Bello è un aggettivo riduttivo per qualificare un libro. Una storia, che sia di fantasia o autobiografica, deve trovare una sua collocazione nell’anima del lettore. L’autore, i personaggi, i temi trattati restano attuali e sono riconducibili ad ogni luogo e tempo.
Il tema delle origini e gli eventi drammatici che le recidono
Hisham Natar è nato negli Stati Uniti. Nel 2017, il suo romanzo, “Il ritorno”, vince il Premio Pulitzer. È una storia di memoria, della struggente nostalgia per il Paese in cui sono nati i suoi genitori, la Libia, dove è tornato ancora bambino. Jaballa, il padre di Hisham Natar, è un oppositore del regime di Gheddafi: rapito dalla polizia libica, verrà imprigionato senza che l’autore possa rivederlo. Il desiderio di Hisham Natar di tornare in Libia e di poter rivedere il padre – di lui riceverà solo poche lettere dal carcere – ha le caratteristiche di un reportage giornalistico. La sua Patria lo ha rinnegato ma Hisham Natar non riesce e non vuole tagliare il cordone ombelicale che lo lega alla Libia. Ed è lì che vuole tornare fin da quando è bambino, “me ne stavo spesso sdraiato a fissare il soffitto, immaginando il ritorno”.
Il tema delle origini, dello sradicamento è di estrema attualità, nei romanzi di Hisham Matar non è mera nostalgia ma un bisogno primario dell’essere umano. Il ritorno dell’autore continua con l’ultimo romanzo “Amici di una vita”, Einaudi editore,2024. La narrazione della violenza di stato che costringe alla fuga e la ricerca della via di casa di Hisham Natar, come degli esuli e profughi di tutti i tempi, continua.
Un conflitto irrisolto, la spia israeliana che sognava un amico palestinese
Il filo conduttore de “Il Minotauro” dello scrittore israeliano Benjamin Tammuz, edizioni E/O, è quello del corteggiamento messo in atto dal protagonista nei confronti di una giovane donna incontrata per caso. Lui sa chi è la ragazza e le scrive lettere d’amore, la donna non sa chi è lui, non lo ha mai visto eppure aspetta con ansia la lettera successiva. Amore o ossessione? O pretesto per raccontare il percorso umano di un israeliano nato in Palestina da genitori europei emigrati in Israele, un israeliano di seconda generazione, dunque, che diventa, quasi per caso, agente segreto del Mossad. L’ infatuazione per la giovane donna, è un pretesto del protagonista per raccontarsi: la casa natale nei territori venduti dagli arabi, un compagno di giochi palestinese, figlio della domestica che lavora in casa. È all’infanzia che l’agente del Mossad sogna di tornare, perché nessun’altro se non qualcuno nato nella stessa terra, può capirlo. Il romanzo è il pretesto per fornire al lettore uno spaccato storico, Tammuz racconta la follia del conflitto fra palestinesi e israeliani, scrive “la vittima e il vincitore hanno nostalgia l’uno dell’altro e non c’è modo di tornare indietro…in realtà sono stati uccisi entrambi”. Con questa considerazione Tammuz sembra non lasciare alcuna speranza per la risoluzione del conflitto.
Una risposta la dà, voce nel deserto purtroppo, Erella Shadmi, “Una pace possibile, Israele Palestina”, Edizioni Vanda, maggio 2024. Memore forse del film “E ora dove andiamo”, che racconta di una immaginaria alleanza fra donne arabe e cristiane, stanche di vedere morire i loro uomini nel conflitto in atto nel paese, forse il Libano. Anche Erella Shadmi, sociologa israeliana, femminista e pacifista individua la via matriarcale come unica via possibile per contrapporsi ad una cultura della guerra, del razzismo, del patriarcato, per uscire dalle sabbie mobili in cui è sprofondato il conflitto medio orientale.
La democrazia “non” è la peggiore forma di governo
“È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate finora”, W. Churchill, da un discorso alla Camera del Comuni, novembre 1947. Il libro di Han Kang “Atti umani”, Adelphi edizioni, 2017, è un monito per ricordare a tutti il pericolo insito nelle dittature, di qualsiasi colore politico esse siano. L’astensionismo è il male del nostro tempo, a partire dal 2013 in Italia il non voto rappresenta la scelta più comune tra gli elettori e la democrazia, malconcia e difettosa, rischia di lasciare il passo ad altre forme di governo, che siano esse autocrazie, democrazie illiberali o autoritarie, i termini abbandono storpiando il significato stesso del termine. Con Atti umani, Han Kang, Premio Nobel per la letteratura 2024, precipita il lettore nell’orrore della strage durante la manifestazione del 18 maggio 1980, contro il regime del dittatore sudcoreano Chun Doo-Hwan. La maggior parte dei manifestanti erano studenti e professori. L’autrice riporta con dovizia di particolari la descrizione di quei corpi privi di vita, ormai solo carne, ammassati nelle palestre, “la sera arrivavano le persone che erano state uccise in periferia. Erano morte all’istante…Molte erano morte da poco..Eun-sook cercava di rimettere dentro un groviglio di viscere opache”.
Anche il suo ultimo romanzo “Non dico addio”, Adelphi, 2024 è la storia di un massacro, quello messo in atto nell’isola di Jeju-do, in Sud Corea, nel 1948. Circa 2500 gli isolani uccisi tramite esecuzione nelle settimane successive alla “pacificazione”, le vittime certificate saranno 14373, uccisi perché sospettati di essere comunisti. Han Kang invita a fare i conti col proprio passato per non ripetere gli stessi errori.
Nel 1988 la Corea del Sud è diventata un Paese democratico, nel dicembre 2024 il presidente coreano Yoon Suk-yeol ha annunciato di applicare nel paese la legge marziale. La legge è rimasta in vigore solo sei ore ma il presidente non ha dato le dimissioni.
I giovani sono le prime vittime dell’emarginazione, gli invisibili in patria
Nel 2018 Enne Enne editore pubblica “Salvare le Ossa” di Jasmine Ward. Il romanzo aveva vinto nel 2011, il National Book Award. Essere cittadini americani per diritto di nascita non preserva i quattro ragazzi protagonisti del romanzo da una vita dura, di quelle che rubano infanzia e adolescenza, dove i sentimenti e i sogni hanno poco spazio come quello del primogenito che vuole diventare un campione dell’NBA e dove l’io narrante, la sola femmina della famiglia rimasta orfana di madre che deve accudire i fratelli e il padre, dice “l’unica cosa che mi è sempre sembrata facile fin dall’inizio. è stata il sesso. Avevo 12 anni”. Una frase che stordisce e precipita il lettore in una realtà che spesso si preferisce ignorare o attribuire ad altri mondi e realtà. Invece, Esch, Skeetah, Randall e Junior vivono a Bois Sauvage, sulle rive del Mississippi. Con loro China, la cagna di Skeetah, un ragazzo che con lei vive un rapporto simbiotico. Una storia dura e tenera: sarà il forte legame fra i fratelli, che si tengono per mano fino all’ultimo, che li salverà anche dalla rabbia dell’uragano Katrina.
L’ultimo romanzo di Jasmyn Ward, “Giù nel cieco mondo”, NN Editore, 2024, conclude la trilogia di Bois Sauvage. Il romanzo è ambientato in una piantagione della Carolina, dove tutto ha inizio. È la storia di Annis, giovane schiava, che impara l’arte del combattimento e trova salvezza nel legame con la madre e nello spirito degli antenati. È l’ennesima rivisitazione della storia della schiavitù negli Stati Uniti, una storia a cui si deve ancora mettere la parola fine. Il Paese da cui tutto ha origine è sempre lo stesso, l’Africa.
Livia Gorini
(27 dicembre 2024)
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