Conflitto israelo palestinese: una pace impossibile?

all'ambasciata palestinese di Roma una tavola rotonda per illustrare il punto di vista dei cristiani sul conflitto israelo palestinese
All’ambasciata palestinese di Roma una tavola rotonda per illustrare il punto di vista dei cristiani sul conflitto israelo palestinese

Dalla sala gremita si alza un brusio di disapprovazione quando padre Raed Abusahalia, direttore generale della Caritas di Gerusalemme, annuncia che attraverso l’iniziativa Football non bombs saranno donati 10.000 palloni – tanti quanti i missili lanciati nell’ultima guerra a Gaza – sia ai bambini palestinesi, sia a quelli israeliani.  “Anche quei bambini hanno sofferto e anche loro hanno bisogno della pace” fa notare padre Rahed.

Il religioso presenta le attività della Caritas nella Striscia di Gaza durante l’incontro tenutosi all’ambasciata palestinese di Roma giovedì 18 settembre per raccontare il punto di vista dei cristiani sul conflitto israelo palestinese. Porta una ventata di ottimismo quando racconta quello che si è riusciti a fare durante l’ultima crisi: i soldi che non c’erano e si sono trovati, l’enorme solidarietà internazionale, le offerte di aiuto anche da parte di associazioni israeliane. Ma diffonde anche cifre preoccupanti: “A Gaza ci sono almeno 250.000 profughi, la ricostruzione richiederà cinque anni, per arrivare alla pace serviranno forse due o tre generazioni”.

La soluzione di creare due stati per due popoli dal suo punto di vista è illusoria: “Nei territori occupati ci sono 650.000 coloni ideologicamente orientati: come convincerli ad andare via? Quando Israele finirà di costruire il muro – che non ha lo scopo di proteggere ma di separare – ci restituirà la metà delle nostre terre ma senza continuità geografica: mangeranno il formaggio e ci lasceranno i buchi”. “Io, come tanti palestinesi, preferisco una soluzione alternativa: uno stato unico, laico, democratico, su tutta la terra santa, dove tutti possano vivere nell’uguaglianza. Il problema è che neanche i più pacifisti tra i nostri amici israeliani accetteranno mai questa soluzione”.

“La resistenza è nata con l’obiettivo di creare lo stato unico” precisa Mai al Kaila, ambasciatrice palestinese in Italia “Ma i cambiamenti politici hanno indotto la leadership palestinese, con l’intervento delle forze arabe, ad accettare la prospettiva di due stati per due popoli, che ci ha portato alla situazione attuale. Non abbiamo escluso alcuna soluzione”.

“Stiamo chiedendo il 22% della Palestina, è ridicolo perché la Palestina è nostra!” è l’affermazione veemente di monsignor Hilarion Capucci, vescovo di Gerusalemme in esilio, che riscuote gli applausi del pubblico. “Abbiamo il diritto di qualsiasi popolo su questa terra all’autodeterminazione e alla patria. Mai, mai, mai alla resa, mai alla capitolazione. Mai!”.

Sabato 27 settembre alle ore 14.30 partirà da piazza della Repubblica a Roma una manifestazione nazionale in sostegno al popolo palestinese. L’auspicio è che prevalga il messaggio lanciato da padre Rahed: “La pace prima o poi arriverà perché ciò che è basato su una grande ingiustizia prima o poi crollerà. Se questo giorno comunque verrà perché non farlo oggi?”.

Sandra Fratticci (22 settembre 2014)

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