Solidarietà al popolo iraniano: atti concreti per non restare in silenzio

“Non possiamo restare in silenzio” ripeteva, ieri 16 gennaio, l’attrice Barbara Amodio con voce roca e cupa in apertura della serata dedicata alla costruzione di una Rete di solidarietà per la libertà del popolo in Iran, organizzata da Woman Life Freedom Italy Community, in collaborazione con l’APS Donne di Carta, Amnesty International Italia e il Teatro Manzoni.

solidarietà popolo iraniano
La costituzione della Rete di sostegno della lotta in Iran: politici, intellettuali, giornalisti

Atti concreti: patrocinio politico per i condannati a morte

“Non possiamo restare in silenzio nella bulimia della paura”, ma non possono bastare le parole: servono atti concreti. E uno di questi è il patrocinio politico dei condannati a morte per evitarne l’esecuzione. Adottato, per primi, da parlamentari tedeschi lo scorso dicembre, è stato fatto proprio anche da politici italiani: dalla senatrice Cecilia D’Elia e dall’On. Laura Boldrini, che ha già proposto che l’Italia si faccia promotrice presso i parlamentari europei affinché questo strumento venga adottato da quanti più attori politici possibili.
Anche le istituzioni territoriali possono aderire a questa proposta, come ha già fatto il Consigliere Comunale di Trento Marcello Carli, che ha redatto e inviato una lettera all’ambasciatore iraniano in Italia perché la pena di morte di un giovane arrestato venga commutata in altro o sospesa.

Importanti, però, sono anche le parole con le quali continuare a denunciare e a testimoniare quanto accade in quella che un tempo fu la Persia: è ciò che fa Amnesty International – ieri rappresentata da Tina Marinari – che tiene traccia dei crimini commessi e racconta “la morte di una generazione”.

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Serata della Rete di solidarietà per il popolo in Iran

Per non restare in silenzio: ricordare la civiltà dell’Iran

La ferocia della dittatura teocratica degli ayatollah, cui dal resto del mondo stiamo assistendo in tutta la sua evidenza in questi mesi, ha avuto in realtà più volte occasione di mostrare il suo vero volto: da quarant’anni infatti l’Iran detiene il primato delle esecuzioni capitali.

Risulta incomprensibile – ha sottolineato Massimo Papa, ordinario di Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici presso l’Università di Tor Vergata – che lo stesso Paese in cui istruzione e cultura sono molto estese, la poesia è patrimonio vivo di tutta la popolazione, gentilezza e ospitalità sono caratteristiche comuni, sia retto da un regime che nel Codice penale prevede reati quali l’ “inimicizia contro Dio”, o l’imputabilità sin dalla pubertà o ancora la precisa indicazione delle dimensioni delle pietre con cui eseguire la pena della lapidazione. Il principio su cui si basa questa impostazione del diritto penale iraniano è che chi si oppone al regime “fa la guerra a Dio”.

La grande civiltà dell’Iran, invece, ha lunghe radici e una ricchissima storia che è andata spesso in direzione del tutto opposta: fu Ciro il Grande, il primo re della Persia, nel VI sec. a.C. a far incidere su un cilindro di terracotta dei principi che equivalgono ai primi 4 articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

L’appello di Deniz Ali Asghari Kivage

La Rete di solidarietà alla lotta del popolo iraniano, costituitasi in questa serata, traccia un percorso ben definito dall’Appello redatto dall’avvocata iraniana Deniz Ali Asghari Kivage che contiene la richiesta di assumere, da parte di ciascun parlamentare italiano, il Patrocinio politico degli oppositori arrestati in attesa di processo o di esecuzione della condanna a morte. Indica, inoltre, una serie di azioni precise per raggiungere l’obiettivo, tra cui: l’informazione continua sulla loro sorte coinvolgendo l’ambasciatore; la sollecitazione dei parlamentari europei; la promozione di iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per non spegnere i riflettori sull’Iran.


Per aderire all’Appello


Luciana Scarcia
(17 gennaio 2023)

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