Paesi d’origine sicuri: la lista ora è europea

 

 

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Foto Alessandro Guarino

La Commissione Europea di Ursula von der Layer, tenendo fede alle dichiarazioni fatte nei mesi scorsi, ha presentato, il 16 aprile, la prima lista comune europea di Paesi di origine sicuri per le persone migranti, anticipando così, di fatto, alcuni aspetti del Patto sulla migrazione e l’asilo, approvato lo scorso anno, che entrerà in vigore dal giugno 2026.
L’obiettivo è trattare più rapidamente le domande di asilo considerate, in base a criteri statistici e oggettivi, probabilmente infondate ma non è destinata a sostituire le liste nazionali, già approvate in molti Stati membri. La Commissione afferma che il suo elenco comune servirà a favorire una maggiore convergenza tra le liste nazionali degli Stati membri. Assicura, inoltre, che l’elenco dei Paesi d’origine sicuri sarà dinamico: alcuni Paesi possono essere rimossi o nuovi Paesi possono essere inclusi perché la Commissione riesaminerà regolarmente le condizioni di ciascun Paese. Però, se un Paese viene estromesso dalla lista europea può essere mantenuto, sulla lista nazionale di uno Stato dell’Unione, solo se la Commissione non vi si oppone.
La lista dovrà essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio e, quasi sicuramente, ciò avverrà senza problemi già alla fine del mese di maggio.
L’Asgi, l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione,  ha stimato che le nuove regole potrebbero riguardare circa 200mila persone, sui 900mila che ogni anno fanno domanda d’asilo in UE.

La Lista europea: i Paesi, le regole

La lista include, in totale, 15 Paesi, di cui 7 sono extra-europei, Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia, mentre gli altri sono i paesi candidati all’ Ue, con l’eccezione temporanea dell’Ucraina, causa guerra in corso: Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Moldova, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. La Commissione ritiene infatti che i paesi candidati all’UE, in linea di principio, soddisfino i criteri per essere designati come Paesi di origine sicuri, in quanto, nell’ambito del loro percorso di adesione all’UE, stanno lavorando per raggiungere la stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la tutela delle minoranze. Un Paese candidato verrebbe escluso solo in alcune circostanze specifiche, come la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto o il riconoscimento negli Stati membri della protezione internazionale superiore al 20%.
Anticipata, rispetto al Patto, oltre la lista anche la regola del 20%. Pertanto gli Stati membri potranno applicare la procedura di frontiera o accelerata, l’iter che prevede l’esame della richiesta d’asilo, in un tempo massimo che passa da sei a tre mesi, alle persone provenienti da quei paesi in cui il 20% o meno dei richiedenti ottiene la protezione internazionale nell’UE. Infine, i Paesi terzi sicuri così come i Paesi di origine sicuri potranno essere designati con eccezione: cioè gli Stati membri avranno maggiore flessibilità di escludere parti di regione o categorie identificabili di individui, nella designazione di un Paese da inserire nella loro lista.
Ciò nonostante, la Commissione ha ribadito che la designazione di un Paese come Paese di origine sicuro non costituisce una garanzia di sicurezza per tutti i cittadini di quel Paese. Gli Stati membri dovranno continuare ad effettuare una valutazione individuale di ogni domanda di asilo, indipendentemente dal fatto che una persona provenga o meno da un Paese di origine sicuro.

La lista europea: i criteri di valutazione

I migranti provenienti da tutti questi Stati sono stati scelti, ha spiegato la Commissione, perché ottengono lo status di rifugiato nell’Unione europea raramente, con tassi di riconoscimento pari o inferiori al 5% ovvero perché, negli ultimi anni, hanno presentato un numero consistente di richieste di asilo rigettate e, per quanto attiene i paesi in attesa di entrare nell’UE, perché i loro cittadini sono esentati dal visto per viaggiare nell’Unione. Infine sono stati inclusi i paesi che già figurano negli elenchi di Paesi di origine sicuri.
La valutazione per stabilire se un Paese terzo sia un Paese d’origine sicuro, secondo quanto sostenuto dalla stessa Commissione, si è basata su una serie di scambi con gli Stati membri, l’EUAA, l’Agenzia Europea per l’Asilo, il SEAE,  Servizio europeo per l’azione esterna, l’UNCHR , l’Agenzia ONU per i rifugiati, e altre parti interessate come le organizzazioni non governative.

La lista europea e le liste degli Stati membri

L’Italia, com’è noto, per dare maggiore legittimità politica alla propria lista di Paesi sicuri, prima designati con decreto interministeriale, ha approvato, nel mese di ottobre 2024, un decreto legge. L’intento, è stato quello di aggirare le sentenze dei Tribunali italiani che non hanno convalidato i trattenimenti dei migranti nei Centri in territorio albanese, giudicando i paesi di provenienza di quelle persone non sicuri, in base alla normativa europea e alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre scorso, che aveva definito un paese “sicuro” solo se lo è per tutti i suoi cittadini e sull’intero territorio nazionale.
Le proposte della Commissione sembrano ora accogliere e fornire un lasciapassare europeo alle politiche migratorie del governo italiano, in particolare al protocollo stipulato con l’Albania. Con l’inserimento nella lista europea del Bangladesh, Egitto e Tunisia, l’Italia ritiene, probabilmente, di avere ora via libera per tornare a riempire i centri d’Albania.
La lista dell’Italia, come più volte detto, comprende 19 Paesi, 8 in più rispetto a quella Europea, se escludiamo dalla lista i paesi in attesa di aderire alla UE, e cioè Algeria, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Senegal, Perù, e Sri Lanka ma molti sono i Paesi membri che hanno designato, negli anni, in base a loro criteri e interessi, liste analoghe. Attualmente, ad esempio, la Germania ne elenca nove, ma il nuovo governo intende espanderla significativamente includendo anche Algeria, India, Marocco e Tunisia. La Grecia insiste che sia inserita la Turchia e la Francia già considera Capo verde e Serbia, che è un Paese in lista d’attesa per l’ammissione nella Ue, come Paesi d’origine sicuri.

Le reazioni delle associazioni

e della società civile

Secondo l’associazione EuroMed Rights, nella lista sono stati inclusi paesi come la Tunisia, il Marocco e l’Egitto, ma anche la Turchia, che presentano violazioni dei diritti umani ben documentate e tutele limitate sia per i propri cittadini che per i migranti. In particolare, EuroMed ricorda che in Egitto ci sono circa 60mila detenuti politici; chiunque esprima dissenso o anche sostenga chi osi criticare il Presidente Al-Sisi, viene perseguito e incarcerato. Questa repressione si estende persino oltre i confini nazionali. In conclusione, EuroMed Rights invita l’UE e i suoi Stati membri a riconsiderare la decisione e a rimuovere Egitto, Marocco e Tunisia dalle loro liste di Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri.
In Tunisia, racconta Human Rights Watch, le autorità utilizzano la detenzione arbitraria come strumento di repressione, ed incarcerano decine di dissidenti attraverso procedimenti giudiziari politicamente motivati.
In questo “paese sicuro”, con cui l’Italia ha una stretta collaborazione, dal febbraio 2023, continua Human Rights Watch diverse persone sono state arrestate perché etichettate dal presidente Kais Saied come “terroriste”. Una formula decisa senza grandi processi né carte probatorie.
Sul piano politico si è espressa in modo fermo l’Europarlamentare del Pd Cecilia Strada: “In tre Paesi indicati dalla Commissione – Bangladesh, Egitto e Tunisia – come emerge anche dagli stessi testi di accompagnamento della proposta – è ancora in vigore la pena di morte, si registrano ancora atti di persecuzione e torture contro minoranze e oppositori nonchè limitazioni importanti delle libertà fondamentali. Difficile pensare che possano essere considerati regimi pienamente democratici, e quindi sicuri”.

Nadia Luminati
(15 maggio 2025)

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