Genocidio: usare le parole giuste per raccontare Gaza

Manifestazione Stop al massacro e Musica per Gaza

La manifestazione del 7 pomeriggio a Roma e l’evento Musica per Gaza la mattina dopo a p.za Vittorio non potranno essere archiviati come una generica volontà di protesta per ciò che sta succedendo a Gaza. È accaduto qualcosa di importante che evidenzia ancora una volta una distanza tra parte dei cittadini e indirizzi politici prevalenti nel mondo e in Italia, ma anche una possibilità di cambiamento, quantomeno per quei politici che vogliono rappresentare orientamenti e sensibilità dei cittadini.

Scegliere le parole giuste è un dovere morale

Chi ha partecipato ai due eventi ha sentito il dovere morale di non restare in silenzio in attesa della politica e di testimoniare con i propri corpi e la propria voce l’urgenza di porre fine alla distruzione di Gaza e dei palestinesi. Ma ‘distruzione’ è una parola troppo generica, così come ‘emergenza umanitaria’ o ‘crimine di guerra’, mentre sono necessarie le parole che aderiscano alla realtà, e la realtà è che si tratta di un ‘genocidio’: questa è la parola giusta, come è stato detto nella manifestazione. Contro questo la piazza si è espressa con la commozione della priorità dei sentimenti umani.
E commozione è il tratto che ha caratterizzato anche l’evento Musica per Gaza tenutosi l’8 mattina: musicisti con i loro strumenti, coristi con le loro voci, persone con tamburi o semplicemente con le mani hanno messo la bellezza della musica al servizio di una causa morale, che non può lasciare indifferente la politica o perlomeno una parte dei rappresentanti politici.

Il crimine di genocidio e il Diritto Internazionale

Nel gennaio 2024, sulla base della Convenzione per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio, la Corte Internazionale di Giustizia aveva richiamato Israele affinché ponesse in atto quanto necessario per prevenire atti di genocidio a Gaza e punire gli appelli all’incitamento. Ma morti civili e distruzione continuano con crudeltà maggiore. L’unica legge che regola i fatti è l’uso della forza, indispensabile a una politica di occupazione coloniale.

Israele anticipa il futuro

Dietro questa commossa partecipazione c’è anche la chiara consapevolezza che il genocidio in atto a Gaza non ci è estraneo: sta dentro la logica dei nazionalismi, animata dall’idea che solo l’uso della forza può disegnare il futuro. La politica di Israele sta anticipando uno scenario che ci riguarda tutti.
“Il sistema che reprime i palestinesi è lo stesso al quale apparteniamo noi” – scrive Francesca Albanese, relatrice ONU sui diritti umani nel territorio palestinese occupato, nel libro Quando il mondo dorme – e può continuare ad operare grazie all’alleanza della maggioranza degli Stati occidentali.
Giusto ricordare il diritto all’autodifesa sancito dall’art.51 della Carta ONU a proposito del 7 ottobre, senza però dimenticare la storia: l’Olocausto è stato un trauma che ha segnato profondamente l’identità israeliana; ma anche la Nakba (esodo forzato di 700mila palestinesi nel 1948)  è stato un trauma per i palestinesi che hanno dovuto abbandonare la terra che abitavano.

Luciana Scarcia
foto Alessandro Guarino
(9 giugno 2025)

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