Il consolato del Perù risponde alle critiche dei cittadini

Alcuni membri del consolato cantano l'inno del Perù durante il Festival de fiestas patrias. In maglia viola la console generale del Perù a Roma Carmen Silva Cáceres
Alcuni membri del consolato cantano l’inno del Perù durante il Festival de fiestas patrias. In maglia viola la console generale del Perù a Roma Carmen Silva Cáceres

“Il consolato del Perù? Chiede solo soldi, ma non fa nulla per noi”. “I tempi di attesa sono lunghissimi e non si tiene conto del fatto che le persone lavorano”. Da Villa Pamphili a piazza Mancini, luoghi di ritrovo della comunità peruviana nella capitale, fioccano le critiche nei confronti del consolato generale del Perù a Roma.

“I tempi di attesa si sono notevolmente ridotti” replica Carmen Silva Cáceres, console generale del Perù a Roma: “Per un passaporto siamo passati da un mese a 10 giorni”. E per quanto riguarda le tariffe: “Sono stabilite dal ministero degli esteri in modo identico per tutti i consolati e – evidenzia – sarebbero sufficienti a coprire soltanto il 25% delle spese che sosteniamo per garantire servizi ai cittadini”.

Quali servizi? “Offriamo consulenza gratuita su tutte le questioni legate a immigrazione, lavoro, impresa, famiglia: dal permesso di soggiorno alla redazione del curriculum, dalla custodia dei figli all’avvio di un’azienda al riconoscimento dei titoli di studio. Diffondiamo informazioni utili attraverso il sito internet, una rivista dedicata e la pagina facebook. Per essere più vicini alla comunità organizziamo dei consolati itineranti e promuoviamo eventi come il Festival de fiestas patrias. La console aggiunta incontra i detenuti nelle prigioni per dare loro supporto e assistenza e in alcuni casi visitiamo le vittime di incidenti e i malati che non hanno la famiglia qui”.

Rispetto al problema della mancanza di spazi dedicati all’incontro la posizione del consolato è chiara: “Non è una questione di cui possiamo occuparci. Le cinque regioni di cui è composta la nostra giurisdizione (Abruzzo, Lazio, Marche, Molise, Sardegna ndr) contano 35.000 cittadini, noi qui siamo in 12, quindi dobbiamo canalizzare la nostra attenzione sulle questioni più urgenti, come il cittadino del Perù che muore in un incidente o le donne vittime di violenza. In questi casi facciamo tutto quello che è in nostro potere per aiutare i connazionali, come è accaduto di recente per tre casi di bambini che rischiavano di essere dati in adozione e che, lavorando con le autorità italiane, siamo riusciti a riportare alle famiglie di origine”.

Cáceres non nega che ci siamo difficoltà di relazione con i cittadini: “Solo la metà è iscritta al consolato. I peruviani irregolari temono che rivolgendosi a noi saranno denunciati, ma desidero rassicurarli sul fatto che non diffondiamo mai i dati degli iscritti e li invito quindi a venire senza paura così che possiamo prendere coscienza dei loro problemi e aiutarli”.

“Sono arrivato qui nel 1999, ho iniziato a lavorare come badante e nel 2002 ero a un passo dalla regolarizzazione quando il mio datore è morto”. La storia di Jorge è emblematica delle difficoltà che incontra un immigrato peruviano in Italia. “Ho trovato un altro impiego, ma ero in nero e non potevo rinnovare il permesso di soggiorno”. Fermato dai carabinieri viene condotto in commissariato e da lì al CIE. “Ho fatto richiesta di asilo ma mi è stato negato, così mi hanno portato al consolato per avere il nulla osta all’espulsione. C’erano allo sportello persone che mi conoscevano, sapevano che non ero un delinquente, ma non è servito a nulla, il consolato ha dato immediatamente il lasciapassare e sono stato rimpatriato”. Rientrato con un passaporto falso, pagato 5000 euro, è riuscito nel 2009 a ottenere la regolarizzazione: “Ora lavoro con una persona fantastica che mi ha aiutato a sbloccare la situazione. Perché per il consolato noi siamo tutti ladri e non meritiamo aiuto”.

“È un caso che risale a prima del mio mandato” si difende la console “In ogni caso se le autorità italiane chiedono al consolato di emettere un lasciapassare per l’espulsione noi non possiamo opporci”.

Sandra Fratticci (4 settembre 2014)

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