Siria: attualità e prospettive di un paese in guerra

foto 2In questi giorni, l’attenzione mediatica si è concentrata sopratutto sulle vicende della striscia di Gaza, raccontando i bombardamenti che stanno uccidendo centinaia di Palestinesi. Tuttavia, fuori dal cono di luce generato dalle televisioni continua a svolgersi un’altra guerra: quella della rivoluzione in Siria. A tre anni dallo scoppio del conflitto il paese vive di rappresaglie tra i membri della Coalizione nazionale siriana e l’esercito fedele al regime di Bashar Al-Assad. Nei mesi passati alcuni membri delle Nazioni Unite hanno cercato di creare un dialogo tra le due parti, ma l’incontro dello scorso gennaio a Ginevra non ha portato a nessun risultato. Ad alimentare ancora di più lo scontento tra le fila dei rivoluzionari c’è stata la conferma dello stesso Assad nel ruolo di Presidente della Siria lo scorso giugno con oltre l’88% delle preferenze. Un’elezione che ha suscitato scandalo anche a livello internazionale dato che sono stati esclusivamente contati i voti delle città controllate dal governo. L’attuale situazione della Siria e le sue prospettive, sono state trattate durante un convegno svoltosi a Roma il 14 luglio nella sala della protomoteca in Campidoglio.freesyria-300x225

Quando due anni fa abbiamo organizzato il primo convegno sulla situazione siriana speravamo che il conflitto si sarebbe risolto in poco tempo. Nonostante da allora la situazione sia peggiorata, noi restiamo fiduciosi perchè crediamo in una Siria libera, laica e multietnica”. A parlare è Giuseppe Benagiano presidente dell’associazione Siria Libera e Democratica che ha voluto ricordare anche i numeri del conflitto: oltre 140.000 morti e 7000 sfollati ogni giorno che fuggono dal paese cercando rifugio in Giordania o in Libano. “Dall’inizio del conflitto – ha proseguito Benagiano – circa un terzo della popolazione è emigrato creando gravi danni all’economia del paese. La FAO ha cercato di rispondere all’emergenza attraverso lo stanziamento di oltre 4 miliardi di dollari, ma la triade cibo, medicine, coperte non è sufficiente”. Una situazione sempre più difficile anche a causa dell’evoluzione della rivoluzione, nata pacificamente nel contesto delle primavere arabe, per eliminare la struttura istituzionale monopartitica di Ba’ath(unico schieramento presente durante le elezioni), e che oggi al di là dello scontro armato, vede una forte radicalizzazione religiosa del conflitto, a causa dell’ingresso tra le fila dei rivoluzionari di componenti di stampo salafita, gruppi di fondamentalisti sunniti che combattono per la Sharia e non per la democrazia.

Tra i membri della Coalizione Nazionale Siriana tuttavia, c’è ancora chi crede negli ideali che hanno portato allo scoppio della rivoluzione, tra questi Khaled Al-Nasser, e vede nell’intromissione salafita un evento non centrale, ma marginale: “Da tre anni, malgrado i subdoli tentativi del regime di deformarne l’immagine, combattiamo una battaglia per la nostra terra. Nonostante l’ignoranza internazionale, dettata dalla paura per il terrorismo, noi esistiamo e resistiamo, per la libertà da un regime con cui il dialogo è stato inutile. Per sei mesi – contiuna Al-Nasser – abbiamo protestato pacificamente per dire no alla violenza, all’ingerenza straniera e per dire sì alla democrazia, ma dopo assassinii e stupri abbiamo dovuto imbracciare anche noi le armi. Assad pensa di soffocarci con la morte ma non fa altro che alimentare la nostra forza. Chi dice che l’alternativa al regime è il terrorismo e il caos aggrava la situazione. La verità è che l’unica alternativa è la democrazia, e questa si attuerà solo con la vittoria della rivoluzione”.

la-rivoluzione-siriana-tra-fantasia-mitologia-L-2lEvgVLa realtà del conflitto nonostante le parole di Al-Nasser, racconta che il regime ha riconquistato gran parte delle città prese dai rivoluzionari e che, rispetto ad un anno fa, la situazione è molto più favorevole ad Assad che non alla Coalizione Nazionale. Quello che rimane evidente, è l’emergenza umanitaria di un paese allo stremo, che fatica anche a ricevere aiuti umanitari a causa dei veti di Cina e Russia, schieratesi a favore del regime. Oltre al dramma umano c’è anche quello per il patrimonio culturale della Siria. L’UNESCO ha infatti stimato danni per oltre 200 miliardi di dollari sopratutto nelle città più colpite come Homs e Aleppo. In chiusura dell’incontro, dopo un pensiero per Padre Dall’Oglio, Feisal Mohamad, portavoce dell’associazione Siria Libera e Democratica, ha voluto lanciare un monito:”Due anni fa, al primo convegno abbiamo parlato del rischio di sbarchi in Italia a causa della guerra, e avevamo ragione. Oggi il rischio è che nasca una nuova generazione di siriani, capaci di rispondere esclusivamente con la violenza e non con il dialogo. Per questo le forze internazionali dovrebbero intervenire con maggiore convinzione e appoggiare la rivoluzione. Io ricordo bene le vicende del Ruanda, un paese distrutto da un conflitto e dall’assenza di intervento delle nazioni forti. Mi auguro solo che, come successo a loro, tra dieci anni non si guardi a questa guerra e si dica “ci dispiace di non aver fatto nulla”.

Adriano Di Blasi

(17 luglio 2014)

Leggi anche:

I rifugiati e la tortura: due campagne accendono i riflettori

Siria: la primavera araba di Shadi, a suon di computer e connessione

Siria: i bambini rispondono con la guerra