Costa d’Avorio: sviluppo ma sotto soglia di povertà il 40% della popolazione

Ex colonia francese indipendente dal 1960, la Costa d’Avorio nell’ultimo decennio ha conosciuto una considerevole crescita economica, che ha risentito solo in parte degli effetti della crisi pandemica del 2020. Lo riconosce anche la Banca mondiale, che cita il paese per il suo ruolo regionale in Africa occidentale, al punto da attrarre l’immigrazione da altri paesi dell’area (2,5 milioni di migranti, di cui più della metà provenienti dal vicino Burkina Faso). Eppure, la Costa d’Avorio è il primo paese per nazionalità dichiarata dai migranti che arrivano sulle coste italiane. Stando ai dati più recenti diffusi dal Ministero dell’Interno lo scorso 8 maggio, infatti, dei quasi 45mila migranti sbarcati da inizio 2023, 7.229 hanno dichiarato nazionalità ivoriana, un forte aumento rispetto ai 2.020 registrati a fine febbraio.

La Costa d’Avorio è primo paese al mondo per l’esportazione di semi di cacao, e ha un’economia prevalentemente rurale. Nonostante la ripresa positiva dalla pandemia del 2020, l’economia del paese è ora messa a rischio dal conflitto in Ucraina. Le conseguenze dell’invasione russa, infatti, hanno fatto alzare i prezzi dei fertilizzanti in modo esponenziale: secondo i dati della Banca mondiale, tra gennaio e agosto 2022 sarebbero stati ben il 90% più alti rispetto allo stesso periodo nel 2021. Di conseguenza, le importazioni di fertilizzanti sarebbero crollate del 55%, compromettendo la stabilità dei prezzi e la tenuta dell’agricoltura ivoriana.

Sempre secondo la Banca mondiale, l’economia della Costa d’Avorio è tuttora in grado di reggere le e sfide degli ultimi mesi, anche grazie alla crescita economica che il processo di democratizzazione dello scorso decennio ha portato con sé. Ma non sempre la tenuta dell’economia di un paese garantisce il benessere di tutta la popolazione: l’instabilità del settore agricolo e l’inflazione hanno infatti peggiorato le condizioni di vita della fascia più povera della popolazione. Quasi il 40% dei cittadini ivoriani, infatti, vive sotto la soglia della povertà, e a oggi il 4,3% della popolazione non è in una situazione di sicurezza alimentare. Sta proprio in questi dati il motivo della grande contraddizione che caratterizza la Costa d’Avorio, paese che traina l’economia regionale dell’Africa occidentale ma che si ritrova a essere il primo per nazionalità di quanti cercano di raggiungere le coste italiane.

Italia e Costa d’Avorio hanno recentemente sottoscritto degli accordi di collaborazione proprio tramite il Viminale. Lo scorso marzo, il ministro Matteo Piantedosi è stato nella capitale ivoriana Abidjan per una visita ufficiale, durante la quale ha sottolineato «l’impegno dell’Italia a contrastare il traffico di migranti e la tratta di esseri umani e al contempo a sviluppare, sia in sede bilaterale che europea, politiche di sostegno nei riguardi dei Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, valorizzando i canali di ingresso regolare ed i processi di formazione/lavoro per i giovani». E infatti nel frattempo, con il varo del decreto flussi, la Costa d’Avorio è stata compresa tra i paesi di origine da cui vengono ammesse le 44mila quote di ingresso per il lavoro stagionale.

Eppure, sempre nel marzo 2023, la Costa d’Avorio è entrata a far parte dell’elenco dei Paesi di origine sicuri aggiornato periodicamente dall’Italia. Questa classificazione prevede una procedura accelerata di analisi della domanda di asilo, spesso respinta visto che la situazione politica e sociale del paese in questione viene ritenuta sicura.  Ma proprio il fatto che l’aggiornamento della lista è avvenuto nelle stesse settimane della visita di Piantedosi ad Abidjan fa supporre che l’accordo tra i due governi riguardasse anche il tema dei flussi verso l’Italia.

E del resto non è nemmeno la prima volta che l’Italia collabora col governo ivoriano sul tema delle migrazioni. Già nel 2020 Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno nella scorsa legislatura, sottoscrisse un primo accordo di cooperazione bilaterale con l’omologo Vagondo Diomandé, un documento che prevede, tra le altre cose, lo scambio di informazioni tra le forze di sicurezza dei due paesi per la lotta a terrorismo e criminalità organizzata, progetti condivisi per l’integrazione dei cittadini ivoriani in Italia e soprattutto una «maggiore collaborazione in tema di rimpatri».

Lo stesso presidente ivoriano Alassane Outtara, ospite lo scorso settembre a un convegno di Confindustria a Roma, ha presentato il paese come «piattaforma di riferimento per gli investimenti in Africa». Ma nonostante la crescita economica del paese e le opportunità di investimenti per i partner occidentali, la Costa d’Avorio è ora il primo paese per nazionalità dichiarata al momento dello sbarco sulle coste italiane. Un fatto che crea non pochi problemi organizzativi e che  soprattutto mette a rischio il rispetto dei diritti umani di quanti chiedono diritto d’asilo, visto che la Costa d’Avorio è ora ritenuto un paese di origine sicuro.

Carlo Comensoli
(11 maggio 2023)

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