
“Una mappa del mondo che non includa l’isola di Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo”per Oscar Wild. Si apre con la citazione del famoso scrittore inglese, “Bagliori di Speranza”, il IX rapporto dell’Associazione 21 luglio sulle comunità Rom e Sinti in Italia, presentato il 9 Aprile – su iniziativa della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato – nella sala dell’Istituto di S.Maria in Aquiro, del Senato.
“La visione sistemica è alla base del lavoro che l’Associazione 21 luglio svolge ormai dal 2010 e si concretizza in un costante lavoro di mappatura, monitoraggio e raccolta dati degli insediamenti monoetnici, presenti su tutto il territorio italiano, vuole essere anche un’azione propedeutica verso l’obiettivo generale di porre fine al “sistema campi.” Ha premesso Veronica Alfonsi, di Articolo 21 luglio, illustrando, insieme a Carlo Stasolla, il rapporto.
Alla giornata di presentazione, hanno preso parte, inoltre, Mattia Peradotto, Presidente Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali-UNAR- Mauro Palma, Presidente del Centro di ricerca European Penological Center dell’Università Roma Tre, Tommaso Vitale, professore di sociologia, Dean della Urban School di Sciences Po, CEE, Benoni Ambarus, Vescovo ausiliario della Diocesi di Roma, Roberta Gaeta, Consigliera della Regione Campania. Con la testimonianza di Drogan, un abitante del campo di Casoria.
Il modello MA.REA e i risultati del rapporto
“Bagliori di speranza “ perché sono sempre più le amministrazioni che stanno superando i campi” ha affermato Carlo Stasolla. “È probabile che già nel mese di aprile partirà il progetto MA.REA (MAppare e REAlizzare comunità), anche nei comuni di Ivrea e di Giuliano in Campania, stiamo finalizzando gli accordi con le amministrazioni. locali”. Dal 2021 Associazione 21 luglio lavora a sostegno delle Amministrazioni comunali interessate dalla presenza di comunità rom e sinte in condizione di segregazione ed emergenza abitativa, proponendo il modello MA.REA. caratterizzato da un approccio partecipativo e fortemente innovativo, già adottato da alcune Amministrazioni.
“Per colmare un vuoto conoscitivo che ha minato le basi della maggior parte delle azioni di superamento della segregazione, poste in atto dalle Amministrazioni statali e locali, abbiamo creato un portale dove sia possibile acquisire, in tempo reale, i dati quantitativi aggiornati sui 106 insediamenti monoetnici formali, abitati da persone rom e sinti in Italia.” Ha raccontato ancora Veronica Alfonsi, “Per fare in modo che questi dati siano attendibili e verificabili, l’Associazione incrocia le informazioni acquisite attraverso vari canali – acquisizione d’informazioni tramite le autorità locali, censimenti della Polizia locale, report delle aziende sanitarie, interviste ad osservatori privilegiati, quali associazioni religiose, scolastiche, giornalisti e soprattutto i sopralluoghi negli insediamenti. Spesso emerge una conoscenza frammentaria da parte delle amministrazioni locali, riguardo alle caratteristiche sia qualitative che quantitative degli insediamenti nei propri territori, spesso si hanno informazioni parziali”. Nell’introduzione al rapporto si legge che “La Strategia Nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti 2021-2030 ha rilevato la presenza di 516 insediamenti sparsi sul territorio italiano. In totale le persone stimate sono state circa 30.000. Si registrerebbe dunque un calo significativo di circa 10.000 unità nell’arco di un decennio.” Questi dati, tuttavia, secondo il monitoraggio condotto, negli anni, da Associazione 21 luglio non sarebbero esatti. Secondo il rapporto annuale, il numero delle persone presenti all’interno degli insediamenti sarebbe inferiore. “Sovrastimare i numeri, in maniera più o meno consapevole, potrebbe portare sicuramente a evidenziare il problema, a stimolare l’attenzione delle istituzioni governative, a garantire finanziamenti per progetti nel settore sociale, soprattutto nel breve termine”. Ma “questa pratica porta un danno nel lungo periodo per coloro che vivono direttamente il problema”, perché “rafforza lo stigma sociale, alimenta paure collettive, fornisce legittimità a dichiarazioni di “stato di emergenza” e politiche speciali oltre a favorire comportamenti discriminatori”.
Infatti, “i dati raccolti negli ultimi due anni confermano le tendenze già documentate nelle edizioni precedenti: il numero degli individui identificati nei campi formali ed informali sono in costante decremento a partire dal 2016, anno del primo rilevamento. In questi anni si è registrata una diminuzione complessiva del 53% circa 14.900 presenze in meno, rispetto al 2016. Nel 2024 abbiamo 12.900 mila persone circa contro i 28.000 del 2016.” Racconta ancora Veronica Alfonsi, “Il fenomeno è dovuto sia ad una tendenza delle nuove generazioni a voler uscire dai campi e cercare una soluzione abitativa differente ma anche ad una visione nuova e proattiva di molte amministrazioni locali che hanno messo in campo politiche abitative di superamento dei campi.”
“Ad oggi il quadro d’insieme è di 38 campi chiusi, 89 aperti e 17 in superamento.” Ha poi concluso l’Alfonsi, “Restano molte criticità in alcune zone del paese, come nell’area metropolitana di Napoli. Rimane un enorme lavoro da fare: per aiutare quelle persone ad autodeterminarsi, acquistando dignità, il diritto di cittadinanza e la fiducia di conquistare un futuro diverso per sé e per la propria famiglia, e un lavoro culturale per rimuovere i pregiudizi di un sistema che ha avallato la violazione dei diritti che ancora oggi non vengono riconosciuti.”
Alla diminuzione di presenze non corrisponde una diminuzione del sentimento di antiziganismo
“Dopo la guerra del Balcani, c’è stato, in Italia, l’arrivo di un grosso flusso di Rom, in tutte le città si sono verificate situazioni di convivenza necessaria, tra la popolazione e queste comunità che avevano la caratteristica di voler stare ai margini e quindi di scomparire. Meritorio perciò il lavoro dell’Associazione 21 luglio perché è riuscita a mettere insieme i numeri di persone che non hanno nessuna intenzione di comparire” Ha detto Luigi Spagnoli, segretario della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato, avviando i lavori. Dall’attività di monitoraggio e raccolta dati, condotta nel 2024 da Associazione 21 luglio, emerge però che l’Italia è ancora “il paese dei campi” ha infatti l’infelice primato di nazione europea che dedica maggiori risorse, sia umane che economiche, alla gestione di strutture abitative con un chiaro profilo discriminatorio.
“Dal rapporto dell’Associazione, si rileva come ad una progressiva diminuzione delle persone che vivono negli insediamenti formali o informali, ovvero in segregazione abitativa, non è corrisposta nel paese un’altrettanta forte diminuzione del sentimento, molto radicato, e trasversale, di antiziganismo, forma persistente di razzismo. È necessario lavorare fortemente, come stiamo facendo, anche in tema di promozione culturale con il recupero di memoria e promozione della cultura romanì.“ Ha affermato nel suo intervento Mattia Peradotto, dell’UNAR. “Ricordare lo sterminio o Porrajmos delle comunità rom e sinti nei campi di concentramento nazisti, riconoscere il contributo della cultura di queste comunità alla cultura europea, devono essere le chiavi di lettura per cercare di contrastare all’origine l’antiziganismo diffuso nel paese.”
L’aspetto scolastico è fondamentale come quello abitativo
“Associazione 21 luglio con il modello MA.REA., spera di raggiungere l’obiettivo di poter finalmente chiudere i campi e aprire le città. Il primo passo per poter cambiare le cose è lavorare sulle nuove generazioni, è attraverso la scolarizzazione che si può costruire un ascensore sociale che permetta ai giovani rom di frequentare le scuole ed avere le stesse opportunità degli altri cittadini” recita un video creato dall’associazione in occasione della settimana dedicata alla cultura romanì e all’antiziganismo. “Dove non c’è campo c’è scuola, il problema non è quello di portare i bambini che vivono nei campi rom a scuola ma quello di portare i bambini rom fuori dal campo“ nei campi italiani vivono circa 6000 minori rom spesso in condizioni di assoluta povertà. Secondo le statistiche un bambino su 5 non inizierà mai il percorso scolastico, avrà l’1% di possibilità di frequentare le scuole superiori e non accederà mai all’università. I pregiudizi legati ai Rom dicono che i genitori rom non vogliono che i figli frequentino la scuola, in realtà non è agevole farlo, per la lontananza dei campi da tutti i servizi. Lo scuolabus, quando c’è, spesso arriva in ritardo e parte in anticipo, così che i bambini non hanno le stesse possibilità di frequentare degli altri, i bambini rom non riescono a socializzare con i coetanei perché devono rientrare nel campo, sono sottoposti ancora a pregiudizi discriminatori e così via.
L’edilizia sotto standard non crea empatia ma ostilità e stigma
Tommaso Vitali, sociologo e vicepresidente di Articolo 21 luglio, ha parlato di “senso del pericolo definito su base etnica e di edilizie abitative sotto gli standard internazionali per il diritto a una sistemazione idonea, volute e pianificate dalle autorità. In Italia sono presenti diverse forme di alloggio che mirano ad accogliere nuclei familiari rom e sinti individuati su base etnica. Questa tipologia di edilizia sottostandard, questa degradazione dell’abitare non crea empatia, non crea supporto e solidarietà, crea ostilità e stigma. Il campo nomadi degrada le condizioni di salute ed il progetto di vita e crea della colpevolezza nei confronti di chi ci vive”. Cosa inverte l’abbandono istituzionale ed i circoli viziosi creati dall’edilizia sotto standard?” si é chiesto infine Vitali, “darsi un metodo e trovare alleati, fare inchiesta, procedere senza demagogia, trovare collaborazioni interistituzionali. Non attendere che si verifichino le condizioni migliori per agire.”
La testimonianza di Dragan
La presentazione del rapporto “Bagliori di Speranza“ si è chiusa con la testimonianza di Dragan, nato a Napoli e vissuto nei campi e la domanda a lui formulata, senza preavviso, da Carlo Stasolla: Cos’è la speranza oggi per una persona che vive nel campo di Casoria? “La mia speranza è che un bambino non debba più affrontare le difficoltà di chi vive in un campo” esordisce Dragan, vorrei vedere un bambino vivere in una casa, avere il gas per riscaldarsi e cucinare e la luce elettrica, avere il pediatra. Io sono cittadino italiano, molti mi chiedono come ci sono riuscito perché senza diritti, senza regolarizzarsi non si può vivere. Io ho lottato tanto per avere i diritti di base e li ho ottenuti, vorrei che ogni bambino rom potesse realizzare lo stesso risultato.”
Nadia Luminati
(16 aprile 2025 )
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