Sfruttamento e caporalato segno di economia malata

Sfruttamento e caporalato sono l’oggetto del webinar organizzato il 4 marzo dalla Cooperativa In Migrazione nata nel 2015 con lo scopo di aiutare gli immigrati in Italia.

Andrea Bosi, Vice Presidente di Avviso Pubblico, Associazione di Enti pubblici che promuove la cultura della legalità in ambito locale, e Assessore con delega ai lavori pubblici del comune di Modena, apre il dibattito con un focus sui riders, i lavoratori che ogni giorno vediamo sulle strade delle nostre città, per consegnare pranzi e cene a domicilio o nei posti di lavoro. L’ultima sentenza del Tribunale di Milano del 19 ottobre 2023 che estende all’attività lavorativa dei Riders la disciplina del carattere subordinato ci fa ben sperare nella possibilità di una soluzione anche per tutti gli altri lavori sottopagati e scarsamente o per nulla tutelati.

Viene subito messo in evidenza che parlare di sfruttamento solo in relazione a coloro che non hanno un permesso di lavoro, è riduttivo. La platea delle persone che sono costrette ad accettare condizioni di lavoro inadeguate e salari non dignitosi è una realtà che, invece di comprimersi, si allarga sempre di più e comprende anche cittadini italiani, soprattutto donne.

Sfruttamento e caporalato: fenomeni di un’economia malata

Simone Andreotti, Presidente di In migrazione, e Marco Benati sindacalista di Fillea CGIL rilevano che sfruttamento e caporalato sono fenomeni propri di un’economia malata che finisce con lo schiacciare anche l’imprenditoria sana che è pure presente nel nostro Paese. “In Migrazione” è una Cooperativa sociale che nasce nel 2015 per denunciare e offrire sostegno alla comunità Sikh occupata nei campi dell’Agro Pontino, lavoratori e lavoratrici che lavorano nei campi 10-14 ore al giorno e chiamano “padrone” il proprio datore di lavoro. A tutti gli effetti dei nuovi schiavi e l’Italia è al secondo posto in Europa dopo la Polonia.

Bruno Giordano, magistrato già direttore dell’Ispettorato del lavoro, ci ricorda che sfruttamento e qualità del lavoro vanno di pari passo. In questi ultimi anni assistiamo ad un fenomeno che coinvolge oltre al settore dell’agricoltura e dell’edilizia, anche settori più innovativi, come quello della logistica.  In particolare, Giordano ricorda che la legge 199 del 2016 è stata pensata proprio come contrasto al caporalato in agricoltura, settore dove tale fenomeno ha purtroppo origini antiche ed è diffuso in tutto il mondo. Secondo Giordano la mancata applicazione della L 199, in particolare la norma che prevede la confisca dei beni dell’azienda che si rende colpevole del reato, ha decretato il suo fallimento nel contrasto al fenomeno dello sfruttamento nel settore agricolo. Giordano sottolinea, inoltre che, in aggiunta alla mancata applicazione della norma, manca la figura del “pentito”, ossia di chi opera nel settore e decide di collaborare con le forze dell’ordine. Le vittime, da parte loro, preferiscono tacere perché manca sia l’incentivo a collaborare che una protezione sociale ad hoc. Né bisogna dimenticare, dice Marco Benati che caporalato e sfruttamento sono fenomeni di un’economia malata che schiaccia anche quella parte di imprenditoria sana che esiste.

I contratti “grigi” e il lavoro nelle serre

Il settore agricolo resta quindi l’oggetto di maggiore attenzione da parte degli studiosi!  Spesso, rileva la dottoressa Federica Cabras, Università degli Studi di Milano, autrice di una ricerca sul campo in ambito di un progetto PRIN (Progetto di Rilevante Interesse Nazionale finanziato con i fondi della UE), non si può nemmeno parlare di un vero e proprio caporalato ma piuttosto uno sfruttamento che tenta di essere regolare. Ai lavoratori viene fatto quello che Cabras definisce un contratto di lavoro “grigio”,  prevede cioè un monte ore di lavoro di molto inferiore a quelle realmente lavorate, che serve solo a mettere al riparo il datore di lavoro. Cabras riporta l’esperienza fatta sul campo avendo vissuto a stretto contatto con chi lavora nelle “serre” di Vittoria, uno dei più importanti mercati agricoli in provincia di Ragusa. Nelle serre, dice Cabras, si lavora tutto l’anno. Da stagionale che era il lavoro agricolo è diventato annuale. I lavoratori, inoltre, vivono in alloggi forniti dal datore di lavoro e la loro vita è costantemente sotto controllo, lo sfruttamento della manodopera invade gli spazi della vita quotidiana ed implica, tra l’altro, anche fenomeni di sfruttamento sessuale da parte dei datori di lavoro. Per molte lavoratrici, soprattutto quelle dell’est Europa, si tratta, sottolinea Cabras, di pratiche di sopravvivenza.

Lo sfruttamento nel settore edile, il subappalto a cascata

La legge 199 – 2016 a cui si richiama Giordano, è stata fatta per contrastare un fenomeno proprio del settore agricolo, il caporalato appunto, ma ciò non significa che non possa essere estesa ad altri settori, inficiati dalla piaga dello sfruttamento e del lavoro nero. Benati riporta l’attenzione sullo sfruttamento nel settore edile. Molti manovali lavorano senza permesso di soggiorno ricevendo salari indecenti. Inoltre, nei cantieri, non sono rispettate le più elementari norme di sicurezza (la Cgia denuncia un morto ogni due giorni  e 220.000 lavoratori in nero).  Benati punta il dito contro il Nuovo Codice degli Appalti, in vigore dal 1° luglio 2023 che prevede anche il subappalto cosiddetto a cascata. Il tempo di permanenza nei cantieri non gioca a favore dei lavoratori edili che, di solito, restano pochi giorni nello stesso cantiere e passano da una ditta all’altra seguendo la logica delle scatole cinesi. Benati sostiene basterebbero poche norme di rapida attuazione per ridurre significativamente il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori edili: in primis eliminare il subappalto a cascata, estendere le tutele previste per chi lavora nei cantieri di opere pubbliche agli operai che lavorano nei cantieri privati, fornire ai lavoratori un tesserino identificativo emesso dalle stesse casse edili. Il problema deve (e può) essere risolto con urgenza, Benati propone come modello il protocollo approvato per i lavori del Giubileo di Roma (in vigore dal 20 giugno 2023 per assicurare in tutti i contratti il rispetto dei criteri di interesse pubblico, legalità e trasparenza) che prevede la nomina di un commissario responsabile (nel caso del giubileo lo stesso sindaco di Roma, Gualtieri), di solito il direttore dei lavoro che dovrebbe agire in accordo con i sindacati e le parti datoriali.

Qualcosa può e deve, pertanto, essere fatto. Senza dimenticare che, da qui al 2025 si dovrà garantire l’ingresso a 450.000 lavoratori stranieri per assicurare il corretto funzionamento dell’economia. Quindi, organizzare un flusso d’ingressi regolari e adeguarsi velocemente per fare in modo che questa manodopera riceva condizioni lavorative e un’accoglienza adeguate. Tutto il territorio (Comuni, Enti locali, Asl, Ispettorato del Lavoro e Forze dell’ordine) deve coordinarsi ed attivarsi per proteggere e sostenere  questi lavoratori, quello che Marco Omizzolo, sociologo Eurispes, definisce un “Conflitto sano” che consiste nello stare accanto alle persone e nel richiamare tutti all’operatività.

Livia Gorini
(8 marzo 2024)

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