Volontariato senza frontiere: chi sono i volontari di domani

Mama Africa“Mi piacerebbe vivere come un ragazzo italiano, non come un animale. Vorrei trovare un lavoro, conoscere gente e aiutare le persone bisognose”, questo è il desiderio di un ragazzo di 18 anni del Bangladesh alla festa di chiusura del corso per i volontari organizzato dall’associazione Mama Africa. Fin da bambino sognava di fuggire in Italia per avere una vita migliore, un viaggio rischioso con un tragitto in macchina, a piedi e con il barcone attraversando l’India, Pakistan, Afghanistan, Iran, Turchia, Grecia, Italia. I genitori hanno venduto la terra, ma i soldi non bastavano,  così si sono indebitati per pagare i 5mila euro patuiti, ma una volta arrivati in Iran, la guida ha chiesto il doppio, altrimenti sarebbero morti. “Sono il figlio maggiore e devo pensare a mantenere la famiglia, mio padre si è ammalato e mia sorella minore sta studiando. Sono qui da due anni e non ho trovato lavoro, i miei familiari aspettano i soldi, ma io non riesco nemmeno a pagare l’affitto e il cibo, e c’è anche il prestito per il viaggio”. Il giovane è volenteroso, fa la terza media e parla già bene l’italiano, lo ha imparato nel centro di accoglienza, dove si rendeva  disponibile come volontario.

Mama Africa“Lanciamo una specie di task force di volontari per l’intercultura, cerchiamo di annullare le differenze tra noi. Oggi c’è il saluto dei ragazzi, speriamo che rimangano in contatto e si avvicinino al volontariato”, spiega Anna Maria D’Ottavi, presidente dell’associazione Mama Africa, in occasione della chiusura del corso per educatori fra pari in ambito interculturale nell’ambito del progetto “Volontariato, culture giovanili e dialogo interculturale”. Sono 30 i futuri volontari, tra stranieri e italiani che hanno seguito le lezioni tra il serio e il divertente. „Dopo la giornata della raccolta alimentare e l’esperienza di due giorni al CESV, i ragazzi si stanno avviando in varie associazioni che possano aver bisogno di loro”. Al Grande cocomero di via dei Marsi 77, che ha un’attività di integrazione fra i ragazzi che hanno qualche disabilità e quelli nella normalità, l’atmosfera è cordiale: hanno stretto amicizia e sono molto solidali, a prescindere da provenienza, età e condizione sociale.

Mama Africa„Ho capito che voglio fare il volontariato, è importante sapere come aiutare gli altri. Sono arrivato in Italia minorenne, dopo lo sbarco in Sicilia, 9 mesi fa, mi sono trasferito in un centro accoglienza di Roma, dove ho studiato l’italiano superando gli esami per i livelli A1 e A2. A detta degli insegnanti sono sveglio, così mi hanno suggerito di fare la terza media, poi ho seguito un corso di aiuto barista-cameriere”, a parlare è un campione senegalese di Babi (Calcio Balilla) che ha lanciato la sfida per il gioco ai presenti. Anche lui cerca lavoro per saldare i debiti che ha contratto per pagare il viaggio in Italia. Nello stesso pomeriggio, dopo la esposizione della “bandiera” del volontariato, è stato lanciato il torneo di giochi da tavolo con i ragazzi del giovedì della zucca.

“Sono partita un po’ prevenuta per il corso di volontariato, poi invece mi sono trovata benissimo. Con i ragazzi all’inizio c’era un certo distacco che poi si è trasformato in amicizia, ci vogliamo bene”, racconta l’autrice della mostra fotografica, venuta dalla Moldavia otto anni fa con i genitori. “Fotografo tutto ciò che mi circonda nel paese dei nonni: i gatti, i piccoli oggetti che qui non si trovano, un angolo della casa che mi ricorda la mia infanzia. Sono andata a trovarli a Pasqua e mi ha preso una forte nostalgia per il mio paese, questo mi porta a far conoscere le mie origini al mondo intero”.

Mama Africa“Con i laboratori di musica, teatro, creta, pittura o informatica cerchiamo di riabituare i ragazzi con grossi problemi, nella creazione di una relazione con l’altro”, a parlare è Maria Paola Fornari, caposala del day hospital degli adolescenti che hanno problematiche psicologiche e psichiatriche. Ultimamente nel day hospital di via dei Sabelli gli stranieri sono sempre più numerosi, provengono dalla Romania, dal Medio Oriente, dal Bangladesh, dall’India, ma ci sono anche ragazzi adottati dalla Russia, Bielorussia e Lituania. Qualunque sia la provenienza, tutti sono inibiti, soffrono di isolamento sociale: ci sono ragazzi che non vanno più a scuola, con disturbi compulsivi, depressione, casi di tentato suicidio, autolesionismo, bulimia, anoressia, disturbi del comportamento. “Reagire ai propri problemi impegnandosi, ad esempio, nella messa in scena di uno spettacolo può aiutare superare l’isolamento. Quando ho saputo che dovevo esibirmi davanti al pubblico, mi sono spaventato. Adesso mi sento ancora in imbarazzo, ma gli applausi mi fanno piacere, questo significa che io valgo”, conclude un giovane rumeno che canta nella band.

Raisa Ambros

(30 aprile 2014)