“Io festeggio due volte”: coppie e famiglie miste in Italia

Lo stato di salute di una realtà dinamica tra risorse, difficoltà e resistenze

Le coppie e le famiglie miste diventano sempre più comuni nel mondo globalizzato di oggi, sono testimoni di un’inarrestabile evoluzione sociale e come tali rappresentano un microcosmo capace di fare luce su questioni sociali più ampie legate alla complessità della convivenza umana. Esperte spontanee del confronto interculturale e interreligioso, possono essere considerate dei veri laboratori sociali, capaci di offrire spunti e soluzioni concrete su come costruire società più inclusive, dinamiche e rispettose delle diversità.
In un Paese che guarda ancora con sospetto a questo tipo di unioni, il Centro Studi Confronti e l’Associazione Italiana Famiglie e Coppie Miste (Aifcom) hanno da poco pubblicato “Io festeggio due volte. Le coppie e le famiglie miste in Italia tra legami, discriminazioni, risorse”, uno studio collettivo a cui hanno partecipato ricercatori, intervistati, letteratura e dati, che si è prefisso tre obiettivi:

  • descrivere lo stato di salute generale delle unioni miste sul nostro territorio scattandone una prima fotografia,
  • cogliere i bisogni specifici per orientare il cambiamento verso una società più inclusiva anche a livello istituzionale
  • sottolineare le potenzialità di queste unioni, che “rappresentano un laboratorio spontaneo in cui si pratica l’arte della coesistenza”.

Soggetti ed oggetti di studio

Come gestiscono le differenze, come riescono a superare le divergenze, quale significato danno alle differenze culturali e religiose, quanto queste influenzano la genitorialità e l’educazione dei figli, quale importanza rivestono le famiglie d’origine, gli amici ed il vicinato, quale ruolo hanno la scuola, i servizi, il mondo del lavoro e le istituzioni nell’integrazione, come reagiscono ai pregiudizi, al razzismo e alla discriminazione, non solo sociale ma anche istituzionale? Queste sono, in grandi linee, le aree tematiche alle quali si è cercato di dare una risposta ed uno spazio di ascolto ad un campione selezionato di 424 persone, che hanno risposto ad un questionario online o sono intervenute a specifici focus groups.

L’alterità percepita e quella reale

La propaganda securitaria che considera il multiculturalismo una piaga da contenere e gli stranieri come poco integrabili e minacciosi per l’esistenza degli autoctoni e per il mantenimento dell’integrità culturale coinvolge anche le unioni miste, spesso considerate come relazioni di comodo al fine di ottenere un visto per il partner straniero o destinate comunque al fallimento.
Troppe le differenze: il colore della pelle, la lingua, la cultura, la religione, il contesto di provenienza, il livello di istruzione, i ruoli di genere, sono elementi reali con i quali le coppie devono fare i conti ma il cui peso effettivo dipende non solo dalla rilevanza che ogni coppia attribuisce loro ma anche da quanto la società rimandi, alla coppia stessa, l’immagine di un’unione atipica e controcorrente.
La stessa definizione di “coppia mista” genera reazioni diverse. Ci sono coppie che rifiutano categoricamente il termine “misto” come una categoria imposta dall’esterno e uno stigma da rifiutare, altre invece che lo percepiscono come un terreno di negoziazione quotidiano ed altre ancora come una ricchezza da valorizzare.
La riuscita sta nell’abilità di queste unioni di saper abitare i mondi dell’altro e di essere creativi con le differenze, che sono importanti nel racconto che la coppia fa di sé stessa. Se diventa sempre necessario decentrarsi dal punto di vista culturale ed abbandonare uno sguardo etnocentrico per comprendere l’altro, impegnandosi a sviluppare un’intelligenza interculturale dove niente deve essere dato per scontato, ogni coppia è infatti un universo a sé, con le proprie variabili legate alle personalità, alle esperienze di vita, alle risorse personali, al luogo di residenza, alla rete sociale e famigliare di supporto.
Quando le differenze vengono percepite, soprattutto nello sguardo degli altri, come negative e di ostacolo all’integrazione, può verificarsi la tendenza della coppia a negarle per autodifesa allo scopo di neutralizzarle, correndo peró il rischio di sottovalutarle e di non cogliere eventuali episodi di razzismo. Al contrario, se vengono sovrastimate, possono di diventare un alibi dietro il quale trincerarsi, per giustificare determinate posizioni senza impegnarsi a trovare un terreno comune.
Va inoltre ricordato che le caratteristiche della mixité non sono stabili ma sono soggette al passare nel tempo. Si è osservato infatti che all’interno della coppia le differenze culturali e religiose tendono a perdere importanza a favore degli aspetti caratteriali ed un’unione che cinquant’anni fa sarebbe stata considerata mista, come quella tra un partner italiano ed uno tedesco, oggi ha perso completamente la connotazione atipica di cui invece ancora risentono altri tipi di unione, come quelli con partner africani o rom/sinti.

La dimensione religiosa

La sfera religiosa è una delle aree che maggiormente interessano le unioni miste e anche una delle più complesse. Soggetta a minori negoziazioni se la coppia non ha figli, perché le scelte possono rimanere nella sfera privata del singolo, la dimensione religiosa tende ad acquisire importanza con la nascita della prole coinvolgendo anche le rispettive famiglie e la sfera sociale.
Le festività, i riti di passaggio, l’iscrizione all’ora di religione, le restrizioni alimentari, il modo di vestire, la sessualità, costringono la coppia ad una scelta di campo e possono risvegliare il senso di appartenenza religiosa, forzando preferenze e decisioni, spesso anche processi di mediazione con le rispettive famiglie.
Pur mantenendo chiara l’intenzione di trasmettere ai figli significati e valori ritenuti centrali da ciascun partner, per evitare conflitti ogni famiglia si rapporta con la religione con diverse modalità, che possono andare dalla rinuncia di uno o di entrambi i partner alla dimensione religiosa, molto raramente alla conversione oppure, più frequentemente, ad una sorta di “secolarizzazione”, che consente di abbracciare entrambe le confessioni privilegiandone la dimensione spirituale e che permette alla famiglia di “festeggiare due volte”.

Genitorialità, famiglie d’origine e scuola

Oltre alla questione religiosa, la genitorialità è una delle aree ritenute più problematiche anche per chi non ha ancora figli ma si proietta nell’eventualità di averli. Alle difficoltà comuni a tutti i genitori per la gestione del tempo e del lavoro, si devono sommare quelle strettamente legate alla mixité, al ruolo delle famiglie d’origine e al fatto che per l’85% quella del partner migrante risieda all’estero e non possa essere d’aiuto.
Le famiglie miste condividono due patrimoni familiari differenti, che possono essere vissuti come un’opportunità per allargare i confini o al contrario costituirsi come un nucleo a sé. Che si tratti di rifiuto totale all’unione, di diffidenza iniziale ridimensionata poi dalla nascita dei figli o di accoglienza e appoggio, il sostegno delle famiglie d’origine è sempre uno dei cardini sui quali poggia la riuscita di queste unioni ed anche una grande risorsa per la cura dei figli.
La necessità di trovare un terreno comune per la gestione della diversità negli approcci educativi, la trasmissione linguistica, culturale e religiosa, sono spesso aree di negoziazione anche con le famiglie di provenienza, capaci di generare attriti con esiti più o meno drammatici.
Analogamente, anche la scuola, la comunità religiosa e la società in generale possono essere territori di ostilità, marginalizzazione e razzismo, dove alla famiglia viene richiesto un ulteriore compito di educazione alla diversità. La scuola, in particolare, viene purtroppo percepita dalla metà dei rispondenti come distante, quasi retrograda, portatrice di pregiudizi e poco flessibile nell’accogliere le differenze culturali, religiose e linguistiche dei bambini.

Società, istituzioni e solitudine

Se le coppie miste si percepiscono atipiche negli occhi di chi le osserva, le istituzioni e la burocrazia non aiutano. Le coppie rilevano infatti un razzismo istituzionale diffuso, che si somma alle difficoltà oggettive legate all’integrazione del partner migrante, che già sconta l’essere letteralmente “spaesato”.
Nonostante due decreti legislativi del 2003 si riferiscano alla parità di trattamento in materia di occupazione indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, si assiste ancora ad una discriminazione istituzionale, intesa come “tutte quelle forme dirette o indirette di ostacolo nell’accesso ai diritti sociali e civili che integrano disparita di trattamento da parte del soggetto pubblico” e che evidenza la scarsa volontà o capacità della nostre istituzioni di considerare l’immigrazione un fenomeno strutturale e non emergenziale.
Minori opportunità di lavoro, diverso trattamento riservato al partner migrante, difficoltà a regolarizzare documenti e titoli di studio o a trovare casa, influenzano e rallentano il processo di integrazione, perché i documenti non sono solo pezzi di carta ma strumenti della propria identità dove si trova il passato, il presente ed il futuro di ognuno ed il lavoro, come ricorda la nostra Costituzione, è l’elemento fondante e conferisce al cittadino dignità, annienta l’assistenzialismo ed incrementa l’economia di un Paese che ancora sconta una grave arretratezza normativa.

Natascia Accatino
(14 marzo 2025)

 

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