Quest’anno si celebra il 79° anniversario della proclamazione della Repubblica. La ricorrenza rappresenta un’occasione per ricordare il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, il cui esito fu la nascita della Repubblica Italiana e l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente. I lavori dell’Assemblea condussero all’approvazione della Costituzione, che entrò in vigore il 1° gennaio 1948, da molti considerata “la più bella del mondo”.
Nel corso del primo incontro del corso “Riprogettare il mondo nell’epoca della crisi – il costituzionalismo multipolare dei diritti”, organizzato dal Centro Astalli, il professore di Diritto costituzionale Gaetano Azzariti ha detto: “la nostra Costituzione non è la più bella del mondo, è la più inapplicata”. Parole che spingono a riflettere e a esaminare i principi costituzionali sotto una diversa prospettiva: la sensazione che emerge è che vi sia un distacco tra l’ambizione delle norme e la vita quotidiana di milioni di persone. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini una volta ha affermato: “la Costituzione non va solo difesa, ma anche applicata”, sottolineando come i principi espressi al suo interno, per quanto siano nobili, non trovino ancora un pieno riscontro nella realtà.
Certamente la nostra carta costituzionale è bella per la sua chiarezza, dettata da scelte linguistiche ponderate, ma non brilla per la sua concretezza. Questo perché la Costituzione italiana è compromissoria, in quanto è il risultato di un dialogo tra le diverse forze politiche, miranti a trovare un accordo sui principi fondamentali. Conseguenza di questo “compromesso” sono le diverse interpretazioni di cui sono oggetto alcuni articoli, che ne rendono difficile o inefficace la loro piena applicazione. Inoltre, la nostra Costituzione è programmatica, in quanto non si limita a stabilire regole per l’organizzazione dello Stato, ma indica anche obiettivi e programmi che il governo deve perseguire per rendere effettivi i principi costituzionali. Ciò significa che non stabilisce norme precettive, ma fissa obiettivi di lungo termine, come la realizzazione di una società più giusta e solidale. Allora, dopo più di un settantennio, è lecito chiedersi: questi obiettivi sono stati raggiunti oppure i diritti fondamentali che hanno guidato la visione dei nostri padri costituenti fanno ancora parte di un futuro lontano?
I rapporti economici: gli articoli disattesi
Gli articoli che non trovano ancora piena applicazione riguardano principalmente il diritto del lavoro. Gli articoli “incriminati” sono i seguenti:
- L’articolo 35 , che apre il Titolo terzo relativo ai rapporti economici, recita “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”. Oggi stiamo vivendo un periodo in cui la limitazione dei diritti dei lavoratori e la mancanza di forme anche minime di tutela sono diventate la norma. Basti pensare al tema della sicurezza sul lavoro: nel 2024 si sono registrati 1090 infortuni mortali sul lavoro, con un aumento del 4,7% rispetto all’anno precedente; ciò significa che in media sono morte tre persone al giorno.
- L’articolo 36, che garantisce a ogni lavoratore il “diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, si scontra con il livello medio delle retribuzioni italiane che, secondo l’ultimo rapporto Istat basato sui dati relativi al 2022, è di 1.400 euro al mese, di poco superiore alla soglia di povertà relativa fissata a 1.210,89 euro. Nel 2024, è stata registrata un’incidenza di povertà assoluta del 9,7%, con oltre 2,8 milioni di famiglie che vivono in condizioni precarie, ben distanti da ciò che l’articolo indica come “un’esistenza libera e dignitosa”.
- L’articolo 37, per cui “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore” viene quotidianamente disatteso: per le donne la retribuzione oraria mediana è pari a 11,25 euro, ovvero 0,90 euro in meno degli uomini. La differenza rispetto agli uomini è salita al 14,9% ed è una disparità in continua crescita.
- Lo stesso articolo inoltre “stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato”, ma si stima che in Italia 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, quasi 1 minore su 15. La maggior parte dichiara di svolgere o aver svolto lavori particolarmente dannosi per il proprio benessere psicofisico, perché giudicati pericolosi, eseguiti spesso in orari notturni o in maniera continuativa durante il periodo scolastico. E’ quanto riporta l’ultimo rapporto di Save the Children, il quale mostra anche una relazione tra lavoro minorile e dispersione scolastica: un circolo vizioso di povertà ed esclusione.
- L’articolo 38 cita la condizione dei cittadini inabili al lavoro, decretando che abbiano “diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita”. Tuttavia, l’Inps ha riportato che l’importo medio della pensione di invalidità è di soli 333,33 euro, molto al di sotto della soglia di povertà.
Questi articoli fanno capo al principio fondamentale sancito dall’articolo 3, che recita: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Gli sviluppi politici degli ultimi anni dimostrano come vi sia ormai una crescente disuguaglianza e discriminazione, non solo formale ma anche sostanziale. Un esempio sono i migranti, che dal punto di vista lavorativo, sono particolarmente esposti al capolarato e soggetti a forme più o meno gravi di sfruttamento che ledono fortemente la loro dignità sociale. Nel corso del terzo incontro del corso organizzato dal Centro Astalli, il Presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick ha tenuto a specificare come “il migrante, oggi, viva una condizione di inferiorità e diversità; rischiamo di perdere di vista la distinzione tra migrante e detenuto, che finiscono per essere trattati entrambi allo stesso modo“.
La Costituzione e i referendum: prospettive future
La nostra Costituzione, come sopra evidenziato, presenta uno scarto tra la regola e la pratica, tra la cosiddetta Costituzione “formale” e quella “materiale”. Essendo un prodotto umano, la legge fondamentale del nostro Stato non è intoccabile, ma è perfettibile e modificabile col mutare del quadro sociale, politico ed economico. Per ristabilire alcuni diritti fondamentali, connessi in particolar modo al mondo del lavoro, è necessario maggiore impegno da parte dei cittadini che potranno decidere se essere promotori di un cambiamento partecipando attivamente ai referendum sul lavoro e sulla cittadinanza che si terranno l’8 e 9 giugno. I primi quattro quesiti intendono ridare dignità ai lavoratori, rafforzare le tutele e garantire maggiore sicurezza, così come disposto dall’articolo 35 ma non rispettato nei fatti. L’ultimo quesito propone di riportare da 10 a 5 anni il periodo di residenza minima dei lavoratori extracomunitari per richiedere la cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992; ciò rappresenterebbe una conquista decisiva per i cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, studiano e lavorano. Un esito positivo dei referendum costituirebbe un mezzo per rivendicare e attuare quei diritti che la Costituzione prevede, ma a cui il governo non provvede.
Se si ha a cuore la coesione sociale, occorre agire e ridurre concretamente, e non solo teoricamente, le disuguaglianze e le disparità riaffermando la centralità del lavoro con la tutela dei suoi diritti e della sua dignità. In conformità con lo spirito e con il dettato della nostra Costituzione, occorre promuovere la funzione della cittadinanza attiva: tutto dipende dalla partecipazione in prima linea dei cittadini perché i diritti vanno esercitati, altrimenti si perdono. Chi vota non solo rispetta e onora il lavoro dei padri costituenti, ma pone materialmente un mattone per costruire quella società più giusta e solidale che la nostra Costituzione prospetta.
Alessandro Masseroni
(30 maggio 2025)
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