“Siamo indietro nel rendere le politiche sulle migrazioni strutturali, i governi che si sono alternati hanno pensato solo a cambiare le cose fatte nella legislatura precedente per aumentare il consenso”. Per l’Italia è il tempo delle scelte e Sonia Dosti, della Camera del Lavoro di Roma sud e mediatrice culturale albanese prende in prestito lo slogan della terza conferenza regionale sull’immigrazione “Diritti senza frontiere” organizzata il 16 dicembre dalla Cgil Roma e Lazio nella sala Soldini in piazza Vittorio Emanuele. Sono quasi 88500 gli stranieri iscritti alla maggiore confederazione sindacale italiana, con Romania, Marocco ed Albania a contare le più alte presenze, sopra quota 10 mila, anche se a livello percentuale sono rilevanti i dati relativi a Serbia e Montenegro, che vedono 6389 tesserati su un bacino di 11842 lavoratori (54%). A seguire Senegal (40,9%) e Nigeria (38,1%).
“L’Italia deve decidere: vuole internazionalizzarsi ma senza investimenti stranieri, è una contraddizione”, continua la Dosti. “E l’atteggiamento si riflette sulla cultura”. I flussi hanno aperto solamente a manodopera scarsamente qualificata, “il capitale umano è sottoutilizzato, si fa poco per aumentare la produttività”. Ed anche a livello europeo l’integrazione sta fallendo, “se gli ultimi due paesi entrati, Romania e Bulgaria, vengono visti come membri di secondo piano”. Dal punto di vista dei diritti “la cittadinanza solo sulla carta cambierebbe poco, tutti sono favorevoli perché sia concessa, giustamente, a chi nasce qui, ma quando si parla di voto amministrativo c’è ancora ritrosia”. Alcuni comuni e municipi, come il X di Roma, hanno sperimentato il rilascio di una carta di pre-cittadinanza, “può sembrare inutile, ma è un simbolo importante, uno stimolo a far sentire italiani”.
“La politica non riesce ad eliminare le diversità”, interviene Ahmed Daoudi, tunisino aderente al Flai – Federazione Lavoratori Agroindustria – Latina, “e anche nei rapporti con l’estero è assente. Le dichiarazioni che vengono fatte istigano continuamente all’odio”. L’Italia è per Daoudi ancora culturalmente incompiuta, “non si colmano le distanze nemmeno tra nord e sud”. E la Costituzione, definita quasi ad anticipare lo spettacolo di Benigni che sarebbe seguito di lì a 24 ore “la più bella del mondo”, non è realmente attuata, “anzi si cerca sempre di smantellarla”. La crisi sta mettendo poveri contro poveri, “abbiamo bisogno di rappresentanza, servizi, tutela e identità”, il tutto ostacolato “dalla legge Bossi-Fini”. Serve ridurre i tempi di permanenza nei Cie, “per non far perdere anni di giovinezza” e ricordare che “gli immigrati sono bambini, donne, lavoratori, studenti e tanto altro, non solo braccia ma anche una mente e un cuore. L’esclusione è la peggiore offesa per un essere umano”.

Il problema del welfare “Lo stato sociale si è impoverito”, riporta la relazione realizzata dal gruppo di lavoro “welfare e contrattazione sociale”. “Si sono ridotte le risorse per le aree di fragilità”. I migranti, spesso privi di una rete di protezione, sono esposti a “disagi, anche per il calo occupazionale e l’allargamento del lavoro in nero e sottopagato”. Sulla scuola la necessità è “effettuare interventi specifici per l’apprendimento della lingua, attraverso la mediazione”. Altri punti sono l’arginamento dell’abbandono e la formazione per l’inserimento e la qualificazione professionale. Per quanto riguarda gli alloggi, l’obiettivo è “facilitare l’accesso, con prestiti agevolati e senza discriminazioni”. Due le possibilità viste, “strutture collettive per chi non ha una casa o la garanzia dei comuni verso gli istituti di credito per la concessione di mutui, visto che le istituzioni possono ottenere di più per il nucleo familiare”. Quindi, sull’esigibilità dei diritti, “curare il rapporto dei migranti con la pubblica amministrazione, creando Urp appositi con maggiori capacità e competenze per richieste mirate”.
La scuola Nell’anno scolastico 2011-2012 sono stati 56.823 gli studenti non italiani nel Lazio, ma di questi solamente 13.857 alle superiori, “per non parlare delle università, dove più di tutte manca un passaggio di informazioni tra le comunità”, riporta il gruppo “giovani”. “Non c’è un programma di integrazione sociale che coinvolga dai bambini agli adulti”, in più subentra il problema del blocco sociale, “anche se i genitori puntano ad un futuro migliore per i figli, lo scoraggiamento fa preferire istituti professionali ai licei per un più diretto sbocco lavorativo”. La percentuale più alta delle colpe va “alle istituzioni. Chi fa parte di una collettività deve avere completi diritti e doveri, ma ci sono ancora troppi invisibili ed è vergognoso”. I ragazzi non devono solo “riempire un banco scolastico, ma essere parte integrante della società, la partecipazione è fondamentale”.
Le sfide sono la strategia organizzativa dei lavoratori e la costruzione di politiche adeguate, la risposta del gruppo di lavoro “organizzazione e rappresentanza” sta nella consapevolezza che l’emigrazione è un banco di prova in cui serve “maggiore cognizione”. Prima di tutto nell’assunzione “di un linguaggio non razzista, che riconosca la professionalità, come nel definire ‘lavoratori di cura’ colf e badanti”. Inoltre sarebbe un fondamentale passo avanti la trascrizione in lingua di contratti di lavoro, servizi, normative e vari materiali. Importante il tema del riconoscimento dei titoli di studio, “ci sono laureati che hanno dovuto seguire altri anni di corsi, la burocrazia è tanta e lunga”. Non meno grave la ricongiunzione dei contributi, “Filippine e Tunisia non hanno accordi con l’Italia e chi ha lavorato una vita non può riscattare nel proprio paese i soldi che gli spettano”. Azione ulteriore da dover mettere in pratica, l’implemento di sportelli “anche in senso politico, come punto di incontro e di dialogo dove possano essere fornite le necessarie risposte”.
Gabriele Santoro(17 dicembre 2012)