica ha accelerato deforestazione e emissioni industriali, provocando il riscaldamento globale, l’innalzamento delle acque degli oceani e la loro acidificazione, la desertificazione. Tutta la popolazione mondiale ne sta subendo le conseguenze, ma in alcune zone queste sono più violente e drammatiche. La parola che gli esperti usano per definire la nostra epoca: antropocene e che ci dà un falso senso di controllo dell’uomo sull’ambiente significa, invece, un ciclo di feedback distruttivo.
Nei paesi ricchi in Nordamerica e Europa ci sono più di 300 milioni di anziani e infrastrutture decadenti; in America Latina, Medioriente e Asia vivono due miliardi di giovani in cerca di futuro; in Africa milioni di agricoltori impoveriti sono costretti a lasciare le loro terre; in Canada e Russia esistono tanti ettari di pianure spopolate; Finlandia e Nuova Zelanda sono scarsamente popolate con sistemi politici efficienti.
Possiamo continuare a resistere al fatto che milioni di persone si spostino dalle loro terre d’origine?

Il destino delle migrazioni è di aumentare

La pandemia, che causerà la morte di milioni di persone in pochi anni, sta rafforzando le tendenze già in atto: il cambiamento climatico già oggi è tra le cause che producono 41 milioni di profughi all’interno del paese d’origine e 26 milioni di rifugiati (Fonte dati) e l’automazione provocherà diminuzione di posti di lavoro. Questi fattori acuiranno l’incertezza economia e sociale e porteranno il tasso di natalità verso il basso. Ciò significa: aumento delle migrazioni.

La maggior parte dei movimenti migratori ha luogo all’interno delle singole regioni o fra regioni limitrofe.

Il futuro delle migrazioni umane punta verso un deciso aumento; nei prossimi decenni potremmo assistere – pronostica l’autore – al movimento di miliardi di persone che passano dal Sud al Nord, dalle coste all’entroterra, dalle pianure ai rilievi, dalle zone costose a quelle più abbordabili, da società che crollano a società più stabili.

Verso il calo della popolazione mondiale

I giovani sono la generazione fisicamente e digitalmente più in movimento di tutta la storia umana e si stanno preparando a essere la fetta maggiore della popolazione mondiale di domani: la Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2014) e la Generazione Alfa (nati a partire dal 2015) nel 2050 avranno dai 30 ai 60 anni; gli anziani di oggi saranno morti e pochi bambini saranno nati. Per quasi un secolo ogni generazione è stata più numerosa della precedente, oggi invece le crisi ambientale ed economica e il Covid 19 potrebbero far scendere leggermente i numeri della Generazione Alfa rispetto alla Generazione Z.
In Europa la media d’età è di 43 anni, 10 anni più alta della media mondiale. La popolazione italiana è già in declino e, con quella spagnola, si avvicina al Giappone, che perde 500.000 abitanti all’anno.
In considerazione della scarsa propensione dei giovani alla riproduzione, l’autore parla del collasso della popolazione mondiale come della grande sfida dei prossimi vent’anni.

Destino breve dei nazionalismi e sconsideratezza delle politiche migratorie europee

È paradossale che i paesi con maggiori carenze di forza lavoro siano anche quelli con politiche migratorie più rigide. Gli immigrati producono, affittano case, mettono al mondo figli e pagano le tasse. Tra rimesse e lavoro contribuiscono al 10% del PIL globale.
L’altro paradosso – si legge – è che proprio la culla dello Stato-Nazione, l’Europa, dove si sono affermate varie forme di nazionalismo e populismo, è anche la regione in cui la Nazione è in fase di più rapida evaporazione in virtù del declino demografico, dell’immigrazione, dei matrimoni misti e dell’evoluzione giuridica dei diritti di cittadinanza (Italia a parte, n.d.r.). Ne consegue che i populisti avranno vita breve, perché stanno rivelando tutta la loro incompetenza a governare il presente e il futuro prossimo.
Inoltre i giovani condividono fra loro molto di più di quanto non abbiano in comune con le vecchie generazioni dei loro rispettivi paesi. Le competenze oggi più necessarie sono quelle trasferibili, quindi legate alla connettività, sostenibilità e mobilità.

L’integrazione è una necessità, oltre che un motore di sviluppo culturale

Un altro paradosso è che proprio in Europa, in cima alle classifiche mondiali nella cura dell’infanzia, si registrino bassi tassi di fertilità. Il solo modo per conservare il welfare è aprire le porte a nuovi cittadini. I paesi che non percorreranno la strada dell’accoglienza subiranno processi di arretramento economico e sociale (o saranno comprati dai migranti).
In molti paesi europei c’è una realtà di stranieri che vivono e lavorano, che la politica non vuole rappresentare: la mancata legge sullo Ius Soli è un’autodenuncia di arretratezza. Un esempio tra i tanti chiarisce questo scarto tra realtà e politica: nella Pianura Padana famiglie sikh originarie del Punjab producono oggi il 60% di tutto l’export del Parmigiano Reggiano.
Un caso emblematico di due aspetti opposti delle politiche migratorie è la Germania. A Berlino la femminista turco-tedesca Seyran Ateş è la prima imam donna di una moschea intitolata al filosofo musulmano Averroè e al poeta Wolfgang Goethe. All’opposto, abbiamo la crescita del partito di destra AFD (Alternative für Deutschland) soprattutto nella ex Germania orientale: a Dresda, che dopo il crollo del Muro ha sperimentato il collasso demografico, l’estrema destra ha conquistato grandi fette di popolazione prevalentemente anziana con il sentimento anti-immigrati, ma la città, un tempo sede di una fiorente università, è ora appassita e i giovani se ne sono andati.

Scenari futuri: una civiltà globale e ibridata, mobile e sostenibile

Khanna conclude la sua analisi con l’immaginare come sarà la Civiltà 3.0: insediamenti di medie dimensioni, edifici di altezza limitata, case in 3D, adattabili a qualsiasi contesto, spostamenti verso le altitudini più elevate del Nord del mondo. Gli asiatici abbandoneranno le loro megalopoli sul mare e si disperderanno verso l’Himalaya, la Russia orientale, l’Asia centrale. Si incrementerà l’uso di energie rinnovabili, si investirà di più nella desalinizzazione dell’acqua. Sul futuro degli africani l’autore non dice granché.

Luciana Scarcia
Infografiche di Rosy D’Elia
(4 maggio 2021)

Leggi anche: