Il 18 luglio scorso, dal porto di Gaeta, è salpata una vela latina, una piccola barca in legno, costruita a Stintino nel 1946, di appena 5,40 metri di lunghezza che con la sola forza del vento ha navigato giorno e notte per circa 500 miglia per raggiungere prima l’isola di Ventotene, poi le coste tunisine e infine concludere la traversata nella porta d’ Europa, a Lampedusa, il 27 luglio. È stata deposta, nel canale di Sicilia, una corona di fiori per commemorare i morti ed i dispersi in mare, nel corso di una commossa cerimonia che si è svolta a bordo della barca.
Una vela latina da Gaeta alla Tunisia: l’evento
L’evento è stato fortemente voluto da Giovanni Di Russo, campione italiano di Vela Latina e presidente dell’associazione “Hormiae mare nostrum”, realizzato con il sostegno della Camera di Commercio di Frosinone e Latina, Azienda Speciale Informare, Blue Forum e con la collaborazione del Comune di Gaeta; anche il sindaco, Cristian Leccese, ha intrapreso con l’equipaggio un tratto del viaggio, fino a Ventotene, dove è stata presa in consegna una copia del “Manifesto di Ventotene”. “Per un’Europa libera e unita“, il titolo originale del manifesto, é uno dei testi fondanti dell’Unione europea, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, durante il confino sull’isola come oppositori del regime fascista, si ispira ai principi di pace e libertà. Il testo è stato donato alle autorità tunisine, in rappresentanza dei popoli del Nord Africa, insieme ad un messaggio di pace inviato dal Papa, per il tramite dell’Arcivescovo di Gaeta Monsignor Luigi Vari. A bordo, c’erano sette persone di equipaggio che hanno accompagnato il capitano Giovanni di Russo, presidente di “Hormiae Mare Nostrum “, tra cui Mohamed Mrad, massimo rappresentante della vela latina tunisina, e Luca Simeone, campione italiano di vela Latina.
Una vela latina da Gaeta alla Tunisia: l’intervista
“Con questa barca ho partecipato a due campionati di vela latina e due anni fa ho anche vinto, ho navigato a vela per tutta la vita dedicandomi alla vela moderna ma ora che sto andando in pensione mi piace l’idea di ripercorrere le mie radici e navigare come faceva mio nonno, per i porti del Mediterraneo, solo con l’aiuto del vento” racconta Di Russo. “L’impresa che abbiamo compiuto ha avuto un duplice scopo” prosegue “ in primo piano c’è il desiderio di veicolare il valore universale della pace, che noi crediamo vada coltivato giorno per giorno, quando la pace c’è, perché quando non c’è più è poi molto difficile ripristinarla. Il nostro è stato un gesto per sensibilizzare le coscienze di tutti coloro che abitano questo mare, che è la culla della nostra civiltà, per far sì che si creino dei momenti di confronto e di apertura tra questi popolo che hanno vissuto e navigato questo mare nel corso dei secoli. Il secondo motivo che ci ha spinto a intraprendere il viaggio” continua Di Russo “ è il fatto che non possiamo ignorare che il mar Mediterraneo, soprattutto il tratto del canale di Sicilia, è ormai divenuto un luogo di morte per i migliaia di migranti che, negli anni, vi hanno perso la vita. Il messaggio del papa e la telefonata che ci è arrivata dalla Presidenza della repubblica, hanno voluto proprio sottolineare questo aspetto. La nostra è stata una migrazione al contrario” spiega ancora il capitano dell’Hormiae “ mentre tutti vanno verso il nord noi siamo andati a sud per trasmettere un messaggio interreligioso: dopo il lancio della corona di fiori nel mezzo del canale di Sicilia, a suffragio delle vittime e dei dispersi in mare, io ho recitato una preghiera secondo il rito cattolico e il membro del mio equipaggio, Mohamed Mrad, mussulmano, un salmo in arabo. Ma ancora prima della partenza, il 18 luglio, l’Arcivescovo di Gaeta, Monsignor Luigi Vari, ha celebrato la Messa per i marinai presso la Cappella d’Oro di Gaeta, luogo importante per la Chiesa Cattolica perché, nel 1854, vi è stato formulato il dogma della Immacolata Concezione da Pio IX, alla presenza dell’Imam Nader Akkad della Moschea di Roma, che ha pregato insieme a noi, pronunciando parole di pace e solidarietà per tutti i popoli che affacciano su questo mare.” Come mai avete scelto la Tunisia , tra i popoli che affacciano sul mediterraneo, per consegnare il vostro messaggio di pace? attualmente il governo italiano e l’Europa hanno stipulato accordi con questo paese proprio per fermare il flusso migratorio. “ La Tunisia è stata, nei secoli, una nazione con la quale noi abbiamo avuto sempre un confronto ma anche momenti di scontro, è stata luogo di migrazione al contrario, molti italiani, a partire dal 19° secolo, hanno trovato accoglienza e sono vissuti lì a lungo, lasciando un’impronta importante e poi la vela latina è stata usata anche da questo popolo, come da tutte le civiltà del mediterraneo per veicolare merci ma anche cultura, saperi, di qui la scelta di questo armo velico come simbolo di unione tra i popoli. Il nostro evento non voleva avere alcuna connotazione politica, volevamo lanciare un seme di pace che potesse germogliare tra tutti i popoli che hanno trovato, nel mar Mediterraneo, un mezzo per unirsi e non dividersi”. Per dare maggior forza al concetto appena espresso, continua “ Fino agli inizi del secolo, era in vigore un linguaggio, tra i popoli del mediterraneo, che veniva compreso da tutti , il sabir, un idioma nato probabilmente tra il XV e il XVI secolo e che rimase in uso fino al XIX secolo, che permetteva ai naviganti di capirsi tra di loro pur avendo lingue diverse, questo vuol dire che c’era, pur nella diversità, la consapevolezza di appartenere ad un unico popolo, il popolo del mar Mediterraneo, questo ruolo del Mediterraneo va riscoperto e va valorizzato”. Come siete stati accolti dalle autorità tunisine ? “Siamo stati accolti benissimo, erano presenti i responsabili delle marine e l’ambasciatore italiano a Tunisi, c’è stato un confronto con i Tunisini proprio sul tema della Pace ma erano presenti solo autorità locali, non si sono viste personalità politiche, non so se la loro assenza sia stata determinata da un discorso di scelta politica” si lascia sfuggire Di Russo. Però poi aggiunge “Noi non saremmo potuti entrare nelle acque tunisine perché la nostra barca non è immatricolata, il Ministro degli Esteri tunisino ci ha fatto una speciale deroga per permetterci di accedervi, dimostrando quindi di aver compreso lo spirito simbolico del viaggio, inoltre l’ambasciatore tunisino a Roma ci ha consegnato la bandiera da poter issare sulla barca insieme a quella italiana. La volontà di appoggiare l’iniziativa non è mancata, sono certo che la nostra iniziativa ha contribuito a incrinare qualche diffidenza nei confronti degli italiani.” Com’è andato l’approdo a Lampedusa? “ Quando abbiamo cominciato a costeggiare l’isola e abbiamo visto l’ammasso di rottami degli scafi utilizzati dai migranti, lungo gli scogli e sparsi per quasi tutta l’isola, siamo rimasti senza parole, è una visione impressionante. Inoltre la cerimonia della corona di fiori in mare è stato dedicato anche a chi ha trovato la morte in mare lavorandoci, come mio nonno che era un pescatore e morì proprio su una vela latina, quindi il lancio era dedicato anche a lui.” Le tappe del vostro percorso sono state rispettate? chi vi ha supportato durante il viaggio? Quante miglia nautiche avete percorso? “Gli uomini della Guardia di Finanza ci hanno accompagnato da Gaeta a Ventotene e a Lampedusa prestandoci un supporto eccezionale lungo tutto il percorso e all’altezza dell’isola di Marettimo ci hanno consegnato la corona di fiori per la cerimonia del mare; ma il viaggio non si sarebbe potuto realizzare senza l’assistenza logistica offerta dalla “Fra Diavolo” ,la barca dell’armatore Vincenzo Addessi, che ha creduto in questa impresa e ci ha scortato per tutto il viaggio. Le tappe sono state quasi tutte rispettate, abbiamo percorso dal 18 al 27 luglio circa 500 mila miglia nautiche, saltando solo Tunisi, per via del cattivo tempo ma abbiamo toccato, come da programma Ventotene, la costa tunisina, dove siamo approdati ad Hammamet e Monastir e infine Lampedusa, dove siamo stati accolti dalle autorità locali oltre che da Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Carabinieri, dai bambini della scuola di vela, della Lega Navale, e ancora da Vito Fiorino, “l’eroe di Lampedusa”. il falegname-pescatore, che durante il terribile naufragio del. 3 ottobre 2013 ha soccorso da solo 47 naufraghi con la sua barca. È stato un momento toccante, a conclusione di un viaggio faticoso, ma quando abbiamo avvistato la Porta d’Europa ci siamo sentiti ripagati di tutti i nostri sforzi.” Pensa che questa traversata simbolica in favore della pace nel Mediterraneo potrà essere ripetuta, in futuro? “Vorrei poter ripetere un’esperienza simile, anche l’anno prossimo, per il Giubileo, se riusciremo a veicolare questi sentimenti autentici, in un momento storico segnato da tensioni e conflitti come quello che stiamo attraversando. Lo scopo è sempre solidarizzare il più possibili con chi non vuole la guerra e sono convinto che siamo la maggioranza. I popoli sono sempre per la pace, a differenza dei governi politici. il Mediterraneo, culla di tante civiltà nel corso dei millenni deve essere considerato un ponte di pace tra tre continenti e strumento per sensibilizzare le coscienze sul valore universale della pace.” conclude Giovanni Di Russo, con un tono di voce che fa presagire che stia già programmando altre avventure simili.
Nadia Luminati
(26 agosto 2024)
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