Migrazioni: a Granada politica e realtà più lontane

La politica europea sulle migrazioni, nel vertice di Granada, appare in ritardo nella capacità di intervento su una realtà complessa, sempre più difficile da governare. Troppo chiusa nei suoi interessi, non riesce a prospettare soluzioni al passo con le grandi trasformazioni del mondo.

Politica europea a Granada - fermare le migrazioni. Fonte Google
Politica europea a Granada – fermare le migrazioni. Fonte Google

Migrazioni: a Granada politica europea unita nel chiudersi, ma risultati scarsi

Il vertice a Granada della Comunità politica europea sulle migrazioni e altre questioni, conclusosi ieri 6 ottobre, ha mostrato i rappresentanti dei Governi molto soddisfatti e sorridenti — meno quelli di Ungheria e Polonia —, ma se si cerca di capire quali risultati o novità ci siano si riesce ad acchiappare poco.

  • Grande enfasi, nella comunicazione, sulla piena intesa sugli obiettivi: rafforzamento del controllo di frontiere e porti, non solo della UE; lotta ai trafficanti, alle loro strutture e all’immigrazione irregolare; ingressi selezionati da ciascun governo.
  • Per il voto contrario di Polonia e Ungheria è mancata l’approvazione formale dell’accordo sul Patto per la migrazione e asilo del Parlamento e del Consiglio, già proposto nel 2020, che avrebbe dovuto stabilire, oltre a cooperazione, sostegni finanziari e scambio di informazioni fra i paesi membri, anche l’obbligatorietà della solidarietà europea in merito alla redistribuzione di migranti, in cambio di denaro (20.000€ a persona); e la cancellazione dell’emendamento tedesco sulla funzione delle ONG, sostituito da un generico riconoscimento che le operazioni di tipo umanitario non sono fattori di destabilizzazione.

Ciò che sta veramente a cuore dei capi di governo della UE è ben espresso dal comunicato congiunto di Meloni e Sunak: “Solo fermando il flusso di migranti irregolari possiamo ripristinare la fiducia dei cittadini”. Tradotto: ‘l’obiettivo primario è rassicurare l’opinione pubblica; a questo scopo non ci interessa affrontare il fenomeno dei movimenti migratori nella sua complessità, è sufficiente occuparsi dell’ultimo tratto’.
Che l’accoglienza dei migranti vada gestita e governata è la constatazione di una necessità, ma fino a quando non sposterà l’attenzione dagli arrivi alle cause delle partenze e all’integrazione la politica non guadagnerà in credibilità.

Migrazioni: conoscere la realtà di un mondo in movimento

La premessa del ragionamento è che, se nel mondo ci fossero meno diseguaglianze e meno ingiustizie, aumentate dalla globalizzazione, allora la mobilità sarebbe un diritto universale davvero. Nel mondo così com’è dobbiamo cercare di capire quali vantaggi avremmo, noi europei, se contribuissimo — e non solo con la cooperazione — allo sviluppo e alla crescita sociale e civile dei paesi di partenza, cioè, a creare le condizioni per vivere tutti meglio in un mondo più pacificato.
C’è da prendere atto, invece, che l’Europa — che è sostanzialmente un’idea di libertà civili, pace, giustizia sociale e progresso scientifico — non riesce a uscire dal suo ristretto orizzonte di interessi, soprattutto materiali, abbassandosi a ipocrisie e perdendo perciò credibilità nel mondo.

Conoscere la realtà che la politica sembra ignorare:

  1. Gli immigrati tra noi
    Molti studi e pubblicazioni affrontano con serietà scientifica il tema delle migrazioni, ma l’utilità di questa conoscenza non sembra trapassare nella politica né nella comunicazione prevalente.
    In quest’ultima vince una rappresentazione del migrante come quello che arriva col barcone, privato dei suoi caratteri reali di persona: una minaccia per la sicurezza oppure un poveraccio da aiutare. In una recente pubblicazione, Migramorfosi. Apertura o
    declino
    di Ferruccio Pastore, si legge che agli immigrati che vivono e lavorano in Italia, circa il 20% della popolazione — stranieri residenti + seconde generazioni + ingressi per lavoro — abbiamo riservato un atteggiamento predatorio e declassante, oltre che una diffidenza xenofoba, quando non apertamente razzista. Ignorando non solo che essi costituiscono una fondamentale “stampella demografica” per la nostra Italia invecchiata, grazie alle giovani straniere madri, ma anche che i lavori di cura delle straniere liberano tempo e spazio di lavoro alle nostre donne. E ignorando anche che ci sarebbe bisogno di lavoratori nella fascia media, come cuochi, infermieri.
  2. Migrazioni globali nel mondo che cambia
    Secondo le previsioni della Banca Mondiale, entro il 2050: 216 milioni di persone potrebbero diventare migranti climatici interni. A questi si aggiungerebbero gli spostamenti per altre cause. In Il secolo mobile. Storia dell’immigrazione illegale in Europa di Gabriele Del Grande si legge che entro il 2030 si sposteranno nel mondo 330 milioni di persone; entro il 2050, 430 milioni.
  3. Cosa succede in Africa, per esempio
    La nostra idea di Africa, continua Del Grande, come un blocco omogeneo costituito da stati in crisi, afflitto da fame e carestie, non rispecchia la realtà odierna. Questi aspetti continuano a sussistere, ma in un continente in continuo movimento, non solo per l’aumento demografico (al 2020: 1 miliardo e 100 milioni di abitanti) ma anche per lo straordinario boom economico che sta risollevando le sorti di molti paesi di quest’area (solo la Cina sembra essersene accorta). Un riflesso di questo fermento africano è la decisione dei 55 Stati dell’Unione africana di formalizzare la nascita del nuovo Mercato Comune Africano, sul modello della Ue.

La conseguenza delle trasformazioni in Africa — ma bisognerebbe conoscere anche altre realtà del Sud est asiatico — sarà l’aumento dei numeri della mobilità.

La politica europea non rispecchia le trasformazioni del mondo

Questi aspetti della realtà dimostrano l’inconsistenza delle scelte politiche che l’Europa sta compiendo e che sembrano destinarla a un futuro di irrilevanza nello scenario mondiale. La politica (e tutti noi) abbiamo bisogno di un salto culturale basato sulla messa in discussione delle frontiere, perché quello che sta accadendo nel mondo fa apparire ormai la “frontiera come una rete bucata con funzione puramente simbolica”.

Luciana Scarcia
(7 ottobre 2023)

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