Quello che non sappiamo delle donne rom

Concetta Sarachella indossa l'abito esposto al Vittoriano per la chiusura del 150° anniversario dell'unità nazionale - Foto: Angela Zuppa
Concetta Sarachella indossa l’abito esposto al Vittoriano per la chiusura del 150° anniversario dell’unità nazionale – Foto: Angela Zuppa – clicca qui per il portfolio completo

“Tu sei zingara, puzzi, sei venuta qua per rubare”. Sono affermazioni nette e inappellabili quelle che si sentono ripetere quando si parla dei rom, spesso precedute dalla fatidica frase “Io non sono razzista, ma…”.

Bisognerebbe chiedersi però cosa si prova ad avere 13 anni, entrare per la prima volta in una scuola e sentirsi rivolgere certi insulti. La reazione di Rebeca Ciovacu è stata quella di impugnare penna e pennello: “Mi sono fatta conoscere attraverso la mia pittura e la poesia”. Oggi ha finito il liceo “Una fortuna che auguro a tutti” e i suoi lavori sono raccolti nel bel volume L’arcobaleno di Rebeca. Ne mostra uno alla platea che affolla la sala del CESV durante l’incontro Essere Romni: donne rom ora e qui. E intanto continua a parlare, le frasi dal lieve accento milanese si rincorrono, gli occhi sorridono, lei giovane rom di cose da dire ne ha tante: “Sono convinta che con la rabbia non si vada da nessuna parte, è con l’arte e con le parole buone che si può abbattere questo muro di pregiudizi”.

“Il mio curriculum veniva scartato a priori a causa del cognome”. La passione per il cucito Concetta Sarachella l’ha ereditata dalla mamma. Nel suo laboratorio a Isernia confeziona creazioni della tradizione rom che viaggiano in Italia e all’estero: un suo abito è stato esposto al Vittoriano per la chiusura del 150° anniversario dell’unità nazionale. È anche una mediatrice culturale Concetta: collabora con l’associazione Ticane Asiem, con il Museo del Viaggio di Fabrizio De Andrè – dove sono esposti manufatti della cultura rom – è presidente di Isernia in Rete – consorzio che punta a garantire il coordinamento tra diverse realtà associative. È impegnata in un centro ricreativo per bambini rom, promuove progetti di informazione all’interno delle scuole, partecipa a convegni e spot contro la discriminazione. “Le cronache quotidiane dipingono i rom come mostri, pochi parlano dell’arte, della musica, dell’impegno. Sarebbe necessario dialogare, ascoltare le nostre voci e le nostre richieste”.

Rebeca Ciovacu risponde alla discriminazione con la pittura e la poesia, un linguaggio che secondo lei può realmente abbattere i pregiudizi
Rebeca Ciovacu risponde alla discriminazione con la pittura e la poesia, un linguaggio che secondo lei può realmente abbattere i pregiudizi

“Fino a 15 anni come tutte le donne zingare sognavo il matrimonio. Mia madre la pensava come me, mio padre invece diceva: ‘no, tu devi cambiare vita, non sei solo una mamma, non esiste un’età giusta alla quale sposarsi, è una scelta’”. Sanela Mikić dell’associazione Romni Onlus di Roma stravolge gli stereotipi comuni, mostrando sfumature e cambiamenti in atto. “A 17 anni ho ottenuto una borsa lavoro e ho cambiato prospettiva. Uscivo con le colleghe italiane che mi chiedevano: ‘Perché vuoi sposarti così presto? C’è tempo, sei giovane’. Io rispondevo ‘No, poi mi dicono che sono vecchia e zitella’”. E in effetti è andata proprio così: “Mi sono sposata tardi… A 19 anni!” esclama suscitando una risata generale.

Sanela sposa un ragazzo italiano e hanno una bambina, ma accade tutto troppo in fretta: “Lui era peggio di uno zingaro, insisteva che indossassi gonne lunghe perché era geloso. Io, cresciuta nel caos di un campo, all’improvviso mi sono ritrovata chiusa in un appartamento a lavare e stirare. Mi sentivo oppressa”. Così decide di tornare a casa: “Mia madre era disperata, ‘è una vergogna’ diceva, mio padre invece era contento perché avrebbe potuto crescere la bambina”.

“Non sono pentita di quello che ho fatto, mia figlia è il mio orgoglio e da 3 anni lavoro in un albergo. Il direttore sa che vivo in un campo eppure si è fidato di me dal primo giorno e mi ha affidato le chiavi di sicurezza di tutto l’hotel”. Nel tempo libero presta la propria opera come mediatrice culturale in un ambulatorio: “Voglio essere d’esempio per tutte le ragazze rom, dimostrare loro che possono fare quello che vogliono. Il pregiudizio va combattuto anche da parte nostra. Mi capita quando sono con una donna rom sentirla lamentarsi ‘quello mi guarda perché sono rom’. Ma magari invece ti sta guardando perché sei bella!”.

“Ho chiesto a delle donne rom: ‘Come fate a sapere cos’è l’amore se vi siete sposate a 15 anni?’. La loro risposta è stata: ‘Sei come i gagè, hai avuto un figlio a 33 anni. Tu cosa sai dell’amore?’”. Da questo confronto Luci Žuvela dell’associazione LIPA ha tratto una lezione importante: “Una donna rom che decide di emanciparsi è destinata a rimanere single. Io non posso dirle ‘non sposarti’, devo mostrarle altre opportunità. Ma se una ragazza cresciuta in un campo decide di prendere un diploma e poi non trova nulla sarà condannata all’infelicità”.

Sandra Fratticci (26 marzo 2014)

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