DiMMi: edizione 2024 del concorso dei diari multimediali

Nelle sale della biblioteca “ Ennio Flaiano”, nel III Municipio capitolino, di fronte ad una platea attenta e partecipe, il 29 febbraio, è stata presentata la 9^ edizione del progetto DiMMi – Diari Multimediali Migranti, concorso nazionale ideato e promosso dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, assieme ad altre sedici organizzazioni operanti sull’intero territorio italiano.
Il concorso è rivolto a persone migranti che vivono o hanno vissuto in Italia, o nella Repubblica di San Marino e desiderino raccontare la propria storia attraverso un testo in italiano o in una lingua straniera, oppure condividere la propria testimonianza attraverso musica o file audio, fotografie, e-mail, lettere e disegni, cartoline, video. Requisito vincolante è che il racconto sia autobiografico e inedito. Saranno ammesse tutte le narrazioni autobiografiche inviate entro il 31 marzo 2024.
La selezione delle storie avviene attraverso la valutazione di apposite Commissioni di lettura e infine di una giuria scientifica nazionale; i vincitori del concorso saranno annunciati in occasione della 40° edizione del Premio Pieve Saverio Tutino che si svolgerà a settembre 2024. Le migliori storie in concorso sono raccolte e premiate con la pubblicazione dall’editore Terre di Mezzo. L’ultima raccolta pubblicata nel 2023 “Il diritto di salvarsi” raccoglie le storie finaliste del 2022. Tutte le storie che saranno inviate, quelle vincitrici e non – verranno depositate presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.

DiMMi: gli obiettivi

Il concorso ha due obiettivi:

  • riunire e custodire un patrimonio culturale che rischia di essere perduto;
  • contrastare gli stereotipi sulla migrazione, attraverso la testimonianza di chi l’ha vissuta in prima persona.

Si intende appunto ribaltare la narrazione quotidiana delle migrazioni dando spazio al punto di vista di chi le vive sulla propria pelle, facendo trasparire il disagio e la disperazione, ma anche la determinazione e la speranza di poter costruire un futuro migliore nella terra d’accoglienza.

DiMMi: l’evento in biblioteca

Luciana Burlin, coordinatrice della commissione del concorso DiMMi Roma 3- Nord-Est- nonché del circolo di lettura della biblioteca Ennio Flaiano, prima di presentare le sue ospiti:
– Alba Marina Ospina Dominguez, vincitrice concorso DIMMI 2021 e operatrice legale ARCI
– Paule Roberta Yao, vincitrice del concorso DIMMI nel 2019, mediatrice culturale,
ha raccontato di come si è convinta a sostenere il progetto DiMMi.

L’incontro determinante è stato quello con Alessandro Triulzi, storico, professore di storia dell’Africa presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale’ e collaboratore dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, che ha parlato dell’importanza delle storie che i migranti, che aspirano ad ottenere la protezione internazionale, sono costretti a formalizzare davanti a coloro che hanno potere di decidere se abbiano o meno titolo a rimanere nel paese di arrivo. Il loro futuro dipende dal fatto che esse siano ascoltate e credute, che riescano a comunicare le loro esperienze in modo da convincere della loro autenticità. Ciò l’ha indotta a riflettere, ha continuato Luciana Burlin, “come sia importante che le immagini della massa indistinta dei migranti da cui, quasi quotidianamente, siamo bombardati tramite i mass media, escano dalla loro dimensione di numeri per acquisire una identità, abbiano finalmente un nome e cognome.”
I racconti di sé, veicolati dal progetto DIMMI, vengono per lo più scritti in periodi successivi, non sono più contraddistinti dall’urgenza di essere creduti e di dover formulare una storia che sia a tutti i costi convincente.
Essi trovano origine e sostegno nella vicinanza relazionale che le persone migranti hanno con chi, negli anni, gli è stato accanto: siano le strutture dedicate all’accoglienza oppure docenti, operatori di associazioni di volontariato o anche i loro vicini di casa. I racconti di sé nascono da questa relazione di vicinanza che li motiva a comunicare il proprio Io, ad esprimere le proprie emozioni, i propri sogni di futuro, e dunque la voglia di raccontarsi o anche il bisogno di lasciar uscire, e quindi liberarsi, di un ricordo traumatico “voi vi chiederete perché vi ho invitato qui oggi, qual è lo scopo di questo invito” ha domandato alla platea dei presenti, Luciana Burlin “ vorrei cercare di coinvolgervi,  vorrei convincervi a divenire futuri “incoraggiatori” di nuovi scrittori di storie”

DiMMi: le storie di Alba Marina e Paule Roberta

 



Paule Roberta Yao è una cittadina francese di origine camerunense. Trasferitasi a pochi mesi di vita in Francia con tutta la famiglia. Ha conseguito in Francia un master in Traduzione e linguaggi settoriali, vivendo tra Inghilterra, Francia e Italia. Ha riscoperto la sua terra d’origine solo da adulta, per ricercare una parte mancante della sua identità. E’ una mediatrice linguistico-culturale.
Paule é una bella ragazza che indossa orgogliosamente una sciarpa annodata sul capo, a coprire i capelli, alla maniera del suo paese d’origine, prendendo la parola durante l’evento, affermerà che, inizialmente, aveva provato un po’di scetticismo nei confronti del progetto.  “Era il 2019, erano già anni difficili, in cui l’Italia metteva in campo politiche migratorie populistiche che creavano un immaginario collettivo tossico e violento intorno alle migrazioni. Volevo essere sicura che la mia storia non fosse affidata a piattaforme o canali che avrebbero alimentato ulteriori strumentalizzazioni, perciò prima di scrivere ho letto il volume che raccoglieva le storie precedenti e mi sono resa conto che non c’era stata alcuna mediazione tra i racconti delle persone e quello che era stato pubblicato. Erano le storie vere di vita.”
“ Leggendo le storie di tanti migranti che hanno lasciato i loro paesi perché costretti, mi rendo conto che io ed Alba siamo due esempi di migrazione privilegiata. Siamo giunti in Francia perché mio padre aveva vinto una borsa di studio in medicina, siamo arrivati comodamente con l’aereo, non abbiamo dovuto affrontare problemi per avere permessi di soggiorno.”
 “ Ho partecipato alla 4^ edizione del concorso e sono risultata finalista, insieme ad altre 15 persone, con il racconto Questo strano mercoledìLe nostre storie hanno composto un antologia corale che è stata pubblicata, nel 2020, dall’ editore Terre di Mezzo con il titolo “Il confine tra noi” ,dirà Paule  a Piuculture,  “Attualmente sto collaborando con il progetto, affianco i coordinatori nazionale DiMMi è un modello di buone pratiche che sta uscendo dalla sfera nazionale per assumere una dimensione internazionale: abbiamo ricevuto dei fondi da un progetto europeo che si chiama ITACAall’interno del programma Horizon 2020, che intende allargare la narrazione sulla migrazione a tutta la regione mediterranea. Inoltre sono una mediatrice linguistico-culturale e mi occupo in particolare per la Caritas di tradurre le sessioni di psico-terapia delle persone migranti, che hanno dovuto migrare forzatamente. Il mio non è solo un lavoro di traduzione ma é mediazione linguistico-culturale per tutti i beneficiari di questo servizio della Caritas, qui a  Roma.”
“La mia è stata una migrazione al contrario“, continua, ” ho deciso di intraprendere questo viaggio da adulta, per trovare alcuni pezzi della mia identità e della mia storia. Dalla Francia, dove avevo sempre vissuto, anzi in realtà dall’Italia, perché vivevo già in Italia da diversi anni, sono partita, per la prima volta, per il Camerun dove non ero mai stata, visto che lo avevo lasciato, al seguito dei miei genitori, a pochi mesi di vita . La prima grande emigrazione della mia vita è quindi stata involontaria. Ho emigrato per scelte altrui e non per decisione mia.”  Paule continua: ” Conoscere il mio paese d’origine mi ha consentito di capire meglio quella che era stata la storia dei miei genitori, da dove vengono e come hanno vissuto e quindi, indirettamente, di capire meglio anche alcune parti di me stessa. Purtroppo non sono potuta restare lì così a lungo da fare una ricerca molto approfondita ma sono tornata altre due volte e ogni volta che torno si aggiunge un pezzettino di consapevolezza, di conoscenza. Ho riallacciato i rapporti con una parte importante della mia famiglia che vive lì e con cui non c’era stata occasione di creare confidenza.” “Ora vivo a Romadice, tornando al presenteil mio percorso di studi- sono una linguista, laureata sia in Inglese che in italiano- mi ha portato a venire spesso in Italia, pertanto ho deciso di stabilirmi definitivamente qui nel 2011. Ho la cittadinanza francese e il mio passaporto mi consente di muovermi liberamente, rispetto a tanti stranieri mi sento una privilegiata.”
Riprendendo poi a parlare del progetto, afferma con convinzione: “DiMMi è un progetto virtuoso di come si può e si deve raccontare le migrazioni, racconta le storie di vita dei migranti con estrema dignità, senza mai cedere alla tentazione di spettacolarizzare il dolore, come spesso succede in televisione o nei giornali, in maniera anche morbosa. E’ un progetto che sta conquistando spazi di visibilità sempre maggiori. A Settembre siamo stati ospiti al Festival della Letteratura di Mantova, siamo stati alla Fiera Più Libri più Liberi di Roma, saremo, in Aprile, al Festival Sabir a Prato“.
Infine,  tornando alla sfera personale e parlando dei cambiamenti che DiMMi ha determinato nella sua vita, risponde decisa, “Sicuramente a livello personale è stato un passaggio molto importante. Ho acquisito una comunità di amici, di affetti, di persone con cui condividere una visione del mondo. E’ un progetto di attivismo politico, che aiuta le persone a raccontare anche le vittorie, le rivincite, i riscatti i progetti di vita. Una persona che ha alle spalle un progetto di emigrazione è una persona che vede il mondo attraverso più culture, possiede più filtri per interpretare il mondo quindi è una persona che sa più cose. Anche se la politica vuol far passare un altro tipo di messaggio, la persona emigrata ha in realtà una marcia in più.”

Alba Marina Ospina Dominguez- è di origine colombiana, raggiunge l’Europa per motivi di studio e dopo un periodo trascorso in Francia arriva in Italia, dove svolge il servizio di volontariato europeo e lavora per aiutare i richiedenti asilo. Un viaggio in Spagna, diventato un viaggio nella memoria familiare, è per lei occasione di iniziare a raccontare la propria storia personale e quella della sua famiglia. .
“Sono un’operatrice legale”, si presenta Alba, con piglio deciso e uno sguardo fiero quanto quello di Paule “e sono una consulente esperta in protezione internazionale, mi occupo, affiancando avvocati e una rete di sostegno sociale, di aiutare le persone straniere, in particolare i rifugiati nella loro procedura per l’ottenimento dei loro documenti in Italia. Sono psicologa di formazione, con una specializzazione in intercultura” continua “ faccio questo lavoro che, paradossalmente, è molto vicino alla psicologia perché gli aspetti burocratici e istituzionali che fanno sì che lo Stato ti identifichi come cittadino, hanno una fortissima ripercussione sul benessere psicologico delle persone.” Nel momento in cui lo Stato ti riconosce come soggetto, riconosce che tu hai diritto di esserci, che hai diritto ad una progettualità quanto un altro cittadino, attraverso il rilascio del permesso di soggiorno, tu inizi a vivere. Nel mio lavoro io ho ascoltato più di 500 testimonianze, persone straniere che raccontavano la loro storia per poter essere riconosciute dallo Stato italiano.” 
“ Mi ritengo migrante” afferma poi con tono orgoglioso “ perché sono una persona in movimento, sono da un anno e mezzo a Roma, ho vissuto in Italia in altre città, sono cresciuta in Colombia, ho vissuto in Spagna, in Francia. Anch’io ho avuto una migrazione privilegiata come Paule, infatti pur essendo colombiana ho potuto sempre spostarmi in altri paesi grazie al fatto che posseggo un doppio passaporto, uno colombiano ed uno spagnolo, perché mio nonno era spagnolo ed emigrò in Colombia, durante la seconda guerra mondiale, per fuggire dalla dittatura di Franco. “Sono venuta in Italia solo per amore” confessa sorridendo “ ma non mi sono mai dovuta preoccupare di avere un permesso di soggiorno perché avevo anche un passaporto europeo che mi permette di spostarmi in 183 paesi diversi.  Io vivo questo paradosso”, continua AlbaLe storie di DiMMi sono anche tutto questo, sono memorie di migranti che hanno avuto delle opportunità oppure che hanno dovuto affrontare molti ostacoli legali per poter rimanere nel paese di arrivo.”
“nel 2021, il mio racconto Stazioni che troverà poi posto nella raccolta edita nel 2022 che si chiama “Alberi in cammino”, è in realtà un omaggio al filone femminile della mia famiglia. Io parto con questo racconto di mia nonna che dalla Spagna, dalla Galizia in particolare, emigra con mio nonno verso la Colombia e dopo racconto la mia migrazione dalla Colombia alla Spagna e dalla Spagna all’Italia. Quindi intervisto mia madre che rappresenta una seconda generazione di emigrante, in quanto è nata in Colombia da genitori spagnoli.” Ribadisce poi Alba “ è un omaggio al ramo femminile della famiglia perché la mia bisnonna materna era nata in Argentina e dall’Argentina era arrivata in Spagna, mia madre è nata in Colombia dove sono nata anch’io e poi ora sia io che mia sorella siamo tornate in Europa.” “ C’è questo quasi mandato migratorio al femminile” dice sorridendo “ in diversi contesti e per motivazioni molto differenti però mettendo l’accento su l’emigrazione come momento ed opportunità di emancipazione.” Alba parla con un tono deciso e sicuro quando afferma,  “abbiamo avuto l’opportunità di scegliere, emigrare e spostarci ci ha dato l’opportunità di ricostruirci. Mia nonna emigrò in una situazione di forte precarietà economica, seguendo mio nonno, però per lei rappresentò anche la liberazione da una famiglia dove altrimenti sarebbe stata costretta, a vivere una situazione abbastanza difficile secondo le tradizioni del territorio galiziano. Quindi partire ha rappresentato, per lei, la sua emancipazione e la sua libertà, vivere in Colombia ha rappresentato anche la possibilità di dare un’opportunità a mia madre. Mia madre pur vivendo in una situazione estremamente povera adesso è professoressa universitaria. C’è stato quindi un riscatto generazionale.  Io invece emigro in una situazione di privilegio perché vinco una borsa di studio, grazie a questa borsa di studio posso viaggiare, vivere in Spagna e posso permettermi anche di venire in Italia per amore.”  Passando dalla storia personale a quella professionale, aggiunge: “come psicologa mi sono trovata a dover gestire il malessere principale dei richiedenti asilo che vivono in un centro di accoglienza: l’attesa. . E’ una violenza silenziosa, invisibile che è causata dalla burocrazia italiana. Nessuno esercita una coercizione nei confronti del tuo corpo ma lo sta esercitando dal punto di vista simbolico non riconoscendoti. Sono persone che restano in un limbo per tantissimi anni. Tanti ragazzi sperimentano qui la tristezza, la solitudine e l’ansia. Aspetti che nei loro paesi non avevano mai provato. Questo dolore mentale che faticano ad esprimere e spesso somatizzano è estremamente ricorrente proprio perché non hanno nessun controllo su quello che li circonda e restano impotenti nelle mani delle istituzioni statali che li dovrebbero proteggere.”
Tornando al progetto DiMMi,” Credo che questo progetto possa essere un’opportunità per tutti, per voi che siete qui e vi interessate per diversi motivi alla questione migratoria, per le persone straniere e ritengo sia un lavoro soprattutto per il futuro e per le cittadinanze del futuro. Per i ragazzi nelle scuole, che si identificano in una identità plurale, ibrida, diversa in cui ci sono tante sfaccettature dell’emigrazione.”

DiMMi: il progetto

L’esperienza è nata nel 2012, su iniziativa della Regione Toscana, che ha affidato all’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano il compito di raccogliere i racconti di sé delle persone straniere residenti in Italia per coinvolgere la cittadinanza sui temi della pace, della memoria e del dialogo. Il Concorso DiMMi si è così affiancato all’azione di raccolta diaristica condotta dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale integrandone le collezioni con un fondo che a oggi ha riunito circa 550 testimonianze di viaggio e racconti di sé di persone arrivate in Italia dal secondo dopoguerra in poi, da 68 paesi diversi. Nel 2019 si é trasformato nel progetto :”Dimmi di Storie Migranti“, finanziato della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e affidato a una rete di 47 associazioni, centri e istituzioni locali e regionali che hanno contribuito alla raccolta di memorie migranti in sei regioni italiane. Un patrimonio di memorie e testimonianze in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e la storia d’Italia attraverso diari, lettere, tracce di vita.
Dal 2022, a DiMMi si è affiancato il progetto europeo Horizon 2020- Ithaca- Interconnecting Histories and Archives for Migrant Agency” portato avanti da una rete di università e organizzazioni di diversi paesi mediterranei.


Nadia Luminati
(4 marzo 2024)

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