Venerdì 9 novembre alle ore 17.30 presso la Libreria Koob, Via Paoletti 2, Roma, si terrà l’incontro con Laura Efrikian autrice di Come l’olmo e l’edera, promosso dall’Associazione della Comunità Armena di Roma e del Lazio. Si tratta di un racconto introspettivo alla scoperta delle sue radici, delle sue origini, sino al presente. Scritto vent’anni fa questo libro è uscito dal cassetto l’anno scorso e si compone anche di 66 lettere, frutto della corrispondenza tra i nonni della Efrikian, Laura Zasso e Akoop Efrikian “papà ci diceva sempre di non toccare quel baule nel sottoscala, ma a diciassette anni la curiosità è più forte di tutto. Così ho aperto quello scrigno ed ho letto di questa splendida storia d’amore, in cui la prima lettera iniziava con Reverendissimo padre perché il nonno era un prete armeno mechitarista, poi spogliatosi, mentre la nonna era una veneziana d’antica nobiltà, ormai decaduta, di origine sveva quand’ancora esisteva l’Impero austro-ungarico. “Erano due profughi che s’incontrarono a Venezia, a primavera, e s’innamorarono.”
Le tre storie d’amore sono il comune denominatore del libro, quella tra i suoi nonni, i suoi genitori, e quella sua con Gianni Morandi. Della storia tra i suoi genitori, Bruna ed Angelo, dice “ero letteralmente innamorata del rapporto tra mamma e papà per la sua profondità e sincerità”. Suo padre, musicista e direttore d’orchestra, riuscì a dedicarsi completamente alla musica grazie al sostegno di sua madre che si occupò di tutto il resto “come mia nonna prima di lei, coraggiosa perché aveva scelto di sposare un armeno, ed io stessa perché sposavo Gianni Morandi contro ogni regola, tutte le donne della mia famiglia, sono state animate da un grande amore e un grande coraggio in ciò che hanno fatto”.
La storia degli armeni in Italia affonda le sue radici nel medioevo. Particolarmente numerosa è la loro presenza nel Veneto, dove infatti si trova l’Isola di San Lazzaro degli Armeni, nella laguna veneziana. Alla fine dell’800 il nonno di Laura Efrikain approdò proprio su quell’isola, per sfuggire al massacro perpetrato, tra gli altri, da Ataturk. Su quest’isola Akoop divenne un miniatore ed uno scrittore, conosciuto al punto che, racconta l’attrice “una volta ero a Beirut per la presentazione di un film, ed un gruppo di armeni mi riconobbe in quanto nipote di Akoop Efrikain e mi chiesero di inaugurare un centro di cultura lì sul posto, una cosa curiosa e sorprendente”. Afferma che, sebbene il nonno fosse caratterialmente riservato “una cosa la disse chiara a mio padre, non voleva che i suoi figli imparassero la lingua armena, perché lui era dovuto scappare dalla sua terra”. L’auspicio dell’anziano era pertanto che i suoi figli e nipoti appartenessero completamente all’Italia, che lui aveva eletto a sua patria, senza mai doversi sentire scissi.
La sua storia d’amore con Gianni Morandi è stata sicuramente molto sotto i riflettori, “una storia da divi” la definisce l’attrice stessa. “Spesso ci si sposa sull’onda di entusiasmi giovanili, poi qualcosa si perde. Forse il mio amore era destinato a finire perché c’era stato troppo, di tutto”. La relazione tra l’attrice e il cantante era fatta anche di collaborazione, di scambi reciproci di competenze e che comportavano un arricchimento di conoscenze. Ma le prospettive di vita erano diverse al punto da essere divenute inconciliabili, lei viveva nel presente, lui era sempre proiettato verso il futuro.
La solitudine tuttavia è sempre appartenuta al carattere della Efrikian “mio padre da piccola mi ha insegnato ad imparare a stare da sola, a sapermi costruire dentro, per essere serena, sempre. Ed infatti, oggi che sono sola sto bene. Questo anche perché ho un bisogno incessante di pensare, e d’altronde sono convinta che, per fare le cose, prima sia necessario pensarle, ho fatto così durante tutta la mia vita”. Una volta finito il suo matrimonio l’attrice ha provato a rimettersi in gioco professionalmente, ma lo status di moglie di Morandi la seguiva ovunque. Così ha virato i suoi interessi in altri settori, spaziando dallo showroom di abiti femminili, sino all’arredamento, assecondando una passione giovanile. Laura Efrikian è riuscita ad allargare i suoi orizzonti sino a giungere in Africa, “qui ho trovato una natura stupefacente, e gli africani sono persone sorprendenti. Per quello che posso cerco di rendere meno terrificante la loro condizione di povertà.” Il suo aiuto è concreto nella zona vicino Malindi (Kenya) e cerca di tornarvi ogni volta che può, nella casa che ha scelto per sé.
La scrittura rimane il suo desiderio sopito, ma non dormiente “volevo che la storia della mia famiglia non andasse perduta. Penso sia uno spreco enorme smarrire la propria appartenenza, i nipoti dovrebbero farsi raccontare le vicende familiari dai nonni, altrimenti tutta questa conoscenza diventa un palloncino che vola via. Anche per evitare questo vorrei scrivere ancora.” E prosegue, “quando ho scritto il libro, ho raccontato molti episodi legati alla mia adolescenza” e spiega “ed una mia cugina mi ha inviato una lettera meravigliosa nella quale mi diceva che attraverso questi racconti aveva rivissuto dei ricordi”.
Il libro è una cavalcata attraverso i paesi e le generazioni, affinché tutto ciò che è stato e che appartiene alla sua storia familiare non sia dimenticato. Il titolo proviene proprio da un piccolo medaglione appartenuto all’amata nonna, con le foto della coppia svevo-armena. Su questo gioiello era incisa la frase “come l’olmo e l’edera” Che sia stato il nonno a dichiararsi olmo o la nonna ad eleggerlo a questo titolo arboreo, il senso profondo non cambia, l’edera cresce sull’olmo ed insieme ad esso, formando un tutt’uno, inscindibile e proteso verso l’alto.
Piera Francesca Mastantuono
(8 novembre 2012)